Da fabbriche di auto a fabbriche di armi, il piano del governo Meloni per la conversione industriale: «Incentivi a chi diversifica»
Opposizioni e sindacati all'attacco dell'esecutivo: «Piano miope e immorale, vogliono creare un'economia di guerra» L'articolo Da fabbriche di auto a fabbriche di armi, il piano del governo Meloni per la conversione industriale: «Incentivi a chi diversifica» proviene da Open.

Il piano italiano per salvare l’industria automobilistica passerà dalla produzione di sempre meno auto e sempre più armi. Può sembrare un paradosso, e probabilmente lo è, ma è questa la direzione che il governo Meloni intende seguire in risposta alla crisi che da mesi attraversa il comparto europeo dell’automotive. Il primo a parlarne in modo esplicito è stato il ministro delle Imprese, Adolfo Urso. «È in atto una nuova rivoluzione industriale che dobbiamo governare. L’auto non potrà avere in futuro gli stessi volumi produttivi», ha sentenziato il titolare del Mimit in un’intervista al Messaggero. E che fine faranno le centinaia di aziende italiane che oggi lavorano nell’indotto dell’automotive? Per sopravvivere, suggerisce Urso, potrebbero convertire la loro produzione e mettersi al servizio dell’industria della difesa.
L’economia tedesca, dalle auto alle armi
A dirla tutta, la conversione delle fabbriche di automobili in fabbriche di armi non è un’idea squisitamente italiana. Anche il governo tedesco ha fatto capire di voler seguire la stessa strategia, al punto che c’è chi sospetta che il maxi-piano di riarmo europeo annunciato da Ursula von der Leyen sia stato messo a punto proprio con l’obiettivo di “salvare” le case automobilistiche della Germania. E forse non è un caso che il valore di mercato di Rheinmetall, colosso tedesco delle armi, sia triplicato dall’elezione di Donald Trump a oggi. Nei giorni scorsi, la capitalizzazione della società ha superato per la prima volta quella del gruppo Volkswagen: 55,7 miliardi contro i 54,4 miliardi della casa automobilistica, segno inequivocabile di come l’economia tedesca stia spostando il proprio baricentro dall’industria dell’auto a quella degli armamenti.

Le aperture di Urso e Tajani
L’idea di convertire l’industria dell’auto in imprese della difesa, dell’aerospazio e della cybersicurezza sembra aver fatto breccia anche nel governo italiano. «Le collaborazioni e le affinità tra produzioni auto e difesa-aerospazio si sono sviluppate da anni e offrono grandi opportunità di crescita per la componentistica e le lavorazioni meccaniche», sostiene il ministro Urso. Secondo il titolare del Mimit, convertire la produzione potrebbe essere un processo tutt’altro che traumatico e permetterebbe di salvaguardare i migliaia di posti di lavoro a rischio in caso di collasso del comparto auto. «Un microchip già adesso può servire per un’auto o per un satellite. La scheda elettronica funziona sia in un veicolo urbano sia in un elicottero. Il cingolato muove un trattore come un blindato che tutela i nostri militari in Libano», dice ancora Urso nell’intervista rilasciata al Messaggero.
Il piano industriale del governo italiano
Le intenzioni del governo, finora confinate a semplici dichiarazioni alla stampa, potrebbero finire nero sul bianco nel documento «Made in Italy 2030», il piano di strategia industriale che l’esecutivo dovrebbe presentare il prossimo giugno. Prima di allora, però, c’è da vedere se tutti i partiti della maggioranza riusciranno a mettersi d’accordo sul piano di riconversione delle fabbriche di auto. L’ipotesi suggerita da Urso sembra incontrare il favore degli alleati forzisti. «Ci sono molte industrie che si possono convertire, penso per esempio a chi produce componentistica per l’automotive», ha detto oggi Antonio Tajani in un’intervista alla Stampa, dando man forte al collega di Fratelli d’Italia. Più incerta la posizione della Lega, con Matteo Salvini che ha criticato aspramente il piano di riarmo europeo e la necessità di aumentare gli investimenti nel comparto della difesa.

Stop all’ecobonus, arrivano gli incentivi alla «diversificazione produttiva»
In attesa di leggere il piano di politiche industriali a cui sta lavorando il governo, Urso ha già rivelato una serie di prime iniziative che sembrano muoversi proprio nell’ottica della riconversione industriale degli stabilimenti di auto. Innanzitutto, ha annunciato che il governo «non rinnoverà più l’ecobonus su scala nazionale», ossia il sistema di incentivi per l’acquisto di automobili. «Per quanto riguarda le risorse pubbliche, a cui Stellantis ha deciso di rinunciare, andranno prevalentemente al sostegno degli investimenti delle imprese della componentistica anche ai fini della diversificazione produttiva», ha precisato Urso durante l’ultimo tavolo sull’automotive che si è tenuto al ministero. Detta in altre parole: il governo erogherà incentivi alle aziende che decideranno di ri-orientare la produzione verso settori come la difesa e l’aerospazio.
Il «no» secco di opposizioni e sindacati (a eccezione della Cisl)
Al momento, il piano di Urso non sembra essere piaciuto granché a opposizioni e sindacati. Per la Cgil, l’ipotesi di convertire le fabbriche di auto è una scelta «di cui non vogliamo neanche discutere, assurda dal punto di vista etico, industriale e occupazionale». La Uil parla di «piano non realistico, al di là di ogni considerazione di carattere politico e morale», mentre la Cisl si mantiene più possibilista e si dichiara «favorevole a cogliere le opportunità». Tra i banchi delle opposizioni, sono soprattutto il Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi-Sinistra a farsi sentire contro il piano del governo. «Con la scusa di salvaguardare i posti di lavoro il ministro Urso sta pensando a un piano di riconversione che non sarebbe altro che la pietra tombale per la nostra economia e il settore dell’automotive. Parlano di riconversione, ma quella che vogliono è un’economia di guerra», attacca Chiara Appendino, vicepresidente del M5s. Sulla stessa linea anche Avs, con la deputata Luana Zanella che parla di «trovata agghiacciante per la sua mancanza di etica e priva di un ragionamento economico».
Foto copertina: EPA/Hannibal Hanschke | Una linea di assemblaggio della fabbrica Volkswagen a Wolfsburg, in Germania
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