Cessione di un credito eventuale e difetto di legittimazione attiva
Il cessionario di un credito eventuale può far valere in giudizio vizi inerenti il titolo? A questa domanda ha dato risposta negativa la Corte d’Appello di Milano. Nel caso in esame, l’appellante censurava la sentenza di primo grado, nella parte in cui il giudice aveva affermato il suo difetto di legittimazione attiva, in quanto cessionario […] L'articolo Cessione di un credito eventuale e difetto di legittimazione attiva proviene da Iusletter.

Il cessionario di un credito eventuale può far valere in giudizio vizi inerenti il titolo? A questa domanda ha dato risposta negativa la Corte d’Appello di Milano.
Nel caso in esame, l’appellante censurava la sentenza di primo grado, nella parte in cui il giudice aveva affermato il suo difetto di legittimazione attiva, in quanto cessionario di un credito futuro e non del contratto di conto corrente stipulato dal cedente con la Banca convenuta.
La Corte milanese ha, però, confermato la decisione impugnata, proprio in ragione del fatto che le domande avanzate da parte appellante attenevano al contratto di conto corrente stipulato tra la società cedente e l’istituto di credito, rispetto al quale il cessionario risultava estraneo.
A quest’ultimo, infatti, era stato ceduto solo il credito vantato nei confronti della Banca, oggetto di un giudizio pendente presso altro Tribunale, che però era stato estinto a seguito di interruzione e mancata riassunzione nel termine di legge, tanto è vero che il cessionario si era visto costretto ad incardinare una nuova causa avanti al Tribunale di Milano, facendo così valere una situazione soggettiva di cui non poteva reputarsi titolare.
“Secondo, difatti, la posizione assunta dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass Civ. 16383/2006), al cessionario è consentito esperire tutte le azioni dirette ad ottenere la realizzazione del credito. Maggiori questioni si pongono invece con riguardo a quelle azioni (di nullità, annullamento, rescissione e risoluzione) che afferiscono alla fonte del credito.
Per la giurisprudenza prevalente, difatti, tali azioni non si trasferiscono dal cedente al cessionario, sull’assunto che “in tema di cessione del credito, la previsione dell’art. 1263 c.c., comma 1 in base al quale il credito è trasferito al cessionario, oltre che i privilegi e le garanzie reali e personali anche con gli altri accessori, deve essere intesa nel senso che nell’oggetto della cessione rientri ogni situazione giuridica direttamente collegata con il diritto di credito stesso, “ivi compresi tutti i poteri del creditore relativi alla tutela del credito”. (Cass. 15.9.1999 n. 9823). Pertanto, nella nozione di “accessori” di cui all’art. 1263 c.c., comma 1 rientrano sicuramente le azioni giudiziarie a tutela del credito, ad esempio l’azione di adempimento dell’obbligazione ceduta. (…) Infatti questa Corte ha affermato che mentre la cessione del contratto opera il trasferimento dal cedente al cessionario, con il consenso dell’altro contraente, dell’intera posizione contrattuale, con tutti i diritti e gli obblighi ad essa relativi, la cessione del credito ha un effetto più circoscritto, in quanto è limitata al solo diritto di credito derivato al cedente da un precedente contratto e produce, inoltre, rispetto a tale diritto, uno sdoppiamento fra la titolarità di esso, che resta all’originario creditore-cedente, e l’esercizio, che è trasferito al cessionario. Dei diritti derivanti dal contratto, costui acquista soltanto quelli rivolti alla realizzazione del credito ceduto, e cioè – come sopra esposto – le garanzie reali e personali, i vari accessori e le azioni dirette all’adempimento della prestazione. Al contrario, “non gli sono, invece, trasferite le azioni inerenti alla essenza del precedente contratto, poichè esse afferiscono alla titolarità del negozio, che continua ad appartenere al cedente anche dopo la cessione del credito” (Cass. Sez. 3 n. 776 del 28 aprile 1967)” (cfr. Cass Civ. Sez. III, 13.2.2013 n. 6422, ma anche, più di recente, Cass. 6 luglio 2018 n. 17727)”.
Pertanto, secondo la Corte d’Appello, nella cessione del credito devono ritenersi comprese tutte le azioni dirette alla soddisfazione del credito medesimo, mentre devono reputarsi estranee tutte le altre azioni, che rimangono in capo al titolare del rapporto, ossia al cedente. Ciò, in quanto deve essere valorizzata la differenza tra cessione del contratto e cessione del credito, così come elaborata dalla giurisprudenza.
Peraltro, nel caso di specie, occorreva anche considerare che l’esistenza della pretesa creditoria era solo oggetto di un eventuale accertamento futuro e, dunque, era incerta e tale circostanza non poteva ritenersi superata dall’asserito diritto alla ripetizione dell’indebito, perché quest’ultimo postulava il previo accertamento di nullità contrattuali da parte di un soggetto non legittimato.
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