Dazi di Trump confermati dal 2 aprile, lui punta alla Groenlandia
In un'intervista, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha confermato le sue intenzioni per i dazi del 2 aprile, chiamato il "Giorno della Liberazione" degli Usa

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, in un’intervista all’emittente Nbc, ha confermato che, a partire dal 2 aprile, il Paese imporrà una serie di dazi sui prodotti di moltissimi Paesi esteri, tra cui anche quelli dell’Unione europea, e quindi l’Italia. Da diverse settimane, Trump chiama questa data il “Giorno della Liberazione“.
L’obiettivo sarebbe, secondo il Tycoon, quello di favorire le imprese che hanno fabbriche negli Usa e che potranno quindi evitare le tariffe maggiorate. Molte società hanno però già protestato, facendo notare che la loro catena di forniture è internazionale e che, di conseguenza, i dazi le colpiranno anche se il prodotto finito sarà assemblato in America.
Le paure del settore dell’auto
Tra i settori che temono di più i dazi americani c’è quello dell’auto. Trump, nell’intervista, ha detto di non temere che le aziende estere alzino i prezzi per compensare la nuova tassazione sulle importazioni, perché in questo modo gli statunitensi compreranno più auto fatte negli Usa. L’automotive è però uno dei settori più interconnessi a livello internazionale degli Stati Uniti. In particolare, ha un forte legame con Messico e Canada, tra i primi Paesi a essere colpiti dai dazi.
Alcune indiscrezioni, riportate anche dall’agenzia di stampa Ansa, hanno rivelato che Trump avrebbe chiesto alle dirigenze dei grandi gruppi automobilistici che operano negli Usa, tra cui anche Stellantis, di non alzare i prezzi.
Una strategia già parzialmente fallita, dato che al solo annuncio dei dazi, senza ancora alcuna ufficialità, Ferrari ha aumentato i prezzi di listino negli Stati Uniti del 10%. Pur non essendo del gruppo Stellantis, Ferrari è comunque di proprietà di Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann, azionista di maggioranza del colosso dell’auto.
Europa pronta alla ritorsione
La prima reazione internazionale a questi dazi è stata quella dell’Unione europea. Il blocco stava preparando contro dazi dopo i primi annunci di tariffe doganali da parte del governo degli Usa, ma l’inasprirsi della retorica di Trump ha portato a una nuova revisione della lista di beni su cui i Paesi europei vogliono agire.
In parallelo, proseguono le trattative per attenuare i dazi ed evitare che questi compromettano le relazioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico.
La dura risposta del Canada
Sembrano invece quasi del tutto compromesse le relazioni tra Usa e Canada. Il nuovo primo ministro canadese Mark Carney, che ha sostituito Justin Trudeau, ha pronunciato un durissimo discorso con cui ha di fatto dichiarato conclusa la strettissima alleanza del suo Paese con gli Stati Uniti:
Il vecchio rapporto tra Canada e Usa, basato sull’integrazione delle nostre economie e sulla collaborazione militare è finito. Dobbiamo immaginare un nuovo sistema produttivo.
La reazione di Corea e Giappone
Il Canada non è l’unico alleato che ha deciso di allontanarsi dagli Stati Uniti a causa della retorica di Trump. I dazi sembrano infatti aver spinto Corea e Giappone verso la Cina. I due Paesi hanno ripreso i colloqui per una maggiore integrazione degli scambi commerciali con Pechino, che sembravano completamente interrotti da cinque anni.
Corea e Giappone sono tra i più grandi produttori di auto al mondo, con aziende come Hyundai, Honda, Nissan e soprattutto Toyota. Il mercato americano è cruciale in particolare per quest’ultima, e i dazi sono ritenuti potenzialmente disastrosi per la sua crescita.
La questione della Groenlandia
Trump, durante l’intervista, ha anche ribadito che, entro la fine del suo mandato, gli Stati Uniti annetteranno la Groenlandia. Il presidente ha detto che tenterà una via non violenta, ma che non è escluso l’intervento dell’esercito americano contro il territorio che fa parte della Danimarca.
Sull’isola ci sono di recente state elezioni che hanno confermato la vittoria del partito moderato di centrodestra. Il governo che si è formato riunisce buona parte degli indipendentisti e ha un programma basato sul respingere i tentativi di annessione americani.