Fondi Ue per la coesione? Un bancomat per le emergenze di von der Leyen

Come la Commissione Ue rivoluzionerà le politiche di coesione. Estratto dal Mattinale Europeo.

Apr 5, 2025 - 09:41
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Fondi Ue per la coesione? Un bancomat per le emergenze di von der Leyen

Come la Commissione Ue rivoluzionerà le politiche di coesione. Estratto dal Mattinale Europeo

La Commissione europea ha presentato una proposta per mettere la politica della coesione e una parte dei suoi 392 miliardi di euro al servizio delle nuove priorità di Ursula von der Leyen. “Gli attuali programmi della politica di coesione sono stati discussi tra il 2019 e il 2021 e firmati nel 2022”, ha detto il vicepresidente Raffaele Fitto. “Da allora, il mondo è cambiato in modo significativo. Gli Stati membri, le regioni e i territori ora affrontano sfide nuove e più intense”. La Commissione propone di modificare le regole per incentivare i governi a spendere di più per la difesa, gli alloggi, la competitività, la resilienza idrica e la transizione energetica. Sulla carta l’idea può apparire brillante. Ma la stessa Commissione ammette di non sapere quanti soldi verranno dirottati sulle nuove priorità. Usata da von der Leyen come un bancomat per le emergenze del momento, la politica di coesione perde il suo senso originario e rischia di diventare ancora più frammentata e meno efficace.

“La politica della coesione è al cuore della politica europea”, ha ricordato Fitto. Rappresenta un terzo del bilancio dell’Ue. La sua missione fondamentale è di ridurre le disparità tra regioni europee e promuovere uno sviluppo equilibrato”, ha ricordato il vicepresidente della Commissione. Nel collegio di von der Leyen in pochi hanno la sua esperienza nel settore. E’ stato presidente di una regione in Italia, la Puglia, che ha beneficiato ampiamente dei fondi dell’Ue della coesione. E’ stato ministro del governo di Giorgia Meloni, responsabile per la coesione. La prudenza che Fitto ha mostrato in conferenza stampa, il suo scarso entusiasmo per il dirottamento delle risorse verso la difesa, la sua insistenza sul fatto che la Commissione si limita a offrire un’opportunità ai governi di cambiare destinazione d’uso dei soldi “su base volontaria”, dimostrano quanto è politicamente sensibile il tema. La politica di coesione dell’Ue è anche uno straordinario strumento di influenza politica su alcune regioni degli Stati membri da parte dei governi centrali. Una mossa sbagliata e gli eletti locali potrebbero rivoltarsi contro la loro capitale nazionale e contro Bruxelles.

Non c’è stata nessuna rivolta contro la proposta di Fitto. Il Comitato delle regioni e i sindaci europei hanno applaudito all’approccio scelto dalla Commissione. Fitto “ha ascoltato i leader locali e regionali”, ha detto la presidente del Comitato delle regioni Kata Tutto. Gli stati membri sono invitati a modificare i loro programmi per la coesione per indirizzare una parte delle risorse loro allocate verso la competitività, la difesa, gli alloggi, la resilienza idrica e la transizione energetica. Le cinque priorità ricalcano le priorità fissate da Ursula von der Leyen nelle sue linee programmatiche per il secondo mandato. La possibilità di finanziare l’industria della difesa con i fondi della coesione è stata inclusa nel piano di riarmo di von der Leyen. Non si potranno comprare armi, ma l’Ue potrà finanziare le società che producono missili, munizioni o carri-armati.

Nell’attuale periodo di programmazione 2021-27, solo il 9 per cento della coesione è stato speso. Il 40 per cento è già stato impegnato in progetti. I governi e la Commissione hanno dato priorità alla spesa dei Piani nazionali di ripresa e resilienza dello strumento di debito comune NextGenerationEU le cui risorse devono essere spese entro agosto 2026. Per incoraggiare le autorità regionali e nazionali a dirottare le risorse della coesione verso le cinque priorità, la Commissione fornirà una serie di incentivi. La quota di prefinanziamento dei progetti legati alle cinque priorità sarà portata al 30 per cento con un tasso di finanziamento dell’Ue fino al 100 per cento (attualmente va dal 50 al 85 per cento a seconda di quanto una regione è ricca o povera, il resto lo deve mettere un governo nazionale). Nel 2016 ci sarà un prefinanziamento una tantum del 4,5 per cento (contro lo 0,5 per cento attuale) se gli stati membri destineranno almeno il 15 per cento dei fondi della coesione alle cinque nuove priorità. Nei paesi al confine con Russia e Bielorussia il prefinanziamento una tantum salirà al 9,5 per cento. Per le cinque priorità le risorse dell’Ue potranno essere spese fino al 2030, un anno in più rispetto a quanto attualmente previsto.

