La corsa allo spazio di Elon Musk e Jeff Bezos? Un laboratorio per il capitalismo del futuro
La nuova corsa allo spazio non è solo una sfida tecnologica tra superpotenze, ma un terreno fertile per l'espansione del capitalismo e il ridisegno delle leadership globali. Tra miliardari visionari e strategie nazionali, lo spazio diventa laboratorio per ripensare modelli di sviluppo L'articolo La corsa allo spazio di Elon Musk e Jeff Bezos? Un laboratorio per il capitalismo del futuro proviene da Economyup.

L’ANALISI
La corsa allo spazio di Elon Musk e Jeff Bezos? Un laboratorio per il capitalismo del futuro
La nuova corsa allo spazio non è solo una sfida tecnologica tra superpotenze, ma un terreno fertile per l’espansione del capitalismo e il ridisegno delle leadership globali. Tra miliardari visionari e strategie nazionali, lo spazio diventa laboratorio per ripensare modelli di sviluppo
professore e imprenditore

La tecnologia ha sempre avuto un rapporto ambiguo con l’immaginazione. Da un lato l’alimenta, dall’altro la comprime. I film di fantascienza spesso anticipano meravigliosamente scenari che solo anni dopo diventano realtà, ma quando si tratta di spazio, le distanze, reali e simboliche, restano ancora abissali.
Viaggiare tra le stelle, colonizzare altri pianeti, costruire habitat nello spazio: idee affascinanti, ma ancora saldamente ancorate al terreno delle aspirazioni più che a quello delle possibilità concrete.
La nuova corsa allo spazio dei miliardari visionari
Eppure, siamo in un’epoca di rinnovata corsa allo spazio, non più alimentata soltanto dalle ambizioni delle superpotenze come durante la Guerra Fredda, ma da una nuova élite tecnologica: miliardari visionari, o quantomeno così si presentano, come Elon Musk, Jeff Bezos, Richard Branson. Le loro aziende – SpaceX, Blue Origin, Virgin Galactic – rappresentano una svolta: lo spazio non è più esclusivamente un dominio statale, ma un nuovo orizzonte economico.
A prima vista, l’epopea spaziale privata sembra un atto di generosità nei confronti dell’umanità: un investimento per garantire la sopravvivenza della specie, per far avanzare la scienza, per ispirare nuove generazioni.
Tuttavia, se osserviamo più da vicino, emerge una narrazione diversa di quella che viene definita space economy: lo spazio come estensione del capitalismo, una nuova arena per la crescita infinita, una risposta alla stasi più che all’estinzione.
Jeff Bezos stesso lo ha detto: sulla Terra la crescita non può continuare all’infinito, nello spazio sì. Ecco allora che le colonie lunari non diventano tanto rifugi quanto fabbriche orbitanti, infrastrutture per mantenere il ritmo, per non fermarsi.
L’avanzata della Cina nella corsa allo spazio
In questo scenario si inserisce con forza la Cina, che con la missione Chang’e 6 riafferma il proprio ruolo di protagonista nella nuova geopolitica lunare. Mentre l’Occidente, pur con investimenti consistenti, oscilla tra entusiasmo e incertezza, la Cina avanza con metodo e costanza.
La missione Chang’e 6, lanciata con l’obiettivo di riportare sulla Terra campioni di suolo dal lato nascosto della Luna, rappresenta un balzo in avanti non soltanto tecnologico, ma anche simbolico. Non solo replica il successo della Chang’e 5, che nel 2020 ha riportato campioni dalla faccia visibile della Luna, ma lo supera per ambizione e difficoltà.
Il programma lunare cinese
Il programma lunare cinese si sviluppa secondo una logica strategica. La Luna non è vista solo come un obiettivo scientifico, ma come un avamposto per un futuro sistema spaziale integrato: basi permanenti, cooperazione (o competizione) internazionale, risorse minerarie extraterrestri, controllo dell’infrastruttura orbitale. La Cina sembra voler giocare una partita che non è soltanto tecnologica, ma anche culturale e politica. La Luna torna ad essere, dopo decenni, un terreno di competizione tra potenze. E questa volta, la posta in gioco è la leadership del XXI secolo.
L’interesse per la Luna si estende anche ad altri attori: gli Stati Uniti con il programma Artemis, l’India con Chandrayaan, l’Europa con l’ESA. Mentre, però, la Silicon Valley sogna colonie interplanetarie tra un tweet e una conferenza stampa, il gigante asiatico costruisce una narrativa diversa: paziente, concreta, fatta di tappe successive e obiettivi ben definiti.
Non possiamo esportare sulla Luna i limiti del capitalismo
La retorica dell’espansione umana nello spazio rischia però di dimenticare una lezione essenziale: non possiamo esportare i nostri limiti sulla Luna senza prima averli compresi sulla Terra. L’idea di colonizzare un altro corpo celeste, spesso evocata come la “salvezza dell’umanità”, riecheggia inquietantemente il linguaggio del passato coloniale, come se le ingiustizie e le disuguaglianze che abbiamo prodotto sulla Terra potessero essere replicate in un ambiente lunare, ma con bandiere diverse.
È lecito chiedersi se stiamo davvero avanzando verso una nuova era, o semplicemente riproponendo vecchi modelli su una scala più grande. La “conquista” della Luna, così come oggi viene raccontata, non può essere solo una gara tecnologica o economica. Deve diventare un’opportunità per ripensare il nostro rapporto con il progresso, con il pianeta, con l’idea stessa di crescita. Altrimenti, rischiamo di perdere, di nuovo, la parte più preziosa della corsa allo spazio: la capacità di sognare un futuro diverso, non solo più grande.
Lo spazio come alternativa del modello unico di sviluppo
Perché in fondo, lo spazio non è solo là fuori: è anche dentro di noi. È lo spazio delle possibilità che ancora non abbiamo osato immaginare, lo spazio delle alternative al modello unico di sviluppo, lo spazio dell’umano che non rinuncia a interrogarsi. Ogni volta che un razzo si alza da terra e taglia il cielo, ci ricorda che siamo capaci di sfidare la gravità, non solo quella fisica, ma anche quella mentale, culturale, storica.
Forse il vero viaggio interstellare non sarà quello che ci porterà su Marte o tra gli asteroidi, ma quello che saprà trasformare il modo in cui guardiamo il futuro. Esplorare, sì, ma senza replicare, costruire, sì, ma senza conquistare, e soprattutto, ricordare che il cielo stellato sopra di noi, così come la legge morale dentro di noi, sono ancora lì per ispirarci.
Non è solo una nuova corsa allo spazio quella a cui stiamo assistendo, ma una nuova possibilità: quella di diventare finalmente all’altezza dei nostri sogni, senza che a guidarci sia la paura della fine, ma il desiderio autentico di un nuovo inizio.
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