Imprese italiane, aumentano i fallimenti: sono oltre 9 mila nel 2024

C’è un dato che racconta bene la fragilità del tessuto imprenditoriale italiano nel 2024: il numero di aziende fallite ha superato quota 9 mila, con un incremento del 17,2% rispetto all’anno precedente. Un aumento netto rispetto al già preoccupante +9,8% registrato nel 2023. A rilevarlo è l’Osservatorio Procedure e Liquidazioni di Cerved, che segnala una […] The post Imprese italiane, aumentano i fallimenti: sono oltre 9 mila nel 2024 appeared first on L'INDIPENDENTE.

Apr 22, 2025 - 15:51
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Imprese italiane, aumentano i fallimenti: sono oltre 9 mila nel 2024

C’è un dato che racconta bene la fragilità del tessuto imprenditoriale italiano nel 2024: il numero di aziende fallite ha superato quota 9 mila, con un incremento del 17,2% rispetto all’anno precedente. Un aumento netto rispetto al già preoccupante +9,8% registrato nel 2023. A rilevarlo è l’Osservatorio Procedure e Liquidazioni di Cerved, che segnala una decisa inversione di tendenza dopo anni di calo, culminati con la moratoria sui prestiti del 2020. Il dato restituisce l’immagine di un’economia che, tra inflazione, costi energetici alle stelle e congiuntura sfavorevole, fatica a reggere l’urto del nuovo contesto post-pandemico e post-bonus.

Nel dettaglio, come attestato dal report, i casi di fallimento sono passati da 7.848 nel 2023 a 9.194 nel 2024. A pagarne le conseguenze maggiori sono le aree tradizionalmente più produttive del Paese, in particolare il Nord-Ovest, che da solo rappresenta il 30% delle procedure (2.803 casi), con la Lombardia in cima alla classifica regionale. Seguono il Centro (2.232 casi, 24,3%), il Sud (1.748, 19%), il Nord-Est (1.615, 17,6%) e le Isole (796, 8,7%). La fotografia settoriale conferma che a soffrire maggiormente sono le società di capitali, protagoniste dell’82% dei fallimenti, mentre le ditte individuali e le società di persone rappresentano rispettivamente il 10% e l’8,4%. Tra i comparti più colpiti emergono i servizi (35% dei casi), seguiti da distribuzione (21,2%), costruzioni (18,7%) e industria (12,6%). L’analisi più approfondita dei settori evidenzia situazioni critiche in comparti specifici. Le costruzioni registrano un’impennata del +25,7%, l’industria del +21,2%. Tra i settori industriali, i più colpiti sono quello dei metalli (+48,4%) e il sistema moda (+41,1%), seguiti da elettrotecnica e informatica (+33,3%) e sistema casa (+22,9%). Dall’altro lato, settori come largo consumo (-6,5%), chimica e farmaceutica (-9,1%) si confermano più resilienti, evidenziando una tendenza opposta.

Un elemento particolarmente allarmante è l’età delle imprese colpite. Le realtà più giovani, ossia quelle nate da meno di cinque anni, rappresentano oggi il 12% dei fallimenti totali, a fronte del 2% nel 2022. Anche le aziende con un’età compresa tra i cinque e i dieci anni risultano più vulnerabili (28% nel 2024 contro il 25% nel 2022), segno che le imprese meno strutturate stanno accusando pesantemente gli shock degli ultimi anni. Le cause principali che hanno determinato questo peggioramento sono molteplici, ma ruotano attorno ad alcuni fattori chiave: l’aumento vertiginoso dei costi di produzione, in primis quelli energetici, il caro debiti, con oneri finanziari sempre più difficili da sostenere, e la generale debolezza del contesto economico, che ha visto un peggioramento nel corso del 2024.

Il fenomeno non si limita ai soli fallimenti. Crescono infatti anche tutte le altre modalità di uscita dal mercato. Le liquidazioni volontarie, ad esempio, sono passate da 106.155 a 119.597 in un solo anno, con un incremento del +12,7% (dopo il +11,9% del 2023). Boom anche per le nuove procedure introdotte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, come i procedimenti unitari e le misure cautelari e protettive, pensate per anticipare le crisi aziendali. Solo queste ultime sono passate da 1.177 nel 2022 a 4.389 nel 2024, con una crescita del +37,4% nell’ultimo anno. Secondo Serenella Monforte, responsabile delle analisi settoriali di Cerved, «le difficoltà dell’ultimo periodo hanno scoraggiato il proseguimento dell’attività per molte imprese, in particolare per le società di capitali». Il nuovo Codice ha spinto molte aziende a utilizzare i nuovi strumenti di prevenzione della crisi, ma non sempre con esiti positivi.

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