Codice Ateco per prostituzione ed escort, c’è un conflitto legale
Spiazza la scelta di aggiornare il codice Ateco con attività di prostituzione e escort. Gli elementi di discussione sull'identificazione fiscale delle attività, le sentenze del passato e cosa dice la legge a riguardo

Anche le attività di prostituzione e accompagnamento, come quelle svolte da escort, sono state incluse nella classificazione delle attività economiche prevista dai nuovi codici Ateco 2025. Il nuovo sistema, elaborato dall’Istat, è entrato in vigore a gennaio ed è operativo dal 1° aprile. All’interno della nuova classificazione compare il codice 96.99.92, associato ai “Servizi di incontro ed eventi simili“. Questa categoria comprende diverse attività collegate alla vita sociale, tra cui le agenzie matrimoniali, i servizi di accompagnamento, la fornitura o organizzazione di servizi sessuali, l’organizzazione di eventi di prostituzione e la gestione di locali in cui si pratica la prostituzione. Vengono incluse anche le attività di speed networking.
Prostituzione e escort, il codice Ateco riconosciuto
Il codice Ateco rappresenta un sistema utilizzato per identificare le attività economiche delle imprese e dei lavoratori autonomi, ai fini fiscali e statistici. L’inserimento del codice 96.99.92 riconosce ufficialmente l’esistenza, a livello economico, delle prestazioni legate al sesso a pagamento.
In Italia, la prostituzione non costituisce reato. È vietato, invece, ogni comportamento riconducibile allo sfruttamento della prostituzione altrui. Lo chiarisce la legge 20 febbraio 1958 n. 75, nota come Legge Merlin, che ha abolito le case di tolleranza e vietato l’organizzazione, la gestione e il favoreggiamento di tali attività.
Secondo l’articolo 3 della Legge Merlin, è punito con la reclusione da due a sei anni e con una multa chi “abbia la proprietà o l’esercizio di una casa di prostituzione”, o chi “la controlli, diriga, amministri o partecipi a tali attività”. Sono vietati anche la locazione di immobili per l’esercizio della prostituzione, il reclutamento e l’induzione alla prostituzione, così come ogni forma di agevolazione.
La sentenza che dà validità al Codice Ateco
Negli ultimi anni, varie sentenze, anche della Corte di Cassazione, hanno stabilito che chi si prostituisce, se lo fa in maniera autonoma e volontaria, deve essere considerato un lavoratore autonomo e tenuto, quindi, al pagamento delle imposte. Una sentenza della sezione tributaria della Corte di Cassazione del 2016 ha chiarito che i proventi dell’attività di prostituzione non devono essere qualificati quali «redditi di impresa», ma come «redditi diversi derivanti dall’attività di lavoro autonomo non esercitata abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare».
L’introduzione di un codice Ateco dedicato semplifica l’apertura della partita IVA da parte di chi esercita l’attività in modo indipendente. Resta però aperto il nodo giuridico relativo ad alcune delle attività incluse nel codice 96.99.92, come l’organizzazione di eventi di prostituzione o la gestione di locali destinati a tale scopo. Queste attività potrebbero entrare in conflitto con le norme penali ancora vigenti, che le configurano come reati legati allo sfruttamento della prostituzione.
La classificazione dell’Istat, quindi, ha una funzione fiscale e statistica, ma non modifica di per sé la legalità delle attività incluse. Per questo motivo, il nuovo codice Ateco potrebbe sollevare questioni interpretative e applicative, specie nei casi in cui l’attività sfoci in comportamenti penalmente rilevanti.
L’avvocata Maddalena Claudia Del Re ha commentato all’Ansa la notizia spiegando che da molti anni si discute su una riforma delle norme in materia di prostituzione. Sottolinea però che “al momento è vietata qualunque forma di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. Il reato è punito con la reclusione fino a sei anni e con la multa fino a 10.329 euro. Le autorità competenti dovranno quindi porre attenzione a non vietare, da un lato, le forme organizzate di prostituzione e, dall’altro, dargli una legittimità amministrativa“.