Alberto Nagel, AD di Mediobanca: “I numeri degli Usa pongono l’attenzione sullo scenario di una possibile crisi di debito”
“L’amministrazione americana ha messo in luce in maniera fin troppo evidente, attirando anche preoccupazioni sulla sostenibilità del suo debito, quello che era un dogma fino adesso non tanto discusso: tutti pensavamo e pensiamo che l’America che produce tanto debito abbia un’economia tale e una moneta tale da poterlo sostenere”. “L’attività di Trump in questi mesi, […] L'articolo Alberto Nagel, AD di Mediobanca: “I numeri degli Usa pongono l’attenzione sullo scenario di una possibile crisi di debito” proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

“L’amministrazione americana ha messo in luce in maniera fin troppo evidente, attirando anche preoccupazioni sulla sostenibilità del suo debito, quello che era un dogma fino adesso non tanto discusso: tutti pensavamo e pensiamo che l’America che produce tanto debito abbia un’economia tale e una moneta tale da poterlo sostenere”.
“L’attività di Trump in questi mesi, dopo che è stato eletto ma anche prima, ha messo in luce in maniera brutale questo meccanismo: il Pil degli Stati Uniti vale 26/27 trillion di dollari e produce un deficit annuale del 7% circa, quindi praticamente ogni anno si tratta di poter finanziare un trillion e mezzo di nuovo debito, che equivale ai risparmi generati in tutto il mondo in un anno.”
Lo ha evidenziato l’Ad di Mediobanca, Alberto Nagel, intervistato in occasione del 2025 Cedacri Forum tenutosi a Cernobbio presso Villa d’Este.
“Quindi è chiaro che già questi numeri, a cui bisogna aggiungere il rifinanziamento del vecchio debito, pongono l’attenzione sullo scenario di una crisi di debito, che non è un evento che oggi possiamo scongiurare come in passato”, ha aggiunto.
“Oltre al debito americano – ha proseguito – c’è infatti da pensare al debito della Cina soprattutto nel sistema privato, oltre che al crescente debito in rapporto al Pil che hanno tutti gli stati europei, salvo la Germania. Con la necessità di finanziare che c’è ogni anno, chiaramente ci siamo messi in una situazione dove l’allargamento degli spread, una crisi di liquidità, un rigetto dei risparmiatori a prendere certi rischi, può essere una eventualità meno remota rispetto a prima. Siamo quindi, a mio avviso, in un territorio molto delicato su cui io mi aspetterei anche dal punto di vista americano grande cautela”.
“Con questa notazione, che cambia un po’ lo sfondo, parlare di fusioni transfrontaliere è chiaramente un esercizio ancora più difficile in Europa, perché gli investitori sono spaventati e stanno vendendo a mani basse le azioni delle banche, perché le banche ovviamente sono tra i titoli più ciclici, perché riflettono l’andamento dell’economia”.
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