La Commissione ha messo a bilancio 16 miliardi di euro nel 2016 da versare agli Stati membri come prefinanziamento per i programmi che saranno riorientati verso le cinque priorità. Quanti Stati membri coglieranno questa opportunità? La proposta è una “iniezione significativa di liquidità nel sistema”, ma “non lo sappiamo”, ci ha confessato un funzionario della Commissione. I paesi del Nord e dell’Est sono più interessati alla possibilità di usare la coesione per la difesa. Quelli del Sud, invece, potrebbero sfruttarla per la politica degli alloggi. Alcuni Stati membri saranno reticenti perché hanno già impegnato in singoli progetti il 90 per cento del loro programma nazionale di coesione. Altri sono scoraggiatia dalle condizionalità ambientali che sono state in gran parte confermate dalla Commissione: almeno il 30 per cento delle risorse dovrà andare alle politiche climatiche. “Gli obiettivi che gli Stati membri devono rispettare in termini di azioni climatiche non cambiano”, ci ha confermato il funzionario della Commissione.

Quando in passato la Commissione von der Leyen ha concesso flessibilità nell’uso dei fondi della coesione i risultati non sono stati brillanti. I governi nazionali sono reticenti a spostare risorse dalle regioni meno sviluppate, ancor più se la loro base elettorale si trova lì. Con la Piattaforma europea per le tecnologie strategiche (STEP) sono stati dirottati 6,5 miliardi di euro dalla politica di coesione. Nel caso della Legge a sostegno della produzione di munizioni (ASAP) nessun governo ha colto l’offerta della Commissione di dirottare i fondi della coesione. Altri due esempi evidenziano l’inefficacia della politica di coesione quando viene usata come bancomat per le emergenze. Pochi Stati membri hanno usato la possibilità di dirottare le sue risorse per RePowerEU, lo strumento per abbassare le bollette e ridurre la dipendenza dalla Russia lanciato durante la crisi energetica del 2022. Quasi nessuno ha scelto di dirottare la coesione per ricostruire i territori dopo una catastrofe naturale.

Ursula von der Leyen ha usato spesso la politica della coesione per annunciare cifre da capogiro messe a disposizione dei governi in situazioni di emergenza. Il 7 dicembre 2022, in un discorso all’Università Bocconi di Milano, ha annunciato 9 miliardi di euro di investimenti nell’energia pulita per l’Italia, di cui più della metà doveva essere fornito dalla riprogrammazione della coesione. Il governo italiano ha preferito declinare per non mettersi contro le regioni. Il 25 settembre 2024, a Wroclaw in Polonia, von der Leyen ha promesso 10 miliardi di euro dai fondi della coesione per i paesi dell’Europa centrale e orientale colpiti dalle alluvioni. “Possiamo farlo al 100 per cento con fondi dell’Ue”, aveva detto la presidente della Commissione, cancellando la quota di cofinanziamento nazionale. “Questi sono momenti straordinari e richiedono misure straordinarie”. Su 10 miliardi offerti, gli Stati membri hanno scelto di dirottare solo 1-1,5 miliardi per ricostruire le zone colpite dalle catastrofi naturali.

Con la proposta “la Commissione sta consentendo agli Stati membri di spostare i fondi di coesione inutilizzati” le nuove priorità, ha spiegato sulla piattaforma Bluesky Thomas Schwab, economista della Bertelsmann Stiftung. “Da un lato è una mossa pragmatica. Dall’altro crea un panorama complesso con ancora più priorità, ma senza un obiettivo chiaro”. Dato che il bilancio dell’Ue non aumenta, ci sono due conseguenze: “le priorità esistenti vengono tagliate” e “i finanziamenti sono troppo diluiti per fare una vera differenza”, ha aggiunto Schwab. Secondo l’economista occorre essere onesti: “i fondi di coesione, pari solo allo 0,3% del Pil dell’Ue, non possono supportare in modo significativo i nuovi obiettivi”. Il bancomat della coesione può essere utile per annunci politici brillanti. Ma serve a poco se il conto in banca è vuoto.