Dazi, il mondo come prima non tornerà più | Le analisi di Federico Fubini e Tito Boeri
Sui dazi c’è tutta una partita da giocare con attenzione. Così Federico Fubini sul Corriere della Sera: “Pechino – scrive l’editorialista – è la capitale più colpita dai dazi di Donald Trump, con un più 54% solo nelle ultime settimane che potrebbe diventare più 79% se arrivasse la sanzione annunciata per i suoi acquisti di petrolio […] L'articolo Dazi, il mondo come prima non tornerà più | Le analisi di Federico Fubini e Tito Boeri proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Sui dazi c’è tutta una partita da giocare con attenzione. Così Federico Fubini sul Corriere della Sera: “Pechino – scrive l’editorialista – è la capitale più colpita dai dazi di Donald Trump, con un più 54% solo nelle ultime settimane che potrebbe diventare più 79% se arrivasse la sanzione annunciata per i suoi acquisti di petrolio dal Venezuela. Per questo i cinesi moltiplicano i segnali a bassa frequenza di disgelo verso l’Europa, l’ultimo dei quali è un crollo delle loro forniture di prodotto a «uso duale» (militare e civile) alla Russia. Nei primi due mesi del 2025 sono scese del 17% rispetto a un anno prima le vendite agli apparati di Mosca di sistemi elettrici e elettronici, mentre quelle di veicoli, sistemi aerei e relativi componenti si sono quasi dimezzate. La Cina vuole la pace commerciale con noi europei perché dagli Stati Uniti non ha altro che guerra. E ce lo fa capire come può. La lezione è che non ci sono scorciatoie. Di fronte a fenomeni delle dimensioni di quelli innescati da Donald Trump — la fine di un’idea collettiva di Occidente, la chiusura dell’America in sé stessa, la ritirata di una globalizzazione creata da Washington e Wall Street a loro immagine — i colpi di bacchetta magica non esistono. Non importa quale sia il dosaggio delle ritorsioni che l’Europa metterà in campo, perché il mondo di prima comunque non tornerà. Le risposte vanno costruite mattone per mattone, su molti piani diversi: tecnologico e industriale, della difesa, della sicurezza e dell’integrazione finanziaria in Europa, dell’educazione della forza lavoro e dell’opinione pubblica. Se i politici in Italia e in Europa si facessero prendere dall’ansia di mostrare che stanno facendo qualcosa di decisivo subito, qualsiasi cosa – afferma Fubini – avrebbero magari qualche titolo in più nelle notizie della sera. Manon avvicinerebbero una soluzione. La questione delle ritorsioni europee va studiata in questa luce. Da un punto di vista puramente economico, rispondere ai dazi con altri dazi può essere autolesionista perché genera inflazione in Europa e avvicina il rischio di un avvitamento. Su questa posizione sono l’Italia e, in modo più sfumato, sia il futuro cancelliere di Berlino Friedrich Merz che la grande industria tedesca. Ma sul piano politico l’inazione rischia di essere interpretata a Washington come un’impotenza, che invita nuovi attacchi da parte di Trump. Probabile dunque – conclude – che la Commissione europea cerchi una via di mezzo, scegliendo ritorsioni destinate a entrare in vigore solo dopo almeno un mese di negoziati”.
Tito Boeri su Repubblica affronta il tema dei ‘danni costosi del populismo’: “I dazi imposti da Donald Trump sulle importazioni da tutto il mondo – scrive – ci danno una misura dei costi economici del populismo una volta giunto al potere. È una ideologia di basso spessore che può obnubilare la mente dei suoi capi carismatici. Le tariffe presentate nelle tabelle consegnate ai giornalisti assiepati al Rose Garden non hanno precedenti storici. Sono più alte di quelle introdotte da Hoover con lo Smoot-Hawley Act del 1930. Allora aggravarono la Grande depressione, una recessione già in atto. Oggi non hanno neanche la giustificazione di una economia in crisi che vuole proteggersi dalla concorrenza internazionale. Le misure decise da Trump possono portarla dritta dritta in recessione. Quali saranno gli effetti dei dazi di Trump sull’Europa e sull’Italia? Secondo le stime della Bce, anche in assenza di una risposta dell’Europa il tasso di crescita del Pil nell’Eurozona si ridurrà dello 0,3%. Essendo l’Italia, assieme alla Germania, il Paese europeo più colpito, da noi la riduzione potrebbe essere ancora più forte, attorno al mezzo punto percentuale, azzerando la flebile crescita degli ultimi anni se non portando anche noi in recessione. Essendo gli Stati Uniti entrati in guerra commerciale con tutto il mondo, difficile pensare che i negoziati con l’Europa possano concludersi rapidamente. Sono negoziati – ricorda Boeri – che già in condizioni normali chiedono anni. E l’Organizzazione per il commercio mondiale con le sue regole viene virtualmente cancellata da queste misure unilaterali. Non è a questo punto possibile per il nostro governo tenere il piede in due scarpe che si avviano in direzioni diametralmente opposte. Proprio perché è giusto negoziare con gli Stati Uniti, bisogna mettersi nelle condizioni di farlo. Storicamente i partiti populisti al governo — secondo la ricostruzione di un gruppo di economisti del Kiel Institute — hanno peggiorato l’andamento delle economie nei Paesi da loro governati mediamente di un punto percentuale di minore crescita per anni. Vedremo se Trump riuscirà a battere questo record negativo. L’Europa può trovare in tutto questo una maggiore ragione per rafforzare il processo di integrazione, unico modo di contare in un mondo sempre più frammentato in grandi blocchi”.
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