Come si applica l’equo compenso ai pubblici appalti?
Con la sentenza n. 594/2025, il Consiglio di stato si è espresso sulla questione della compatibilità tra la legge sull’equo compenso per i professionisti (l. 49/2023) e il codice dei contratti pubblici. Si tratta di una pronuncia che mira a fare chiarezza tra due orientamenti contrapposti, che negli ultimi mesi si sono diffusi tra i […] L'articolo Come si applica l’equo compenso ai pubblici appalti? proviene da Iusletter.

Con la sentenza n. 594/2025, il Consiglio di stato si è espresso sulla questione della compatibilità tra la legge sull’equo compenso per i professionisti (l. 49/2023) e il codice dei contratti pubblici.
Si tratta di una pronuncia che mira a fare chiarezza tra due orientamenti contrapposti, che negli ultimi mesi si sono diffusi tra i tribunali amministrativi regionali.
Da un lato, infatti, alcuni ritengono che la normativa sull’equo compenso debba essere applicata anche ai contratti pubblici, senza che ciò produca alcun pregiudizio al principio di concorrenza, in quanto gli eventuali ribassi sul prezzo offerto dal professionista possono riguardare altre componenti, quali le spese e gli oneri accessori. Si è espresso così TAR Lazio n. 8580/2024.
Dall’altro lato, invece, TAR Campania n. 1494/2024 e TAR Reggio Calabria n. 483/2024 hanno escluso che i bandi di gara possano essere eterointegrati con le disposizioni della legge sull’equo compenso. Ciò in quanto lo stesso codice degli appalti provvede a tutelare l’equo compenso per i professionisti: per esempio, l’art. 110 consente appunto di evitare che le prestazioni professionali siano rese a prezzi incongrui, consentendo contemporaneamente alle amministrazioni di affidare gli appalti a prezzi più competitivi.
La sentenza impugnata al Consiglio di stato, che ha originato la pronuncia in commento (ossia, TAR Veneto n. 632/2024) ha aderito al primo dei due orientamenti.
Al contrario, il Consiglio di stato ha sposato il secondo.
Tale organo evidenzia, anzitutto, che non vi sono antinomie tra la legge sull’equo compenso e il codice degli appalti, e di conseguenza non vi è alcuna necessità di eterointegrare un bando che dovesse ammettere il ribasso dei compensi.
In estrema sintesi, secondo il Consiglio di stato nei contratti pubblici non si può accogliere la tesi dell’equo compenso come parametro fisso e inderogabile, secondo tabelle di legge, pena la violazione del principio di concorrenza, di matrice eurounitaria.
Negli appalti pubblici, piuttosto, il principio dell’equo compenso è comunque rispettato anche a fronte di un “equo ribasso”, vale a dire quel minimo (comunque inderogabile) liquidabile in ragione della complessità della prestazione dedotta nell’affidamento.
A conforto di tale ricostruzione il Consiglio di stato cita, tra gli altri, l’art. 8 del codice degli appalti, che richiama il principio dell’equo compenso” senza richiederne un’individuazione fissa, tanto da ammettere, ove previsto dalla legge, prestazioni d’opera anche a titolo gratuito.
L'articolo Come si applica l’equo compenso ai pubblici appalti? proviene da Iusletter.