Come il cambiamento climatico può ridurre la produzione di energia eolica
Il cambiamento climatico sta riducendo la velocità del vento in Europa, soprattutto durante l’estate, e questo influirà negativamente sulla produzione degli impianti eolici nella regione. Una ricerca dell’University of Illinois, dal titolo “Amplified summer wind stilling and land warming compound energy risks in Northern Midlatitudes” e pubblicata su Environmental Research Letters (link in basso) sostiene […] The post Come il cambiamento climatico può ridurre la produzione di energia eolica first appeared on QualEnergia.it.

Il cambiamento climatico sta riducendo la velocità del vento in Europa, soprattutto durante l’estate, e questo influirà negativamente sulla produzione degli impianti eolici nella regione.
Una ricerca dell’University of Illinois, dal titolo “Amplified summer wind stilling and land warming compound energy risks in Northern Midlatitudes” e pubblicata su Environmental Research Letters (link in basso) sostiene che il calo della velocità del vento, che si sta verificando anche in altre regioni delle medie latitudini settentrionali come il Nord America, dovrebbe essere inferiore al 5% nel periodo dal 2021 al 2050 rispetto ai dati storici, per poi divenire significativa nella seconda metà di questo secolo.
I cambiamenti previsti possono raggiungere fino al -10% nel periodo 2071-2100 in uno scenario ad alte emissioni, il che potrebbe portare a una perdita di circa il 25% della potenziale produzione di energia eolica.
Il fenomeno meteorologico, noto come “stilling”, è causato dal riscaldamento amplificato sia della terraferma che della troposfera, lo strato di atmosfera più vicino alla superficie terrestre.
Una perfetta rappresentazione si può avere sovrapponendo i due seguenti grafici. Il primo mostra l’ubicazione dei parchi eolici (la dimensione dei puntini rossi mostra la diversa capacità degli impianti) e l’attuale velocità media annuale del vento a 10 m calcolata utilizzando i dati mensili del 1981-2010.
Il secondo evidenzia i cambiamenti nella velocità del vento a 10 m in relazione ai cambiamenti assoluti nella temperatura superficiale nel periodo di dicembre-febbraio, calcolati come differenza media percentuale tra le medie annuali simulate del periodo 2071-2100 e quelle reali del 1981-2010.
Proprio le parti che appaiono in viola, quindi con una maggiore riduzione della velocità del vento, coincidono con quelle con una maggiore concentrazione di parchi eolici (i puntini rossi).
L’equilibrio domanda-offerta
“Anche piccoli cali si traducono in grandi oscillazioni nella produzione di energia eolica”, afferma Gan Zhang, climatologo e professore presso l’Università dell’Illinois, autore della ricerca. A cascata potrebbero esserci anche conseguenze sui prezzi dell’energia. “Il sistema energetico è un mercato marginale – ha spiegato Zhang – ciò significa che se si modifica il margine del 5-10%, la risposta dei prezzi può essere enorme”.
È importante notare che il rallentamento del vento in estate e la conseguente diminuzione della produzione eolica coincide con un aumento previsto della domanda di elettricità per i sistemi di raffreddamento.
Sempre in uno scenario ad alte emissioni, alle latitudini interessate dal fenomeno si potrebbe verificare un aumento fino a circa il 140% di questa domanda. Lo studio evidenzia quindi anche il rischio che si rompa l’equilibrio tra produzione e consumo di energia.
Per scongiurare il rischio climatico-energetico amplificato stagionalmente, le soluzioni suggerite dall’analisi sono di abbinare l’energia eolica a miglioramenti nell’efficienza energetica, puntare forte anche su altre energie pulite (su tutte il fotovoltaico) e aggiornare le infrastrutture di rete.
L’accuratezza dei dati
La ricerca della University of Illinois è in linea con altri studi che suggeriscono che l’effetto del cambiamento climatico sul vento diventerà statisticamente significativo nella seconda metà di questo secolo.
Ma non è ancora chiaro in che modo le nuove velocità medie del vento influenzeranno la futura produzione di energia, e parte di questa incertezza è dovuta al fatto che persino i set di dati climatici migliori a disposizione degli scienziati (definiti “gold standard”) non sono molto accurati nel catturare gli estremi nelle velocità del vento.
“A differenza dei dati sulla temperatura e sulle precipitazioni, mancano dati storici solidi sul vento su cui modellare i futuri risultati climatici”, ha commentato parlando con Bloomberg Christopher Vogel, ricercatore di energia eolica e mareomotrice presso l’Università di Oxford.
Vogel, che ha studiato la siccità eolica del 2021 che ha costretto il Regno Unito a riavviare le centrali a carbone dismesse (ora definitivamente spente di nuovo), ha aggiunto che “le misurazioni del vento sono anche altamente localizzate e influenzate dalla topografia e dagli edifici, persino dagli stessi parchi eolici”.
Zhang ha affermato che il suo team di ricerca ha aggirato la mancanza di dati storici utilizzando più set di dati ed eseguendo simulazioni “che hanno rilevato una maggiore diminuzione della velocità in estate”.
Ciononostante, secondo il ricercatore non bisognerà passare a un graduale disimpegno verso questa fonte in futuro: “Anche con velocità in calo, il vento può essere una parte fondamentale del mix energetico per la maggior parte dei Paesi”.
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