Denunciato e rilasciato due volte. Tenta un altro furto e uccide 61enne

Il padrone di casa, israeliano, al rientro dalle vacanze ha scoperto il domestico morto e ha sorpreso il ladro . Il presunto assassino è un gambiano di 28 anni, regolare in Italia. L’escalation letale nel giro di 24 ore.

Apr 22, 2025 - 07:27
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Denunciato e rilasciato due volte. Tenta un altro furto e uccide 61enne

e Marianna Vazzana

Un’escalation improvvisa e letale. Fino a pochi giorni fa, Dawda Bandeh, ventottenne gambiano regolare in Italia e domiciliato in provincia di Como, aveva solo un precedente per guida in stato di ebbrezza. Sabato mattina, si è arrampicato sul balcone di un appartamento di via Crema, in zona Porta Romana, per rubare un ombrello e un paio di jeans: indagato dalla polizia per furto. Meno di 24 ore dopo, all’alba di domenica, ha scalato uno stabile di via Gioia, arrivando fino al sesto piano: il proprietario dell’abitazione si è accorto della sua presenza e ha chiamato il 112, salvo poi aprirgli la porta-finestra per farlo uscire. Rintracciato dai carabinieri a poche centinaia di metri di distanza, in zona Stazione Centrale, è stato portato in caserma e denunciato a piede libero per violazione di domicilio, in assenza di effrazioni, aggressioni agli inquilini e flagranza di reato. Rilasciato alle 8.08, ha percorso 300 metri ed è piombato in una villetta liberty di via Randaccio, stradina a senso unico a due passi dall’Arco della Pace: le telecamere del circuito interno di videosorveglianza ne hanno immortalato l’accesso alle 8.38. In quel momento, il domestico Angelito Acob Manansala era fuori di casa per una passeggiata con i cani che stava accudendo nel weekend. Probabilmente, Bandeh lo ha visto uscire e ne ha approfittato per entrare nella palazzina. Poco dopo, però, il sessantunenne filippino è tornato, trovandosi davanti lo sconosciuto: le indagini e l’autopsia diranno se ci sia stata colluttazione o se l’intruso abbia colto di sorpresa Manansala, che sarebbe stato strangolato. A delitto compiuto, il presunto assassino non se n’è andato, ma è rimasto nell’abitazione: alcune tracce fanno pensare che abbia anche cercato del cibo; e il comportamento quantomeno anomalo segnala una personalità borderline, sebbene non risultino ricoveri o percorsi di assistenza per problemi psichici.

È l’assurda ricostruzione del delitto di Pasqua in pieno centro a Milano: il gambiano è stato fermato dagli agenti delle Volanti e portato in carcere. La cronaca dell’assassinio riparte dalle 18, quando il proprietario della villetta, un cinquantaduenne israeliano rappresentante di altissimo rango di un’istituzione che si occupa di raccogliere fondi in tutto il mondo per conto del governo di Tel Aviv, rientra con una delle figlie dopo una settimana di ferie fuori città. Aperta la porta, l’uomo vede il domestico esanime a terra e nota negli stessi secondi un estraneo che sta rovistando nelle stanze. A quel punto, ha la prontezza di richiudere l’uscio e di telefonare alla centrale operativa della Questura per dare l’allarme.

Bandeh si accorge dell’ingresso del cinquantaduenne, ma non tenta neppure di scappare. Quando i poliziotti dell’Ufficio prevenzione generale fanno irruzione alle 18.06, lui li aggredisce: un ispettore dovrà usare il taser per immobilizzarlo. Per Manansala non c’è niente da fare: l’ispezione del medico legale retrodata il decesso a diverse ore prima. I filmati degli occhi elettronici confermano che l’incursione è andata in scena in mattinata. I rilievi della Scientifica vanno avanti fino a notte. Alle 23 si ferma un taxi: scendono la compagna e i cognati del filippino, che scoppiano in lacrime appena ricevono la conferma ufficiale dell’identità del morto. Angelito Manansala viveva da 6 anni a Milano con la connazionale Laurelia Arriola, in un condominio tra i quartieri di Niguarda e Bicocca: l’avrebbe sposata il prossimo ottobre, nelle Filippine. "Nelle Filippine, ora, porterò la sua salma. Al più presto", ha fatto sapere la donna, che ieri insieme ai parenti ha ricevuto supporto dal console generale delle Filippine a Milano. "Angelito era un uomo riservato, di poche parole, sempre cordiale. Un grande lavoratore – lo descrivono alcuni vicini di casa –. Un dispiacere immenso sapere che sia morto così. Proviamo dolore e rabbia: deve avere giustizia".