Concorrenza nei traghetti e lo stato risparmia

Con il nuovo regime di gare faticosamente instaurato grazie all'offerta di Grimaldi Lines e all'opera tenace di una grande, e compianta, civil servant come Maria Teresa Di Matteo,lo Stato risparmia oggi 50 milioni L'articolo Concorrenza nei traghetti e lo stato risparmia proviene da Economy Magazine.

Mag 13, 2025 - 13:50
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Concorrenza nei traghetti e lo stato risparmia

Regalare allo Stato un risparmio di 50 milioni all’anno, soltanto facendo bene il proprio lavoro. Una specie di miracolo. Riuscito, però, nel settore dei traghetti per passeggeri e autoveicoli che ogni giorno collegano Sardegna e Sicilia alla penisola. Riuscito per la determinazione, gli investimenti e la competenza del Gruppo Grimaldi, al termine di un lungo, incredibile – anzi, quasi surreale – braccio di ferro con alcuni soggetti ostili a qualsiasi cambiamento.

Da una parte c’era appunto il gruppo armatoriale napoletano che, facendo il suo ingresso nel settore dei traghetti per le isole, lo ha rivitalizzato con la forza e la qualità della concorrenza; e dall’altra l’operatore “incumbent”, fino a quel momento leader semi-esclusivo del mercato, il gruppo Moby-Tirrenia, fiancheggiato da numerosi cointeressati allo status quo.

Un braccio di ferro giocato con trasparenza assoluta da una parte, quella di Grimaldi, che schierava navi nuovissime, ecologiche ed efficienti, con costi d’esercizio contenuti e in grado di servire le rotte in maniera economicamente sostenibile, a prescindere dai fondi delle convenzioni, e dunque in grado di apportare all’erario i risparmi promessi. Dall’altra una compagnia con problemi storici – una flotta in buona parte composta da vecchie “carrette del mare” – e gravata anche da problemi nuovi: una pessima gestione.

Facciamo un passo indietro. I servizi marittimi per la continuità territoriale erano stati gestiti da sempre in regime di sostanziale monopolio pubblico dalla Tirrenia, con costi altissimi. Con la legge 135 del 2009 intervenne una disciplina un po’ più moderna, che previde la stipula di nuove convenzioni sulla base di criteri stabiliti dal Cipe e nei limiti teoricamente più conservativi di stanziamenti previsti. Ma la Tirrenia, operatore dominante, era ancora pubblica. La fallimentare privatizzazione del 2012 trasferì la proprietà al solo gruppo Moby, che da un lato non pagò allo Stato le rate previste per l’acquisizione e dall’altro continuò a intascare ricche sovvenzioni per l’esercizio delle lineee. Ne venivano sovvenzionate 10, per un costo totale di circa 72 milioni di euro all’anno.

Alla fine di una serie di colpi di scena e ridefinizioni burocratico-legislative, si è finalmente instaurato un nuovo regime concessorio. Una rivoluzione, osteggiata in mille modi ufficiali e ufficiosi, di cui gran merito va a una persona prematuramente scomparsa, una “civil servant” del genere sempre scarseggiato in Italia, Capo Dipartimento per i trasporti e la navigazione e Vice Capo di Gabinetto: Maria Teresa Di Matteo.

Una rivoluzione che oggi permette appunto allo Stato di risparmiare 50 di quei milioni che sprecava. Ma vediamo più in dettaglio i numeri.

Sulla base della vecchia convenzione, la linea Napoli – Palermo costava ogni anno 6.924.000 di euro. Quella Civitavecchia-Cagliari, ben 26 milioni di euro; e quella Ravenna-Catania quasi 11 milioni.

Ebbene, il valore della concorrenza e dell’ingresso sul mercato di nuovi operatori, portatori di competenze e metodi nuovi, ha dato un gran sollievo all’erario. Scaduta la vecchia Convenzione, pur dopo numerose proroghe – implorate dai beneficiari – è stato notevolmente ridotto il perimetro delle linee finanziate dalla convenzione dal momento. Anzi, per molte rotte i fatti si sono incaricati di dimostrare che non c’era alcun ”fallimento di mercato”, in questi business: altro che fallimento: bastava e basta saper lavorare bene, aver investito in navi e formazione e il gioco era fatto. Operatori come il Gruppo Grimaldi hanno infatti servito efficacemente queste linee pur senza ricevere contributi pubblici, e anzi concorrendo con l’unico operatore che li percepiva.

Dal 2021 le linee rimaste in convenzione sono le seguenti sette: Napoli – Cagliari – Palermo (Grimaldi); Civitavecchia – Arbatax – Cagliari (Grimaldi); Civitavecchia – Olbia (rispetto al passato, non sono previsti fondi in sovvenzione ma un obbligo di servizio pubblico da assolvere durante l’inverno che autorizza la presenza dell’operatore anche nel periodo estivo. Aggiudicatarie della gara sono Grimaldi, Cin e Gnv (la seconda partecipata al 49% dal Gruppo Aponte, la terza interamente controllata): comunque, rispetto al passato c’è un concorrente vero e zero fondi pubblici); e poi ancora la Genova – Porto Torres (gara vinta da Cin, azienda comunque tuttora in forti difficoltà finanziarie); e infine il collegamento con le isole Tremiti (Nlg, di nuovo Aponte).

Il costo totale di queste convenzioni è comunque di 50 milioni inferiore a quello sostenuto col vecchio regime. Un esempio per tutti, la linea Civitavecchia-Cagliari, che costava 26 milioni, oggi con Grimaldi ne costa 10,5 ossia molto meno della metà.

Attraverso la riforma del settore e la nuova convenzione, i fondi pubblici destinati al sovvenzionamento delle linee marittime in convenzione sono stati più che dimezzati dal momento che, oltre al risparmio sulle linee non più convenzionate, la partecipazione di Grimaldi alle gare con le sue navi efficienti ha drasticamente diminuito i corrispettivi necessari erogati dallo Stato per le poche linee rimaste in convenzione. Questo conferma che tutte le spiegazioni fornite, negli anni del dibattito sul tema, dal Gruppo Grimaldi a sostegno del valore della concorrenza erano fondate ed andavano realmente nella direzione dell’interesse del Paese. E che dalla parte di chi resisteva c’erano soltanto menzogne.

Vale la pena, per comodità, riportare a seguire gli specchietti delle convenzioni in essere prima e dopo le modifiche all’ordinamento.

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