Banca d'Italia: sempre più obbligazioni italiane nei fondi aperti

Fondi aperti, cresce la raccolta obbligazionaria, il patrimonio soffre l'effetto performance. Bene FIA e immobiliari. L'andamento del risparmio gestito dal Rapporto sulla stabilità finanziaria di Banca d'Italia. L'articolo Banca d'Italia: sempre più obbligazioni italiane nei fondi aperti proviene da FundsPeople Italia.

Apr 30, 2025 - 07:40
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Banca d'Italia: sempre più obbligazioni italiane nei fondi aperti

Sempre più obbligazioni italiane nei fondi di investimento. L'esposizione dei portafogli a questa asset class ha continuato ad aumentare nella seconda metà del 2024, e oggi i fondi aperti residenti e dell'area euro detengono un terzo di tutte le obbligazioni emesse da società non finanziarie, un quinto di quelle bancarie e un decimo dei titoli di Stato. È quanto emerge dal Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d'Italia, aggiornato alla fine del primo trimestre 2025.

Sono proprio le gestioni obbligazionarie a guidare la raccolta netta dei fondi gestiti da società e gruppi italiani, seguiti dai fondi monetari, mentre i comparti azionari, flessibili e bilanciati continuano a registrare deflussi. Bene i fondi ESG, con una raccolta che torna in territorio positivo, e gli ETF sia azionari sia obbligazionari, grazie alle nuove iniziative lanciate dalle società specializzate italiane. Complessivamente, nonostante la raccolta positiva, il patrimonio in gestione è diminuito lievemente alla fine del primo trimestre del 2025 attestandosi a 643 miliardi di euro, a causa del calo delle quotazioni sui mercati finanziari. E i primi giorni di aprile hanno visto deflussi causati dagli annunci dei dazi da parte di Trump.

Rischio liquidità, gestori promossi con riserva

Il Rapporto sulla stabilità si concentra quindi sul rischio di liquidità del risparmio gestito, con un focus proprio sul reddito fisso. Solo il 2% del patrimonio totale in gestione presso i fondi aperti italiani obbligazionari e misti risulta vulnerabile a scenari di stress o di panico che sarebbero tali da causare picchi estremi nelle richieste di rimborso. Il rischio di liquidità è rimasto "stabile e contenuto" per i fondi non azionari nel periodo compreso tra agosto 2024 e gennaio 2025.

Gestori promossi, quindi, ma con riserva. Nel Rapporto, infatti, la Banca d'Italia sottolinea anche di avere richiesto alle società di gestione di migliorare le pratiche degli stress test e il rigore con cui sono monitorati i rischi in questione. Le ragioni per questa esortazione arrivano dalle rilevazioni precedenti: già nel 2024, infatti, l'istituto centrale aveva notato come alcuni gestori svolgano le prove di stress con frequenza bassa rispetto alle caratteristiche dei fondi; mentre altri non adottano "soglie appropriate per l'attivazione di misure di emergenza o non identificano scenari che potrebbero determinare un rischio di liquidità significativo".

I legami con banche e assicurazioni

L'indagine di Banca d'Italia non rileva fattori di preoccupazione neanche nel ricorso dei fondi aperti ai prestiti o alla leva sintetica, due potenziali cause di rischio quando si guarda alla stabilità del risparmio gestito. I portafogli dei fondi aperti italiani non nascondono brutte sorprese, né per quanto riguarda i moderati livelli di indebitamento verso le banche (la normativa permette infatti ai fondi di assumere prestiti temporaneamente per esigenze di investimento o disinvestimento, entro un tetto del 10% del loro valore complessivo netto), né in termini di leva sintetica tramite derivati, con un rapporto non eccessivo rispetto al patrimonio netto e alla liquidità disponibile.

I legami dei fondi con il mondo bancario sono evidenti invece nei rapporti di proprietà di un settore sempre più concentrato. A fine 2024, il 60% del patrimonio dei fondi italiani era in mano a società di gestione controllate da banche e assicurazioni.

Crescono FIA e immobiliari

In crescita nel 2024 il patrimonio dei fondi di investimento alternativo (FIA) mobiliari, da 50 a 57 miliardi, grazie soprattutto all'espansione dei capitali dedicati al private equity. Banche e fondi pensione si sono schierati in prima linea per gli investimenti nei FIA mobiliari istituiti nel corso dell'anno.

Anche in questo caso i rischi di stabilità per la finanza italiana sono limitati, grazie a una leva finanziaria diretta stabile al 103%, ben al di sotto della media del 122% dell'area euro; e perché il 90% dei FIA mobiliari italiani, come evidenzia il Rapporto di Banca d'Italia, sono costituiti in forma chiusa (come imposto per legge a tutti i fondi che investono più del 20% delle proprie attività in forma illiquida), limitando gli stress collegati a volumi elevati di richieste di rimborso. Appare ridotto il rischio di un effetto domino o contagio, perché i FIA immobiliari investono circa un quinto dei propri attivi in altri fondi, un valore contenuto; le interconnessioni nel settore sono quindi limitate.

Fonte: Rapporto sulla stabilità finanziaria 1/2025, Banca d'Italia

I fondi immobiliari registrano dal canto loro un patrimonio in crescita da 121 a 128 miliardi, con investimenti provenienti principalmente da società non finanziarie e da fondi, italiani ed europei. Come nel caso dei FIA, la stabilità è assicurata dalla preponderanza della forma chiusa (diversamente dalle controparti europee) e da una leva finanziaria ridotta, pari al 131% a dicembre 2024, in linea con i livelli europei. A un rischio più alto è soggetto il 2% del patrimonio totale dei fondi immobiliari che utilizzano una leva finanziaria superiore al 300 per cento.

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