Chiara Iezzi: “La Puglia? Un poema visivo”
Prima era una viaggiatrice compulsiva, Chiara Iezzi. Oggi è il cinema a offrirle il lusso supremo dell’esplorazione: «Perché sperimenti altre vite, altre esperienze, talvolta senza nemmeno lasciare Milano. Insomma, riesci a vagabondare ogni volta con occhi diversi». Dopo 11 dischi incisi con la sorella Paola ora Chiara, a 52 anni, riceve premi cinematografici (il Filming Italy Venice L'articolo Chiara Iezzi: “La Puglia? Un poema visivo” sembra essere il primo su Dove Viaggi.

Prima era una viaggiatrice compulsiva, Chiara Iezzi. Oggi è il cinema a offrirle il lusso supremo dell’esplorazione: «Perché sperimenti altre vite, altre esperienze, talvolta senza nemmeno lasciare Milano. Insomma, riesci a vagabondare ogni volta con occhi diversi». Dopo 11 dischi incisi con la sorella Paola ora Chiara, a 52 anni, riceve premi cinematografici (il Filming Italy Venice Award per Mare Fuori dov’era la madre di Crazy J), frequenta Hollywood (Andy García in Under the stars e Brad Pitt in Babylon) e ora arriva L’ultima sfida, il film con Gilles Rocca, Michela Quattrociocche, Vincenzo De Michele, Giacomo Bottoni. Mamma anche in quest’ultimo lavoro di Antonio Silvestre (lo era già stata nella serie tivù Disney Alex & Co), si definisce una sognatrice ostinata.
Primo consiglio da icona pop. Come si fa la valigia perfetta?
«Negli anni ho sviluppato un sistema quasi scientifico. Prima detestavo fare le valigie e quando arrivavo negli hotel neanche le disfavo. Poi ho rivoluzionato il mio approccio e ora ho un’intera collezione di valigie già pronte, anche quando non ho viaggi all’orizzonte».
Una specie di installazione artistica domestica?
«Più o meno. Ho trolley di diverse dimensioni: uno con capi invernali, uno con l’essenziale per climi mediterranei e duplicati di set di makeup per casa, uno specifico per i viaggi, l’essenziale per arrivare ovunque con ciabattine, t-shirt bianche, pigiami. A cinquant’anni ho finalmente trovato il mio metodo Zen per viaggiare»
Il suo percorso dalla musica al cinema è stato una gran bella avventura. Com’è iniziata?
«Recitare era un sogno che avevo fin da ragazzina, poi il successo con Paola è stato talmente forte che l’ho lasciato in stand by. Però io a 13 anni già collezionavo locandine di film e adoravo andare al cinema anche da sola perché guardando certe storie sul grande schermo mi sentivo compresa. E al liceo il mio idolo era il professore di italiano che era uno scrittore e anche un attore di teatro. Mi ha molto ispirato».
C’è stato un film che le ha fatto desiderare di fare l’attrice?
«Roxanne, una commedia romantica con Steve Martin e Daryl Hannah. Era una rivisitazione in chiave moderna del Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand. È stata la prima volta che ho pensato seriamente a quanto sarebbe stato bello fare l’attrice, vivere altre vite, sentirmi diversa da come sono».
Esiste un luogo, un set che l’ha sorpresa, che l’ha fatta sentire istantaneamente a casa?
«Ogni set è una dimensione parallela dove mi sento straordinariamente a mio agio. È una sensazione quasi trascendentale di appartenenza. Ma se dovessi scegliere un luogo fisico, allora direi le strade di Lecce. Durante le riprese di Under the Stars con Andy García, mi sono innamorata di questa città. C’è qualcosa di magico nella luce che filtra attraverso la pietra leccese al tramonto. Le masserie sono trasformate in templi di quiete tanto che in un una di queste, io che neanche cucino, ho interpretato il ruolo di chef e ho imparato perfino a tagliare la pasta fatta a mano».

La Puglia sembra averla conquistata.
«La Puglia è un poema visivo, un luogo dove il tempo ha una dimensione diversa. Per L’ultima sfida, girato tra Bisceglie e Trani, abbiamo utilizzato la regione come sfondo atemporale. Ma con Andy García, la Puglia è diventata protagonista: le case secolari, l’aria impregnata di ulivi e mare, tutto è entrato nella narrazione».
Cambiamo continente. A Los Angeles ha vissuto un anno. Com’è andata?
«Los Angeles è una città di contraddizioni affascinanti. Ho abitato a Miracle Mile, non nel glamour di West Hollywood o nell’eccentricità di Venice Beach. Vivevo a pochi isolati dal quartier generale SAG-AFTRA (in sindacato degli attori e dei lavoratori delllo spettacolo, n.d.r.) e prima ho studiato recitazione, poi ho cominciato a fare audizioni. Mi muovevo con Uber».
Ha visitato la California?
«No, ero lì per lavoro e, in ogni caso, a L.A. la vita accade in interni, cioè case, ristoranti, studi. Non è Roma o New York dove cammini e la città ti parla. Poi, se fai l’attrice, i casting arrivano con messaggi improvvisi sul cellulare e non puoi permetterti di essere a Venice quando ti chiamano a Studio City».
E ha ottenuto una parte?
«Ho accettato anche piccoli ruoli perché se sei un attore straniero e di una certa età come me ti servono almeno tre film e tre rispettivi “voucher” per entrare nel circolo dei professionisti Sag. Quindi ho fatto anche la comparsa in Babylon di Damien Chazelle e stare sullo stesso set di Brad Pitt e Margot Robbie mi ha fatto una certa impressione oltre a rendermi molto felice».
Questi viaggi artistici così diversi tra loro l’hanno cambiata?
«Nella mia vita sono sempre stata troppo empatica e, per istinto, ho sempre cercato di rendere felici gli altri, rischiando di perdere me stessa. Ma quando mi sono concessa del tempo per me ho cominciato finalmente a centrarmi. Adesso comprendo la felicità e me la godo anche nelle piccole cose senza pensare che devo avere per forza successo».
Il viaggio che sogna?
«Intanto, l’Alaska: chissà com’è. Ma il vero “viaggio” che mi faccio mentalmente da un po’ di tempo è quello di partecipare a un film d’autore italiano, politico o drammatico, non importa. Sono pronta a partire».
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