Bonificare i percorsi classici dello skialp? Pro e contro
Le recenti tragedie hanno alimentato il dibattito sulla possibilità di mettere in sicurezza i percorsi più classici degli scialpinisti, come accade per le piste battute. A nostro avviso non è una buona idea. Ecco perché L'articolo Bonificare i percorsi classici dello skialp? Pro e contro proviene da Montagna.TV.

Quando si scia in pista, capita di vedere dei grossi tubi grigi che sembrano sbucare direttamente dal fianco della montagna Sono i gazex, degli esploditori all’interno dei quali si innescano delle detonazioni di una miscela di ossigeno e propano. Con la loro deflagrazione creano un’onda d’urto che permette di bonificare i pendii particolarmente carichi di neve. Tutti i comprensori sciistici, ormai, utilizzano questo metodo per innescare valanghe artificiali quando le piste sono chiuse e garantire così la sicurezza degli sciatori a piste aperte.
Un altro metodo per provocare dei distacchi controllati è quello della daisy bell, una campana pieno di miscela di idrogeno e ossigeno che viene elitrasportata nelle zone da bonificare. Un metodo particolarmente utile per zone impervie e difficili da raggiungere con un impianto permanente.
Ma se nei comprensori sciistici i distacchi controllati sono all’ordine del giorno, perché non pensare a un sistema simile per alcuni itinerari di scialpinismo? Questo quesito apre a una lunghissima riflessione, che alpinisti, guide alpine e responsabili della sicurezza portano avanti da anni. Un tema delicatissimo che tira in ballo tanti settori diversi, da quello giuridico a quello più ideologico. Qualche pro c’è, ma i contro sono tanti.
I pro della bonifica artificiale
Maggiore sicurezza: l’idea di bonificare alcuni itinerari, magari molto frequentati dagli scialpinisti, potrebbe ridurre il rischio di incidenti. La bonifica tramite daisy bell, a volte, avviene già in certe zone battute dall’heliski. In certe situazioni può succedere che la guida alpina di concerto con il personale dell’elicottero decida di bonificare una zona specifica. Questo, però, avviene in situazioni molto circoscritte, dopo un’attenta valutazione da parte di un gruppo di professionisti che innanzitutto si occupa di realizzare dei rilievi stratigrafici e un test del manto nevoso.
Maggiore accessibilità: probabilmente una bonifica mirata aprirebbe aree più ampie e meno pericolose al pubblico di scialpinisti, permettendo anche a chi ha poca esperienza di praticare lo scialpinismo con maggiore tranquillità.
I contro della bonifica artificiale
Risvolti legali: chi si prende la responsabilità di gestire un’attività del genere? La gestione legale di un incidente che coinvolgesse scialpinisti in un’area bonificata potrebbe sollevare problematiche di responsabilità difficili da gestire, soprattutto in assenza di un sistema giuridico chiaro e definito. In un contesto come quello di un comprensorio sciistico ci sono dei ruoli ben precisi (direttore, piste, direttore della sicurezza, vari addetti) che hanno la responsabilità delle scelte di bonifica o meno. Tuttavia, queste persone fanno parte di un’organizzazione ben definita e codificata. Per bonificare zone in montagna aperta bisognerebbe riprodurre un sistema simile, ma anche così i rischi legali e di responsabilità sarebbero altissimi. Inoltre, gli alti costi e la complessità organizzativa potrebbero limitare l’applicabilità di questa soluzione su larga scala.
Perdita di responsabilità individuale: la montagna è un luogo di auto-responsabilità, e il rischio fa parte della sua bellezza. Un intervento artificiale rischia di spostare l’attenzione dalla responsabilità individuale del praticante, che deve essere consapevole dei rischi. Se si iniziano a bonificare ampie aree, si potrebbe creare un’illusione di sicurezza che non rispecchia la realtà del rischio in montagna.
Confusione terminologica: a causa di un uso spesso impreciso dei termini, oggi si confondono attività che hanno un diverso grado di rischio e di preparazione. C’è una differenza tra sci alpinismo (che implica l’uso di attrezzature specifiche e un certo livello di esperienza) e sci escursionistico. La bonifica artificiale potrebbe alimentare ancora di più questa confusione, rendendo più difficile distinguere tra chi affronta la montagna con un alto livello di preparazione e chi lo fa senza le necessarie competenze.
Ridurre a norma: fare delle scelte su dove andare a bonificare o meno significa normare la pratica dello scialpinismo. Qui si può sciare perché è stato bonificato, qui no. Tuttavia, lo scialpinismo è una delle espressioni più alte della libertà in montagna. È una pratica silenziosa che non necessita di alcun mezzo se non un paio di sci e delle pelli, e che permette di esplorare vallate, cime e pendii senza nessuna regola, se non quella del rispetto della natura e della sua complessità. Normare un esercizio di libertà ne sradicherebbe il senso. La normazione eccessiva in altri settori della montagna ha già mostrato come, in alcune aree alpinistiche, l’intervento umano possa ridurre l’autonomia dell’individuo. L’introduzione di regolamenti severi e restrizioni sulle ascensioni ha, in molti casi, limitato la possibilità di esplorare in modo autentico e libero. Lo scialpinismo, se sottoposto a regolamenti troppo stringenti, potrebbe seguire la stessa traiettoria, trasformandosi da esperienza personale e libera a un’attività vincolata da regole esterne, perdendo così lo spirito originario che lo rende unico.
La montagna rimane un rifugio libero dalle rigidità del mondo artificiale, controllato e standardizzato. Andar per monti è un esercizio di libertà partigiana a tutto ciò che è normato e incasellato. Vale la pena sacrificare tutto questo per ridurre il rischio? Il rischio va gestito con l’esperienza, la consapevolezza, l’osservazione costante di ciò che accade e a volte anche con la capacità di rinuncia.
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