Da Sos Humanity il report sulle torture e l'appello: torni l'umanità

Mentre nel Mediterraneo centrale avviene l'ennesimo naufragio dopo un sos rimasto inascoltato,  con 48 migranti annegati e solo 2 sopravvissuti, l'organizzazione tedesca Sos Humanity in occasione dei 10 anni dall'inizio delle sue attività in mare pubblica un report con decine di testimonianze delle torture in Libia ma anche in Tunisia e lancia un appello: l'Europa  torni a salvare le vite e riporti l'umanità alle sue frontiere. 

Mag 7, 2025 - 09:30
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Da Sos Humanity il report sulle torture e l'appello: torni l'umanità

Quando il mare torna calmo, puntualmente, a decine, le barche vengono fatte partire dalle spiagge della Libia come della Tunisia. I piu’ fortunati riescono a raggiungere la terraferma, Lampedusa, il lembo d’Europa piu’ vicino ma i mezzi su cui viaggiano, gommoni stracolmi con i tubolari che spesso si sgonfiano sotto il peso delle persone o barche instabili che si ribaltano con estrema facilità,  sono “bare galleggianti”., come le ha definite il procuratore capo di Gela, Salvo Vella, e se nessuno le soccorre, come accaduto lunedì 5 maggio, affondano. Erano in 50, sono annegati tutti tranne due, intercettati e salvati da alcuni pescatori e portati in Tunisia.

 

Spesso le barche fanno naufragio senza che se ne abbia notizia nel Mediterraneo centrale in cui le motovedette italiane non riescono ad arrivare sempre in tempo e a salvare tutti e le navi umanitarie sono sottoposte a restrizioni sempre più stringenti, dall'Italia; in base al decreto Piantedosi sono autorizzate a compiere un solo soccorso alla volta e il porto a loro assegnato è sempre a centinaia di miglia, spesso nel nord Italia. La nave di Sos humanity ha dovuto raggiungere La Spezia dopo 4 giorni in mare con a bordo 68 profughi e migranti che anche stavolta hanno raccontato dell'inferno da cui sono fuggiti: le torture, gli abusi e le discriminazioni a cui vengono sottoposti non solo in Libia ma da qualche tempo anche in Tunisia.

 

"La vita di chi ha la pelle scura non vale nulla  - dice Stephen-  ci considerano merce di scambio e di ricatto, ci torturano e chiamano le nostre famiglie nei nostri paesi d'origine per far sentire loro le nostre urla e costringerli a versare sempre più denaro, e i carcerieri sono gli stessi trafficanti che poi lucrano sui nostri tentativi di traversata, collusi con i militari a bordo delle motovodette che ci riportano indietro, in un crudele gioco che si ripete. Noi partiamo anche sapendo che forse moriremo in mare perchè  li non potremo comunque sopravvivere". La sua è una delle 64 testimonianze che  l’organizzazione tedesca ha raccolto in un rapporto in cui si accusa l'Unione europea di complicità negli abusi sui migranti, si chiede che si interrompa ogni cooperazione con la Tunisia e la Libia e che invece si istituisca un programma di ricerca e soccorso per  riportare l'umanità alle sue frontiere esterne.