
L’adattamento degli astronauti dopo lunghe missioni spaziali
Butch Wilmore e
Suni Williams, astronauti veterani della
NASA, sono rientrati sulla
Terra il 18 Marzo 2025, dopo
286 giorni trascorsi a bordo della
Stazione Spaziale Internazionale (ISS). La loro missione, inizialmente prevista per una settimana, si è trasformata in un test estremo di adattamento umano alla vita nello spazio e al rientro sul pianeta. I cambiamenti genetici e fisiologici nello spazio Uno degli aspetti più affascinanti riguarda l’impatto genetico e biologico delle missioni prolungate. Secondo la
professoressa Susan Bailey dell’
Università Statale del Colorado, il ritorno alla gravità terrestre risulta tanto più difficile quanto più a lungo si è vissuto in microgravità.
Chris Mason, genetista della
Cornell University, sottolinea come il corpo umano viva un vero
shock cellulare al rientro, dovuto alla drastica variazione ambientale. Il
NASA Twins Study, che ha monitorato due astronauti gemelli (uno sulla ISS e l’altro sulla Terra), ha evidenziato
cambiamenti molecolari,
alterazioni del genoma,
rischi oncologici e
perdita ossea e muscolare. Questi dati sono fondamentali per valutare i
rischi sanitari delle missioni spaziali di lunga durata. Effetti immediati del ritorno alla gravità terrestre Al ritorno, gli astronauti sperimentano
vertigini,
perdita di equilibrio e una
forte debolezza muscolare, poiché nello spazio
non utilizzano i muscoli e le ossa come sulla Terra. Anche con programmi di esercizio intensivo, il corpo non riesce a compensare del tutto gli effetti della microgravità. La
pressione intracranica aumenta, influenzando
vista, cuore e capacità cognitive. Inoltre, la
pelle si irrita facilmente, e il
sistema immunitario mostra segni di
forte stress, con
riattivazioni virali come l’
herpes simplex osservate in oltre la metà degli astronauti rientrati. Tali reazioni indicano una perturbazione profonda dell’equilibrio immunologico. Conseguenze a lungo termine delle missioni spaziali Le missioni prolungate comportano
rischi significativi a lungo termine:
danni ai mitocondri,
stress immunitario,
alterazioni vascolari e
mutazioni del DNA legate all’
esposizione alle radiazioni cosmiche, anche in
orbita bassa terrestre. Bailey evidenzia che alcune forme di
leucemia possono svilupparsi entro 3-5 anni a causa dell’esposizione. I
telomeri, marker biologici dell’invecchiamento, risultano particolarmente colpiti: si allungano durante il volo per poi
accorciarsi rapidamente dopo il rientro, fenomeno che suggerisce un
invecchiamento accelerato. Tali osservazioni sono alla base del programma
CIPHER della NASA, che studia la risposta del corpo umano alle missioni prolungate nello spazio. Lo spazio come laboratorio per l’invecchiamento accelerato La combinazione di
dieta limitata,
esercizio fisico controllato,
stress ossidativo,
isolamento e
radiazioni rende lo spazio un perfetto laboratorio per modellare lo studio dell’
invecchiamento precoce. Questi fattori colpiscono direttamente la
lunghezza dei telomeri, accelerando condizioni legate all’età come
malattie cardiovascolari e
neurodegenerative. Una nuova sfida: la riabilitazione sulla Terra Il reinserimento sulla Terra non riguarda solo il recupero fisico, ma anche il
ritorno alla vita quotidiana. Gli astronauti ritrovano il piacere di
una doccia calda, il contatto con le
persone care e i
rituali della vita umana. Tuttavia, la loro sorveglianza medica continua per
tutta la vita, poiché le implicazioni a lungo termine sono ancora
parzialmente sconosciute. Gli effetti dei voli spaziali sono oggi raccolti nello
Space Omics and Medical Atlas (SOMA), che documenta le ricerche più avanzate sugli effetti del volo spaziale sul corpo umano. Con la
crescente diffusione dei voli commerciali, sarà fondamentale comprendere come reagiranno allo spazio persone non addestrate, un campo ancora tutto da esplorare.
Come gli astronauti si riabituano alla vita sulla Terra dopo lo spazio