Bombardare un asteroide: salvezza o disastro per la Terra?
Quando un asteroide di grandi dimensioni si dirige verso la Terra, l’intera umanità si trova di fronte a un dilemma esistenziale. La possibilità di una collisione catastrofica con un corpo celeste largo centinaia di metri o addirittura chilometri non è pura fantascienza. È già successo nel passato geologico del nostro pianeta, e gli scienziati sanno […] Bombardare un asteroide: salvezza o disastro per la Terra?

Quando un asteroide di grandi dimensioni si dirige verso la Terra, l’intera umanità si trova di fronte a un dilemma esistenziale. La possibilità di una collisione catastrofica con un corpo celeste largo centinaia di metri o addirittura chilometri non è pura fantascienza. È già successo nel passato geologico del nostro pianeta, e gli scienziati sanno bene che potrebbe accadere ancora. Ma cosa succederebbe se decidessimo di bombardarlo?
L’idea di colpire un asteroide con una bomba, magari addirittura nucleare, nasce dalla disperazione e dalla speranza. Sembra logico pensare che una forte esplosione possa frantumare l’asteroide in mille pezzi, annullando la minaccia. Ma la realtà, nello Spazio, è ben più complessa.
Una detonazione nucleare nello spazio aperto è profondamente diversa da una sulla superficie terrestre. Sulla Terra, l’onda d’urto dell’esplosione si propaga attraverso l’aria, con effetti devastanti. Nel vuoto spaziale, invece, non esiste un mezzo che possa veicolare l’onda d’urto. L’energia della bomba si disperde sotto forma di radiazioni, calore e particelle ad alta velocità, ma non produce la classica “spinta” distruttiva che conosciamo sul nostro pianeta.
Per questo motivo, un’esplosione nello spazio non distrugge un asteroide come ci si aspetterebbe. Al massimo, può vaporizzare una parte della sua superficie o, in alcuni casi, modificarne leggermente la traiettoria. Tuttavia, se la bomba esplode abbastanza vicino e con sufficiente potenza, potrebbe causare un’esplosione asimmetrica, generando un impulso direzionale che spinge l’asteroide su una traiettoria diversa. In questo caso, non lo si distruggerebbe, ma lo si devia. Ed è proprio questa la strategia più discussa e studiata negli ambienti scientifici.
Tuttavia, frantumare completamente un asteroide con un’arma nucleare potrebbe risultare più pericoloso che lasciarlo intatto. Se l’esplosione generasse centinaia o migliaia di frammenti, molti di essi potrebbero continuare a seguire una traiettoria pericolosa verso la Terra, ma con una distribuzione più ampia e quindi imprevedibile. Invece di un unico impatto, potremmo trovarci a fronteggiare una pioggia di meteoriti capaci di devastare intere aree geografiche, come la California, il Sud America o l’Asia centrale.
Le simulazioni effettuate da varie agenzie, tra cui NASA ed ESA, indicano che la deviazione di rotta è una scelta più sicura rispetto alla distruzione completa. Nel 2022, ad esempio, la missione DART ha colpito con successo l’asteroide Dimorphos, alterandone l’orbita. In quel caso non si è trattato di un’esplosione, ma di un impatto cinetico controllato, che ha dimostrato come la tecnologia moderna possa influire sul movimento di un corpo celeste.
C’è poi un altro aspetto da considerare: la composizione dell’asteroide. Se è formato da roccia compatta, sarà molto più difficile da distruggere rispetto a un oggetto poroso o frammentato. Alcuni asteroidi, detti “rubble pile”, sono aggregati di rocce tenuti insieme solo dalla gravità. In questi casi, anche un’esplosione potrebbe disperderli temporaneamente, ma non eliminare la minaccia.
Infine, dobbiamo tenere conto del tempo. Più presto rileviamo l’asteroide in rotta di collisione, maggiore sarà la possibilità di deviarlo senza dover ricorrere a misure estreme. Una bomba nucleare rappresenta una sorta di ultima risorsa, da utilizzare solo in assenza di alternative e con la consapevolezza dei rischi.
Bombardare un asteroide, quindi, non è una soluzione semplice. Potrebbe salvare miliardi di vite, oppure trasformare un disastro annunciato in una catastrofe globale ancora più incontrollabile. E oggi, in questo Marzo 2025, la scienza continua a lavorare per capire quale sia il modo più sicuro per difendere la Terra dal cielo.