Animali d’affezione e danno esistenziale
Il diritto alla relazione affettiva con l’animale domestico trova, finalmente, tutela costituzionale. Il Tribunale di Prato, con una innovativa sentenza del 25 gennaio 2025, ha segnato un importante punto di svolta nell’evoluzione giurisprudenziale in materia di tutela degli animali d’affezione, discostandosi dall’orientamento restrittivo della Cassazione e riconoscendo la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla […] L'articolo Animali d’affezione e danno esistenziale proviene da Iusletter.

Il diritto alla relazione affettiva con l’animale domestico trova, finalmente, tutela costituzionale.
Il Tribunale di Prato, con una innovativa sentenza del 25 gennaio 2025, ha segnato un importante punto di svolta nell’evoluzione giurisprudenziale in materia di tutela degli animali d’affezione, discostandosi dall’orientamento restrittivo della Cassazione e riconoscendo la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla perdita dell’animale domestico.
La vicenda processuale trae origine dal decesso di una cagnolina di razza samoiedo, affidata dai proprietari a una pensione per cani nell’estate 2021.
Il gestore della struttura, nonostante avesse rilevato evidenti segni di malessere dell’animale, ometteva di prestare le necessarie cure veterinarie, causandone la morte per negligenza.
Il Tribunale ha inquadrato la responsabilità del gestore della pensione sotto un duplice profilo: contrattuale nei confronti della proprietaria, per violazione degli obblighi di custodia derivanti dal contratto di deposito, ed extracontrattuale nei confronti dei familiari.
Come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, il depositario deve utilizzare nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia, rispondendo dei danni in assenza di prova liberatoria.
L’aspetto più innovativo della pronuncia riguarda il riconoscimento del danno non patrimoniale.
Il Tribunale ha espressamente superato l’orientamento restrittivo della Cassazione, richiamando la più recente giurisprudenza di merito (in particolare Trib. Milano n. 3628/2023 e Trib. La Spezia n. 660/2020) che qualifica il rapporto con l’animale d’affezione come espressione di un diritto inviolabile della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, tutelato dall’art. 2059 c.c. in combinato disposto con l’art. 2 Cost.
Il Tribunale ha precisato che il danno non patrimoniale, pur non configurandosi in re ipsa, può essere provato anche mediante presunzioni gravi, precise e concordanti.
Nel caso di specie, gli elementi probatori (fotografie, messaggi, iniziative post mortem) hanno dimostrato l’esistenza di un profondo legame affettivo tra la famiglia e l’animale, nonché la particolare sofferenza derivata dalle circostanze del decesso.
Sulla base di tali presupposti, il giudice ha liquidato il danno non patrimoniale in via equitativa, quantificandolo in 6.000 euro per la proprietaria e 4.000 euro ciascuno per il marito e i due figli minori.
A ciò si aggiunge il risarcimento del danno patrimoniale, comprensivo delle spese sostenute per l’acquisto dell’animale, il servizio di pensione e gli accertamenti post mortem.
La sentenza si inserisce nel solco di quell’orientamento giurisprudenziale che, superando una visione meramente patrimonialistica del rapporto uomo-animale, riconosce come il legame affettivo con l’animale domestico costituisca un’attività realizzatrice della persona umana meritevole di tutela costituzionale.
Tale pronuncia rappresenta un significativo passo avanti nella tutela giuridica del rapporto con gli animali d’affezione, allineando la giurisprudenza all’evoluzione della sensibilità sociale su questi temi e fornendo un importante precedente per future decisioni in materia.
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