Come avere lo stipendio più alto riducendo le tasse legalmente
È possibile ridurre legalmente le tasse in busta paga: con alcuni accorgimenti si può riuscire a ricevere lo stipendio più alto grazie ad alcune preziose agevolazioni

Ogni mese i dipendenti si vedono trattenere una parte della busta paga dal datore di lavoro. Gli importi che l’azienda presso la quale si lavora non versa al lavoratore sono relativi alle ritenute inerenti alle imposte sui redditi che è necessario effettuare periodicamente, a cui si vanno ad aggiungere le trattenute previdenziali, che serviranno, in futuro, per erogare la pensione.
L’operazione che viene effettuata è molto semplice: il datore di lavoro trattiene parte dello stipendio dalla busta paga e, in qualità di sostituto d’imposta, effettua i versamenti per nome e per conto del dipendente.
Le imposte e le tasse che vengono trattenute dal datore di lavoro sono regolamentate dalla legge. Ma è possibile, in alcuni casi, risparmiare un po’ e vedersi, di conseguenza, versare uno stipendio leggermente più alto.
Quali sono le tasse che si pagano in busta paga
Prima di soffermarci sulle possibilità di risparmiare sulle tasse versate periodicamente, vediamo quali sono quelle che vengono pagate direttamente in busta paga. Tra gli importi che vengono pagati è bene ricordare che i lavoratori dipendenti devono versare i contributi previdenziali all’Inps, che servono per far maturare la pensione.
Ogni mese, quindi, vengono effettuate delle trattenute, che possiamo sintetizzare come segue:
- i contributi previdenziali Inps, che sono a carico del lavoratore;
- l’Irpef;
- l’addizionale Irpef regionale e comunale;
- i contributi Inail.
Come funziona l’Irpef e le relative addizionali
Una delle principali tassazioni che gravano sulle persone fisiche, nel nostro paese, è l’Irpef. Viene applicata in diverse percentuali, a seconda dei redditi che il singolo contribuente percepisce nel corso dell’anno. A partire dal 2024 sono state introdotte alcune novità che riguardano questa tassa, portando il sistema da 4 a 3 aliquote, ognuna delle quali si riferisce ad un tipo diverso di reddito. Quelle in vigore ad oggi sono le seguenti:
- con un reddito fino a 28.000 euro, aliquota del 23%;
- da 28.000 a 50.000 euro, 35%;
- oltre 50.000 euro, 43%.
Cosa significa tutto questo? Molto semplicemente che, in base allo scaglione di reddito a cui appartiene il singolo lavoratore, il sostituto d’imposta per suo conto dovrà versare una certa somma di denaro. Questo è il motivo per il quale la busta paga è composta da un lordo, che differisce dallo stipendio netto che viene realmente percepito, dal quale vengono sottratte le tasse e i contributi previdenziali.
A livello locale, inoltre, le Regioni e i Comuni, possono introdurre delle addizionali comunali e regionali all’Irpef. Questo significa che in base al Comune di residenza il lavoratore dovrà versare delle imposte differenti in base a quanto è stato deliberato dall’amministrazione comunale e da quella regionale.
Come funzionano le trattenute previdenziali
I contributi previdenziali che il contribuente deve versare all’Inps vengono calcolati nello stesso modo: viene applicata un’aliquota sull’imponibile lordo. In questo caso una parte di quanto deve essere versato è a carico del datore del lavoro, mentre l’altra spetta al contribuente.
In questo caso le trattenute variano a seconda della categoria a cui appartiene il singolo lavoratore: generalmente si passa da un massimo del 9,49% a un minimo del 5,84%.
Come si fa a pagare meno tasse
È possibile ridurre le tasse che gravano direttamente sulla busta paga? Sì, ed è una soluzione perfettamente legale. Il contribuente deve chiedere l’accesso alle detrazioni fiscali sull’Irpef: per farlo è necessario presentare la dichiarazione dei redditi – attraverso il Modello 730/2025 o il Modello Redditi PF, dove devono essere indicati tutti i compensi percepiti nel corso del 2024.
Ricordiamo che la documentazione può essere presentata telematicamente attraverso il portale dell’Agenzia delle Entrate o appoggiandosi ad un Caf o ad un intermediario abilitato.
A quanto ammontano le detrazioni per i lavoratori dipendenti
A determinare le regole e a quanto ammontino le detrazioni che spettano è l’articolo 13 del TUIR. Stiamo parlando di cifre che non vanno a ridurre la base imponibile che viene utilizzata per effettuare il calcolo dell’Irpef, ma si sottraggono direttamente dal tributo che deve essere versato all’Agenzia delle Entrate e che viene trattenuto direttamente dalla busta paga.
Il Dlgs 216/23 ha introdotto alcune importanti modifiche alle regole relative alle detrazioni fiscali, prevedendo che queste siano inversamente proporzionali al reddito che viene percepito dai contribuenti fino ad un importo pari a 50.000 euro. Oltre questa cifra non sono previste delle detrazioni.
Le detrazioni previste sono le seguenti:
- per quanti hanno un reddito inferiore a 15.000 euro, la detrazione massima è pari a 1.955 euro, non può essere inferiore a 690 euro, che sale a 1.380 euro nel caso in cui ci siano dei rapporti a tempo determinato o quando, nel corso dello stesso anno, siano presenti più rapporti a tempo determinato e indeterminato;
- per quanti hanno un reddito compreso tra 15.000 e 28.000 euro, la detrazione è pari a 1.910 + 1.190 * (28.000 – reddito complessivo) / 13.000;
- per chi ha un reddito compreso tra 28.000 e 50.000 euro, 1.910 * (50.000 – reddito complessivo) / 22.000;
- nel caso in cui il reddito risulti essere superiore a 50.000 euro, non è prevista alcuna detrazione.
Il reddito deve sempre essere calcolato al netto dell’abitazione principale e delle relative pertinenze.
Deve essere aumentato di 65 euro l’importo della detrazione nel caso in cui il reddito complessivo sia compreso tra 25.000 e 35.000 euro.
Quali sono i soggetti beneficiari dell’agevolazione
È possibile accedere alle detrazioni fiscali nel caso in cui, nel corso del 2024, il contribuente abbia percepito i seguenti redditi:
- da lavoro dipendente;
- compensi percepiti dai lavoratori soci di cooperative, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 21%;
- indennità e compensi che sono stati percepiti a carico di terzi dai dipendenti, purché i compensi siano svolti mentre si svolgeva questa attività;
- somme percepite a titolo di borsa di studio, assegno o premio erogato per lo studio o l’addestramento professionale;
- remunerazioni dei sacerdoti;
- importi percepiti, anche quando sono arrivati sotto forma di erogazioni liberali, nel momento in cui vengono effettuati dei lavori di amministratore, sindaco o revisore di società;
- importi ricevuti attraverso l’assegno previdenziale.