Dal 1° maggio una svolta contro la guerra e le politiche antioperaie che rilanci i referendum
La festa dei lavoratori e delle lavoratrici di questo primo maggio arriva in un momento di passaggio che chiede scelte chiare non rinviabili. Il primo nodo riguarda Gaza. Di fronte al genocidio che prosegue con la condanna a morte per fame e sete di tutta la popolazione di Gaza, la scelta di boicottare Israele deve […] L'articolo Dal 1° maggio una svolta contro la guerra e le politiche antioperaie che rilanci i referendum proviene da Il Fatto Quotidiano.

La festa dei lavoratori e delle lavoratrici di questo primo maggio arriva in un momento di passaggio che chiede scelte chiare non rinviabili.
Il primo nodo riguarda Gaza. Di fronte al genocidio che prosegue con la condanna a morte per fame e sete di tutta la popolazione di Gaza, la scelta di boicottare Israele deve diventare parola d’ordine centrale in questo primo maggio. Il tempo è ora e non ci sono scusanti.
Il secondo nodo è quello della pace e della guerra. Di fronte alla possibilità di aprire una trattativa per arrivare alla pace in Ucraina, le classi dominanti europee si sono fieramente opposte e vogliono continuare la guerra per procura fondata sul massacro del popolo ucraino e su un enorme piano di riarmo. In Italia il governo Meloni – in piena sintonia con Trump e le decisioni Ue – ha deciso di aumentare ulteriormente la spesa militare. Da parte sua il Pd in nome della “pace giusta” si è nei fatti opposto alla trattativa aggregandosi alla parte più oltranzista della Ue e dall’altra propone la costruzione di un esercito europeo che non sarebbe altro che un esercito contro la Russia, finalizzato proprio ad allargare il conflitto a tutta Europa: una follia.
Contro questo indirizzo che ci porta dritti dritti alla guerra con la Russia e al travaso di denaro dal welfare all’industria militare, si pone con chiarezza la necessità di costruire uno schieramento per la pace, contro tutte le spese militari, contro i tagli al welfare. E’ cioè necessario dar vita sia a livello sociale che politico ad una alternativa alle classi dominanti europee di centro destra e centro sinistra.
La manifestazione del 5 aprile a Roma è stata un primo segnale positivo, occorre proseguire e costruire sul territorio Comitati contro le spese militari e per il rilancio del welfare. Dal Primo maggio dovrebbe partire una scelta esplicita in questa direzione, politica e sociale, superando in avanti anche la nefasta partecipazione del segretario della Cgil alla manifestazione guerrafondaia convocata da Michele Serra per conto del suo editore. Cogliere l’opportunità che si è aperta per la pace, legando l’apertura della trattativa con la Russia al disarmo immediato, è l’unica prospettiva che apre spazi positivi per i popoli europei, contro le élite che oggi li soffocano.
In terzo luogo, comunque vada a finire l’iniziativa di Trump, è evidente che la prospettiva su cui si sono mosse per 40 anni le classi dominanti italiane ed europee è posta in crisi verticale dalla frantumazione del mercato mondiale che in ogni caso aumenterà. La compressione dei salari e della spesa sociale al fine di essere maggiormente competitivi e di aumentare le esportazioni a scapito della crescita del mercato interno – la linea dei sacrifici perché non ci sono i soldi – ha portato il nostro paese in un cul de sac totale: il mercato interno è strozzato e quello estero è in crisi verticale. Da questa situazione occorre uscire e si può farlo unicamente rovesciando questa politica aumentando i salari, allargando il welfare, superando la precarizzazione del lavoro e dotando il paese di politiche industriali pubbliche che permettano di rafforzare e riconvertire in senso ambientale il tessuto produttivo manifatturiero e dei servizi.
In assenza di una svolta di questo tipo la situazione non è destinata a rimanere ferma ma a peggiorare rapidamente, rispondendo ai dazi di Trump con un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro e con un ulteriore taglio degli stipendi. Larga parte dell’imprenditoria italiana è infatti pronta a rispondere ai dazi di Trump scaricandone il costo sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici, anche utilizzando le leggi contro gli immigrati per allargare la quota di mondo del lavoro strutturalmente condannata alla clandestinità e al supersfruttamento.
Contro questa prospettiva di ulteriore peggioramento delle condizioni di vita delle classi lavoratrici e sulla necessità di una svolta occorre costruire una vera e propria campagna di massa che saldi la lotta contro la guerra alla lotta contro le politiche antioperaie. Occorre far vivere la promozione dei 5 referendum come uno strumento concreto di questa possibile svolta, dando ai referendum tutto il significato politico che debbono avere.
Questa a me pare la vera grande svolta che dovrebbe emergere da questo 1° maggio: rilanciare la campagna per il sì nei referendum come strumento concreto della lotta contro le politiche di guerra e antioperaie, che sono le due facce della stessa medaglia. Difendere i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici è il primo passo per contrastare la spesa militare, la logica guerrafondaia e la complicità con il massacro del popolo palestinese che caratterizza le classi dirigenti di centro destra e centro sinistra in Italia come in tutta Europa.
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