Ecco il vero piano di Trump con Putin
Funzionerà la strategia della Casa Bianca per far allontanare Putin dalla Cina? L'intervento di Francesco D'Arrigo

Funzionerà la strategia della Casa Bianca per far allontanare Putin dalla Cina? L’intervento di Francesco D’Arrigo
La politica estera del presidente Trump sta mettendo a rischio il sistema occidentale di alleanze e difesa collettiva, e le organizzazioni di cooperazione internazionale in materia di sicurezza, economia ambiente e sanità.
Il neo rieletto presidente degli Stati Uniti ha impresso uno sconvolgimento strategico alla politica degli Stati Uniti, sia dal punto di vista interno che internazionale, coincidente con la visione geopolitica del suo amico presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin. Il fatto che stia tentando di mascherare quello che è un vero e proprio tradimento dell’Occidente come un improbabile tentativo di dissociare Mosca da Pechino, dimostra l’assoluta sottovalutazione della situazione, o ancora peggio, la volontà esplicita di sottomettere l’Ucraina e con essa l’Europa, alla visione del presidente Putin. Il tentativo di separare la Russia dalla Cina si basa su un ipotetico capovolgimento delle dottrine di Nixon e Kissinger, che avevano sfruttato le divisioni sino-sovietiche per avvicinare Washington a Pechino. Scommettendo su un riavvicinamento con l’attuale Federazione Russa, da 25 anni sotto il dominio assoluto del regime del presidente Putin, la Casa Bianca spera di indebolire l’asse sino-russo attraverso una politica “Nixon allo specchio” costringendo alla resa l’Ucraina, terremotando la coesione occidentale, destrutturando la Nato e sconvolgendo la finanza mondiale. Scelte che non solo rappresentano un grave degrado della leadership politica degli Stati Uniti e del partito Repubblicano, ma soprattutto un potenziale sprone per l’ideologia di sopraffazione dell’ex colonnello del KGB, che dopo aver soffocato ogni forma di libertà al popolo russo, ha fatto ripiombare l’Europa nel buio della guerra.
A differenza del contesto degli anni ’70, quando la visione strategica ed il divario ideologico ed economico tra Mao e Breznev era enorme, la Russia e la Cina oggi hanno tessuto una relazione multidimensionale basata su interessi complementari. Le sanzioni imposte a Mosca a seguito dell’invasione dell’Ucraina hanno accelerato questa convergenza, trasformando la Cina nel principale partner strategico, economico e tecnologico della Russia. Al contrario della manovra di Nixon, che si insinuò in una frattura preesistente, Washington sta tentando di celare le proprie ambizioni imperialiste mimetizzandole con l’obiettivo di rompere l’alleanza tra Vladimir Putin e Xi Jinping, nel frattempo consolidatasi negli anni dalla diffidenza nei confronti dell’Occidente e, dal 2022, dalla guerra in Ucraina e dalle ambizioni russe di espandere la propria influenza maligna nei Paesi baltici, nell’Artico ed in Europa.
I costi di questa nuova divisione del mondo per aree di influenza strategica sono inimmaginabili, e certamente gli analisti non si aspettavano l’abbandono dell’Ucraina ed il disprezzo degli Stati Uniti contro l’Ue ed i propri alleati. Un disprezzo condiviso con Mosca, che sta alimentando l’ansia degli europei, che vedono le azioni del presidente Trump come un disimpegno strategico degli Stati Uniti da tutti i propri alleati e dagli accordi internazionali che fino ad un mese fa hanno regolamentato il commercio, il lavoro e l’ambiente. I dirompenti messaggi inviati dall’Amministrazione Trump – le minacce al presidente Zelensky, i ricatti per ottenere le terre rare ucraine, l’interruzione degli aiuti militari e dell’intelligence a Kiev, le minacce di Musk di interrompere l’accesso a StarLink all’esercito ucraino, i discorsi sull’obsolescenza della Nato, i dazi contro tutti i propri alleati e partner – stanno minando la credibilità degli Stati Uniti a livello globale senza nemmeno scalfire l’Alleanza strategica e l’amicizia senza limiti nella cooperazione tra Cina e Russia, uniti dalla volontà di riformulare i termini della governance globale.
La strategia della Casa Bianca, secondo la quale il presidente Putin, in cambio delle concessioni trumpiane, possa allontanarsi dall’abbraccio cinese è una scommessa persa in partenza. Mosca, consapevole della natura “ciclica” dei cambiamenti nella politica americana, non correrà il rischio di rompere con un alleato strategico da cui dipende così tanto dal punto di vista economico, tecnologico e militare. D’altra parte, Pechino e Mosca condividono una lettura comune dei rapporti di potenza, di cui la sfida all’ordine liberale occidentale è l’elemento fondante.
Al contrario, questa involuzione autoritaria della nazione che è stata il faro delle democrazie liberali, sta certamente stimolando le potenze a realizzare le proprie ambizioni non solo in quelle che ritengono le proprie aree di influenza (Canale di Panama, Groenlandia, Paesi Baltici ed ex sovietici, Taiwan), ma anche nei Global Commons come l’Artico e lo Spazio.
