Vincenzo Nibali: “Per colpa del doping ho perso tanto. Ero un bersaglio: mi hanno pedinato e mi sono anche entrati in casa”
“Ero un ragazzino di strada che poteva anche prenderne una brutta, di strada. Ma grazie a mio padre e alla bicicletta ne ho imboccate altre”. Intervistato dal Corriere della Sera, uno dei ciclisti italiani più vincenti di sempre, Vincenzo Nibali, ha ripercorso alcune difficili tappe della sua vita e della carriera sportiva: la complessa adolescenza […] L'articolo Vincenzo Nibali: “Per colpa del doping ho perso tanto. Ero un bersaglio: mi hanno pedinato e mi sono anche entrati in casa” proviene da Il Fatto Quotidiano.

“Ero un ragazzino di strada che poteva anche prenderne una brutta, di strada. Ma grazie a mio padre e alla bicicletta ne ho imboccate altre”. Intervistato dal Corriere della Sera, uno dei ciclisti italiani più vincenti di sempre, Vincenzo Nibali, ha ripercorso alcune difficili tappe della sua vita e della carriera sportiva: la complessa adolescenza a Messina, l’addio alla Sicilia per inseguire il sogno del ciclismo, la lotta al doping e molto altro.
“Combinavo danni e attiravo guai come un parafulmine. Degli esempi? Ho fatto esplodere con i petardi metà delle cassette delle lettere del quartiere Boccetta e ho lanciato un motorino contro il muro mancando di poco una passante“, ha dichiarato Nibali che leggendo della sparatoria di Monreale, dei tre giovani uccisi da un 19enne armato, ha pensato: “Quant’è stretto il bivio tra le direzioni che puoi prendere. Messina, casa mia, non era una città mafiosa o particolarmente violenta, ma avevo compagni che venivano a scuola con la pistola nello zaino. Le immagini di Capaci mi sono rimaste dentro per anni e passando accanto alla voragine sull’autostrada ho tremato”. L’ex ciclista ha quindi parlato di una grande piaga che ha afflitto la sua Sicilia come la mafia di cui la sua stessa famiglia è stata vittima: “Ai miei genitori chiedevano il pizzo per la loro cartoleria. I pizzini ti invitavano a pagare, facevano brillare una bottiglia di benzina dietro la serranda, mettevano a soqquadro la casa come avvertimento. Insomma, ho avuto esperienze dirette”.
Crescendo, la passione per la bicicletta spinse poi Nibali a lasciare la Sicilia: “Divoravo Il Mondo del Ciclismo, il settimanale con i risultati delle gare nazionali e vedevo tanti siciliani in Toscana. Volevo essere come loro. A 15 anni vinsi una corsa a Siena e decisi di non tornare più a casa. Amo la Sicilia, ma non ho mai avuto nostalgia, mai un rimpianto, al contrario di tanti compagni, di tanti emigranti. Ma restare invece al Sud non è una sconfitta se ti dai da fare, lo è tornare se hai fallito. Il terrone che ha successo è l’orgoglio dell’isola, chi rientra a testa bassa paga con lo scorno”.
E da quel momento è cominciata la straordinaria carriera di Nibali: ha vinto tutti e tre i grandi Giri (quello d’Italia due volte), due delle cinque classiche-monumento e cinquanta altre grandi corse. La soddisfazione più grande però, lo raggiunse con la vittoria del Tour de France nel 2014: “La più grande gioia della carriera che per un anno si è trasformata in un incubo. Ero travolto, schiacciato da popolarità, richieste, tifosi e giornalisti. Quando passeggiavamo con la bambina in carrozzina ci assalivano. Con mia moglie Rachele volevamo solo scappare da tutto e tutti. Poi ci siamo abituati, ma è solo quando ho smesso di correre che ho cominciato davvero a vivere“.
Ma la bacheca di Nibali poteva essere anche più ricca di trofei, come quando arrivò secondo nel 2012 alla Liegi, sconfitto da Maksim Iglinskij che poco dopo venne trovato positivo al doping: “Non mi sono mai posto la domanda di quanto ho perso per colpa del doping, probabilmente tanto. Alla Vuelta me la giocai con tale spagnolo Mosquera, poi radiato. E se avesse vinto lui e non l’avessero scoperto?”. L’ex ciclista ha quindi raccontato di essere stato lui stesso più volte sospettato di aver fatto uso di sostanze illecite: “Sono stato pedinato, mi hanno aperto la macchina e controllato il telefono e sono sicuro che mi siano entrati anche in casa per trovare prove che non esistevano. I ciclisti erano bersagli facili. Mai nella vita mi sono dopato e soprattutto mai ho pensato di farlo”. Adesso però quelli sono rimasti soltanto dei vecchi ricordi. Il presente di Nibali è differente: “Faccio mille cose, tra cui promuovere il Giro d’Italia. Ma soprattutto, vivo”.
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