Azione di rivalsa nei confronti degli eredi: il rinvio pregiudiziale alla CGUE
La terza sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 34107 del 23 dicembre 2024, ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In particolare, i giudici di legittimità, chiamati a pronunciarsi in merito all’esperibilità, da parte dell’impresa di assicurazione di un’azione di rivalsa nei confronti degli eredi dell’assicurato, hanno […] L'articolo Azione di rivalsa nei confronti degli eredi: il rinvio pregiudiziale alla CGUE proviene da Iusletter.

La terza sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 34107 del 23 dicembre 2024, ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
In particolare, i giudici di legittimità, chiamati a pronunciarsi in merito all’esperibilità, da parte dell’impresa di assicurazione di un’azione di rivalsa nei confronti degli eredi dell’assicurato, hanno sottoposto i seguenti quesiti:
- se l’art. 2 della Direttiva 84/5/CEE, in un caso come quello oggetto del presente giudizio, osti ad una normativa nazionale che, per effetto dell’avvenuta formazione del giudicato interno al processo civile italiano, impedisca di rilevare per la prima volta in sede di legittimità la nullità di una clausola, inserita in un contratto di assicurazione della r.c.a., la quale in violazione della suddetta Direttiva consenta all’assicuratore di agire in rivalsa nei confronti della persona trasportata che cumuli in sé la qualità di danneggiato e di assicurato;
- se il principio per cui l’effettività del diritto comunitario prevale sul giudicato trovi applicazione anche quando: (a) il giudicato sia lesivo del diritto al risarcimento del danno, riconosciuto dall’art. 2 della Direttiva 84/5/CEE ai familiari di persona deceduta in conseguenza d’un sinistro stradale nei confronti dell’assicuratore della r.c.a.; (b) il titolare di quel diritto abbia tenuto una condotta completamente passiva nel processo concluso dal giudicato lesivo del diritto dell’Unione.
La questione trae origine dal ricorso presentato dagli eredi dell’assicurato (anch’esso vittima del sinistro stradale) nell’ambito del giudizio promosso dalla compagnia di assicurazione per la ripetizione delle somme dai medesimi ricevute in conseguenza del sinistro.
In particolare, i ricorrenti, richiamata l’applicazione della normativa comunitaria, eccepiscono la nullità della clausola in virtù della quale la compagnia di assicurazione ha avviato l’azione di rivalsa.
La Corte di Cassazione rileva in prima battuta come, alla luce del diritto nazionale, tali contestazioni non dovrebbero essere ritenute ammissibili in quanto rimetterebbero in discussione una questione mai prospettata nei precedenti gradi di giudizio (ben quattro) e per esaminare la quale occorrerebbe superare il vincolo del giudicato derivante dalla mancata impugnazione.
Di contro, viene altresì evidenziato come l’applicazione del diritto nazionale nel caso di specie susciti il sospetto di incompatibilità con la normativa comunitaria nella parte in cui non tiene in considerazione l’orientamento costante della CGUE a mente del quale obiettivo delle direttive comunitarie in materia di assicurazione r.c.a. è quello di “consentire a tutti i passeggeri vittime di un incidente causato da un veicolo di essere risarciti dei danni dai medesimi subiti” e di conseguenza “le disposizioni nazionali che disciplinano il risarcimento dei sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli (…) non possono privare le dette disposizioni del loro effetto utile” (così Corte Gius. CE, CGUE, sez. I, 30.06.2005).
A ciò si aggiunga che sempre la giurisprudenza della Corte di Giustizia sul tema dei rapporti tra il vincolo nascente dal giudicato e l’effettività del diritto comunitario oltre ad aver fissato una “regola”, ha previsto un’eccezione ed “un’eccezione all’eccezione”.
La regola è quella dell’intangibilità del giudicato: principio fondamentale anche nell’ordinamento dell’Unione Europea, in quanto necessario per garantire la certezza del diritto e la buona amministrazione della giustizia.
Di conseguenza “il diritto dell’Unione non impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata a una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con tale diritto” (così da ultimo CGUE 23.11.2023)
Pertanto, il solo fatto che una sentenza definitiva abbia violato il diritto comunitario non accorda al giudice nazionale la possibilità di riesaminarla, se ciò sia impedito dalla legge nazionale.
A questo principio, tuttavia, sono state ammesse numerose deroghe per tutte quelle ipotesi in cui l’intangibilità del giudicato entra in conflitto con i principi di equivalenza e di effettività del diritto comunitario.
La Corte di Giustizia ha altresì ammesso “un’eccezione all’eccezione” idonea a far risorgere la regola generale dell’intangibilità del giudicato nell’ipotesi in cui la persona cui il diritto comunitario attribuiva il diritto misconosciuto dalla decisione passata in giudicato sia rimasta “completamente passiva” nonostante avesse avuto la possibilità di reagire alla violazione dei suoi diritti.
Nel caso di specie la violazione delle norme di diritto comunitario è stata sollevata per la prima volta in cassazione, dopo ben quattro gradi di giudizio nell’ambito dei quali non è mai stata eccepita la questione di validità della clausola oggetto di contestazione.
Alla luce di tale considerazione, secondo le regole procedurali del diritto nazionale, si è formato il giudicato interno, dall’altro lato vi è però una violazione del diritto comunitario che riguarda un diritto fondamentale ovvero quello che attribuisce ai membri della famiglia dell’assicurato, del conducente o di qualsiasi altro responsabile una protezione analoga a quella degli altri terzi vittime, almeno per quanto riguarda i danni alle persone.
La Corte di Cassazione sottolinea infine che da parte dei danneggiati vi è stata quella “completa passività” nel prospettare la violazione del diritto comunitario che, secondo la Corte di Giustizia, renderebbe comunque intangibile il giudicato quantunque fondato su una violazione del diritto dell’Unione.
In conclusione, i giudici di legittimità rilevano come l’esito del ricorso dipenda dallo stabilire se, in un caso come quello in esame, debba prevalere il principio di effettività del diritto comunitario in virtù della natura del diritto oggetto del contendere (e quindi se debbano disapplicarsi gli artt. 2909 c.c. e 394 c.p.c.); oppure se la natura di tale diritto (risarcimento del danno non patrimoniale derivante dall’uccisione d’un congiunto) renda irrilevante la “completa passività” dei danneggiati nell’invocare, nei precedenti gradi di giudizio, la contrarietà al diritto dell’Unione della clausola invocata dalla compagnia di assicurazione a fondamento dell’azione di rivalsa. Per tali ragioni rimettono quindi la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
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