Il “cigno nero”
Lungi dall’essere una dottrina di politica estera che porterà gli Usa nella “nuova età dell’oro”, per la prima volta quella della Casa Bianca sembra una politica non collegata ad alcuna Grand Strategy, ma azioni derivanti dal programma del movimento trumpiano MAGA, dettate dalle amicizie ed inimicizie personali, con accelerazioni e dietrofront quotidiani a somma negativa per l’intero Occidente.
Una politica che in poco più di un mese sta destrutturando il sistema economico, tutte le Agenzie, la struttura dell’apparato federale degli USA su tutti e tre i livelli di governo (jurisdictions federale, statale e locale), con il DOGE che ha già licenziato oltre 70.000 dipendenti pubblici, creando il panico in tutte le realtà che offrono servizi ai cittadini ed assicurano la safety e la sicurezza nazionale.
Il presidente Trump che schiera gli Stati Uniti con la Russia e la Corea del Nord all’Onu, che sta ritirando le truppe della Nato dall’Europa e si aliena tutti i suoi alleati occidentali con guerre commerciali, sta delegittimando la leadership americana senza causare alcuna frattura nell’asse sino-russo. Se questa politica estera assertiva contro i propri alleati non verrà contenuta dal Congresso americano e rimessa sui binari sui quali l’aveva lasciata il presidente Biden (rafforzamento ed allargamento della Nato, delle Alleanze strategiche AUKUS, QUAD, Five Eyes, ecc.), rimodellerebbe un mondo in cui Washington, lungi dal dividere i suoi avversari, contribuirebbe a cementare una rivalità sistemica da cui il campo occidentale uscirebbe indebolito. La politica estera impressa dal presidente Trump sta lasciando mani libere all’esercito russo, che ha non ha mai diminuito la sua sanguinosa aggressione contro l’Ucraina, che ora si ritrova a difendersi senza il sostegno del suo (ex) principale alleato.
Un chiaro tradimento degli Stati Uniti, dal quale risulta evidente che dal cigno nero trumpiano emergono come principali beneficiari la Cina e la Russia. Costringendo l’Ucraina alla resa ed accentuando le fratture all’interno delle alleanze occidentali, Pechino e Mosca vedono raggiunti senza alcuno sforzo alcuni dei loro obiettivi strategici: garantire la resilienza interna ed internazionale al regime del presidente Putin, godere dei benefici autoindotti dalla demolizione della coesione euro-americana e permettere alla Cina di accreditarsi come attore e partner affidabile sulla scena internazionale.
Il vertice europeo sulla difesa
Il ritorno del presidente Trump alla Casa Bianca sta provocando un brusco ritorno alla realpolitik per gli europei, che per mantenere la propria architettura di sicurezza, vede il risveglio di Paesi come la Germania, la Francia e il Regno Unito farsi avanti per sostenere l’Ucraina e per scoraggiare ulteriori aggressioni russe contro l’Europa. Questi scenari dovrebbero finalmente spingere le capitali europee a riconoscere l’urgente necessità di una maggiore collaborazione in materia di politica estera, difesa e di capacità militari, da adeguare al livello delle minacce poste da una Russia che non vede più la deterrenza degli Stati Uniti come freno alle sue ambizioni imperialiste, ma addirittura come un avversario inaffidabile e pericoloso dell”Ue.
È assolutamente necessario comprendere che il mondo è cambiato e collocare le minacce e i conflitti nell’attuale fase della politica internazionale, in una visione strategica di lungo periodo. Non basta esorcizzare il termine guerra, come dimostra il dibattito interno tra le forze politiche italiane, intriso di ambiguità e di simpatie per i dittatori, dove in assenza di qualsiasi analisi strategica si rimuove ogni collegamento logico con la realtà. I rapporti tra politica estera, uso della deterrenza e della forza militare e la natura dei nuovi conflitti ibridi, sono ben diversi dalle tradizionali guerre tra Stati dell’epoca della diplomazia classica. Oggi l’Europa, nonostante sia una potenza economica globale, è esclusa dai tavoli di negoziazione di pace e da tutti i contesti geopolitici perché non è in grado di esprimere una forza di deterrenza militare. Forza economica e Forza militare sono due asset strategici nella diplomazia tra potenze.
Il vertice straordinario europeo sul riarmo rappresenta un grande passo verso una difesa comune che dovrebbe quindi trasformarsi al più presto in capacità di deterrenza europea, e grazie a Francia e Regno Unito anche nucleare.
La domanda
Rimane comunque senza risposta la domanda che si pongono tantissimi analisti di geopolitica e che sta diventando virale sui social media, a seguito degli effetti di sproporzionato impatto sugli assetti geostrategici globali del cigno nero a Washington: se alla Casa Bianca ci fosse il presidente Putin, avrebbe fatto qualcosa di diverso?