Arrestata dopo un aborto spontaneo: come il divieto di aborto negli USA mette in pericolo tutte le donne
Selena Maria Chandler-Scott, una donna di 24 anni originaria della Georgia, è stata arrestata dopo un aborto spontaneo. I medici l’hanno trovata priva di sensi nel suo appartamento mentre stava avendo un’emorragia e, dopo essere stata portata in ospedale, è stata arrestata con l’accusa di occultamento di cadavere, per aver buttato i resti nella spazzatura. […] The post Arrestata dopo un aborto spontaneo: come il divieto di aborto negli USA mette in pericolo tutte le donne appeared first on The Wom.


Selena Maria Chandler-Scott, una donna di 24 anni originaria della Georgia, è stata arrestata dopo un aborto spontaneo. I medici l’hanno trovata priva di sensi nel suo appartamento mentre stava avendo un’emorragia e, dopo essere stata portata in ospedale, è stata arrestata con l’accusa di occultamento di cadavere, per aver buttato i resti nella spazzatura. Non si conoscono ancora di preciso i dettagli della vicenda, ma la polizia ha detto che non si è trattato di un aborto volontario, come ha confermato l’autopsia. “Cosa si aspettavano che facesse di preciso?”, si chiede la giornalista Jessica Valenti nella sua newsletter Abortion Every Day. “Avrebbe dovuto chiamare la polizia dopo l’aborto? Una camera mortuaria? A quale stadio della gravidanza le donne devono cominciare a segnalare i propri lutti perinatali alle forze dell’ordine?”.
L’aborto negato negli USA
Al momento in Georgia è in vigore il divieto di aborto dopo le sei settimane di gestazione, che non prevede che a essere punita sia la donna, ma il medico che procura l’interruzione di gravidanza. Tuttavia, molte donne che hanno complicazioni durante la gravidanza – non solo nello stato – hanno paura di rivolgersi agli ospedali, perché hanno paura di essere accusate di essersi procurate l’aborto da sole. Da quando infatti la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade, rendendo l’aborto illegale in diversi stati, la maggior parte delle donne che vogliono o devono interrompere la gravidanza lo fa attraverso la pillola abortiva, spedita per posta da stati in cui è ancora permessa. In teoria non ci sono limiti legali a questa procedura, anche se i Repubblicani stanno facendo di tutto per scoraggiarla: hanno provato a denunciare il servizio postale tirando in ballo una legge dell’Ottocento che vieta l’invio di “materiali osceni” per posta, hanno provato a denunciare i medici che inviano le pillole anche se vivono in altri stati e infine hanno provato a far bandire, senza successo, la vendita del mifepristone dalla Corte Suprema.
Tuttavia, il clima di paura e sospetto nelle donne non è ingiustificato. Non solo in molti stati si sta cercando di far passare leggi che equiparano l’aborto all’omicidio (anche laddove l’omicidio è punibile con la pena di morte, un bel paradosso per chi si professa “a favore della vita”), ma non mancano i casi di delazione e monitoraggio dei comportamenti delle donne: la stessa Selena Maria Chandler-Scott sarebbe stata avvisata mentre disponeva dei resti da un suo vicino di casa, che l’ha denunciata. Anche chi si mette in viaggio per andare ad abortire in altri stati rischia la denuncia, con la polizia che incrocia i dati degli spostamenti sul GPS con quelli delle app per il monitoraggio del ciclo mestruale. Intanto, il Missouri propone di creare un registro delle donne incinte “ad alto rischio di aborto”.
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Un divieto che riguarda tutte le donne
Un’iniziativa simile ha un triste precedente nella storia: nel 1965 in Romania il dittatore Nicolae Ceaușescu non solo vietò l’aborto, ma creò un sistema per controllare capillarmente le donne affinché nessuna gravidanza passasse inosservata. In pochi anni, la Romania diventò il Paese con il più alto tasso di mortalità materna in Europa, causato nell’87% dei casi dalle complicanze degli aborti clandestini. Qualcosa di simile sta accadendo anche negli Stati Uniti. Sempre in Georgia si è parlato molto della morte di due donne, Amber Nicole Thurman e Candi Miller, in seguito a un aborto farmacologico. Alla prima sarebbe stato negato un raschiamento in ospedale per oltre venti ore, perché i medici avevano paura di essere incriminati. La seconda in ospedale non ci è nemmeno andata, per non essere arrestata. Il comitato sulla mortalità materna dello stato ha decretato che queste morti erano “evitabili”. Dopo che la notizia dei due decessi è stata divulgata alla stampa, la commissaria per la Salute pubblica della Georgia ha licenziato tutti e trentadue i membri del comitato. In Idaho, il programma di monitoraggio sulle morti in gravidanza è stato addirittura eliminato in via definitiva, poco dopo l’ultima pubblicazione che ha mostrato che la mortalità materna è raddoppiata nel giro di un anno.
C’è infatti un ultimo pezzo del puzzle che riguarda le conseguenze del divieto d’aborto, ed è lo smantellamento delle cure ginecologiche. Negli Stati Uniti, dove la sanità è privata, cliniche come quelle di Planned Parenthood riuscivano a garantire questi servizi in modo gratuito e abbastanza capillare. Tuttavia, non solo molte sono state costrette a chiudere dopo che sono entrati in vigore i vari divieti d’aborto, ma ora quelle rimanenti si vedono tagliare tutti o quasi tutti i fondi a causa del divieto delle iniziative di diversity voluto da Trump, per un ammontare di 35 milioni di dollari congelati. Le cliniche non servivano solo persone intenzionate a porre fine a una gravidanza. E al di là dei servizi, è il personale medico a essere in crisi: come ha rilevato uno studio della Scuola di salute pubblica di Harvard, il 93% dei ginecologi interpellati non ha potuto garantire lo standard di cura adeguato a causa delle leggi sull’aborto. Tra tutte spicca la testimonianza di un medico che aveva prestato servizio al fronte in Iraq. Era più facile lì, spiega. Non aveva mai dovuto chiedere aiuto psicologico prima d’ora.
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