Base jumper russa morta sul Monte Brento. Il lancio con la tuta alare ma il paracadute non si è aperto
Lo schianto è stato inevitabile perché la base jumper non sarebbe riuscita ad aprire il paracadute. È stato ritrovato poco prima delle 10 il corpo della base jumper russa di 56 anni le cui ricerche erano cominciate ieri sera per il mancato rientro dopo un lancio dal Monte Brento (Trento). La donna è stata trovata […] L'articolo Base jumper russa morta sul Monte Brento. Il lancio con la tuta alare ma il paracadute non si è aperto proviene da Il Fatto Quotidiano.

Lo schianto è stato inevitabile perché la base jumper non sarebbe riuscita ad aprire il paracadute. È stato ritrovato poco prima delle 10 il corpo della base jumper russa di 56 anni le cui ricerche erano cominciate ieri sera per il mancato rientro dopo un lancio dal Monte Brento (Trento). La donna è stata trovata da una squadra di terra del Soccorso Alpino in una zona impervia nel bosco a una quota di circa 700 metri, 180 metri più a valle dell’exit Eagles sul monte Brento, fra la via del Boomerang e lo scudo di Cima alle Coste (Dro). Da una prima ricostruzione è probabile che la base jumper non sia riuscita ad aprire il paracadute, dopo essersi lanciata con la tuta alare.
La macchina era stata ritrovata nel parcheggio. Le ricerche avevano coinvolto le squadre della Stazione Riva del Garda del Soccorso Alpino e Speleologico che hanno perlustrato la parte alta della montagna, aiutati dalla luce della fotoelettrica dei Vigili del Fuoco che ha illuminato a giorno la parete. Si è alzato in volo anche l’elicottero, con a bordo due tecnici di elisoccorso del Soccorso Alpino e un operatore della Stazione di Riva del Garda, per effettuare un sorvolo sulla zona dell’ipotetica traiettoria di volo, ma senza esito fino al ritrovamento sabato mattina.
Si tratta dell’ennesimo incidente mortale su questa montagna che con la sua parete verticale, che si innalza sopra il fiume Sarca a pochi chilometri dal lago di Garda, negli anni è diventata una mecca per chi pratica questo sport estremo che consiste nel salto da una parete con una tuta alare e un paracadute che però viene aperto solo in un secondo momento.
Base jumper da tutto il mondo apprezzano le caratteristiche della parete rocciosa che offre la possibilità di lanci mozzafiato con svariati secondi di ‘planata’ con la tuta alare. Ma la montagna trentina è conosciuta anche per la scia di sangue che ha lasciato negli anni. Sono infatti decine e decine le vittime. La pratica di questo sport estremo da tempo è al centro di polemiche in Trentino.
Temporaneamente i lanci erano stati vietati, ma il provvedimento fu poi ritirato con l’approvazione di un codice di autoregolamentazione che però non fece calare il numero di incidenti.
Di solito i lanci avvengono in gruppo e i compagni di avventura spesso restano costantemente in contatto via radio e lanciano immediatamente l’allarme quando qualcosa va storto oppure se perdono di vista uno degli amici. Gli incidenti per chi pratica il lancio con la tuta alare spesso sono comunque fatali e ai soccorritori non resta altro che recuperare la salma. Sono rarissimi, invece, i casi di ‘miracolati’he restano impigliati con il paracadute su uno sperone di roccia oppure su un albero e possono essere tratti in salvo vivi
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