Uno scritto del giovane Enrico Berlinguer sulla figura di Stalin

Il Bloc Notes di Michele Magno

Mar 22, 2025 - 09:23
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Uno scritto del giovane Enrico Berlinguer sulla figura di Stalin

Il Bloc Notes di Michele Magno

Iosif Stalin muore il 5 marzo 1953. Il giorno seguente viene commemorato con discorsi encomiastici, pur diversi nei toni, da Mauro Scoccimarro e Sandro Pertini alla Camera, da Palmiro Togliatti e Pietro Nenni al Senato. Ma la storia è impietosa e non ta sconti. Tre anni dopo Nikita Krusciov, uno dei principali responsabili dello sterminio per fame dei contadini ucraini, rivelerà al mondo gli orrori della dittatura di Koba (“l’indomabile”). Era la conferma di ciò che Ignazio Silone -solo per citare uno dei testimoni più noti di quegli orrori- aveva coraggiosamente sostenuto già dalla fine degli anni Venti.

 

Enrico Berlinguer, allora trentunenne segretario dei giovani comunisti, pubblicò in quei giorni sulla rivista “Pattuglia” un lungo articolo celebrativo della figura del capo del comunismo internazionale.  Ne riportiamo qui i passi salienti. Colpisce nel suo scritto l’ossessivo impegno a emularne le gesta e gli insegnamenti, ripetuto quasi come una formula religiosa. Solo nel dicembre 1981 il segretario del Pci parlerà di “fine della spinta propulsiva” del comunismo sovietico.

 

Come se sessant’anni prima, nel marzo 1921, non ci fosse stata la rivolta dei marinai e degli abitanti di Kronstadt contro l’asfissiante potere bolscevico, e poi la collettivizzazione forzata delle campagne, l’Holodomor, l’industrializzazione fondata sul lavoro schiavististico fornito dai gulag, le grandi purghe di fine anni Trenta, il patto Molotov-Ribbentrop che aprì le porte alla guerra, il XX Congresso del Pcus (1956), l’asservimento dei popoli di mezza Europa e la repressione sanguinosa della rivoluzione ungherese.

 

L’Urss, insomma, era restata fino ad allora il faro del socialismo “realizzato”, che con la sua luce indicava all’umanità la rotta verso un avvenire radioso di civiltà e di pace. Solo nel 1981, appunto, ci si accorgerà che quel faro non faceva più luce, per poi spegnersi del tutto dieci anni dopo.

Mi.Ma

 

Enrico Berlinguer

Abbbiamo perduto il nostro più grande amico

 

Abbiamo perduto il nostro più grande amico. So bene che non può oggi che apparire povera, scarna, inadeguata ogni parola che voglia esprimere il tumulto di questo sentimento di dolore immenso che sentiamo stringere il nostro cuore, questa emozione profonda che, oggi più che mai, ai popoli, ai giovani dell’Unione Sovietica accomuna i popoli, i giovani di tutto il mondo, il nostro popolo, la nostra gioventù comunista, tutta la gioventù italiana.

Se piangono oggi i cuori dei più vecchi combattenti, temprati a tutte le battaglie e a tutte le sofferenze, rotti a tutte le traversie e a tutte le tempeste della vita, come esprimere la commozione profonda che colpisce noi che siamo ancor giovani, noi che dal primo giorno in cui abbiamo cominciato a pensare e ad agire come combattenti della grande causa proletaria, abbiamo sentito in Stalin, il capo e il maestro che ci ha guidato in ogni momento, […] questo grande fra i grandi della storia umana che è stato per noi giovani la fiamma ardente che ha riscaldato il nostro animo con la luce della verità, della giustizia, della fede?

Non esistono le parole che possono esprimere quel che noi sentiamo di avere perduto, tanto ci eravamo abituati a sentirlo, quasi a vederlo vicino a noi, come parte insostituibile di noi stessi, come speranza e certezza nel nostro domani. La gioventù dell’Unione Sovietica, la gioventù di tutto il mondo, la gioventù della nostra Italia hanno perduto il loro più grande e vero amico, il loro capo, il loro educatore, il loro maestro di vita. Stalin, il più geniale continuatore dell’opera e del pensiero del grande Lenin, il Lenin dei nostri giorni, colui che, insieme con Lenin, è stato l’artefice della più grande rivoluzione della storia dell’umanità, della sola rivoluzione che abbia portato al vertice del potere le classi dei proletari, degli umili, dei diseredati, non è più.

È scomparso l’uomo che, per primo nella storia, ha saputo costruire una società di uomini liberi ed eguali, l’edificio maestoso e immortale della civiltà del lavoro, il socialismo; l’uomo che ha aperto alle giovani generazioni della sua grande Patria il cammino dell’avvenire, le strade di una vita felice e di una piena affermazione della loro personalità in tutti i campi della vita sociale; l’uomo che ha saputo formare e forgiare un giovane nuovo, una figura di uomo nuovo quale mai la storia ha conosciuto: l’uomo felice, il giovane eroe della vita socialista, il giovane libero dell’epoca staliniana.

 

È scomparso il vincitore delle leggendarie battaglie contro il fascismo, per la libertà dei popoli, colui che ha saputo suscitare ed organizzare in forza invincibile il magnifico eroi smo dei suoi popoli, il patriottismo generoso della sua gioventù, l’uomo al quale hanno guardato come una guida sicura e gloriosa tutti i popoli che combattevano contro il fascismo, l’uomo al quale hanno guardato in ogni istante i nostri eroici giovani partigiani che egli ha ispirato alla lotta per la libertà, per l’onore, per l’indipendenza della nostra Patria.

È scomparso il grande architetto del comunismo, l’infaticabile difensore e assertore della pace e dell’amicizia fra i popoli, il gigante nel quale abbiamo riposto sempre ogni speranza nel nostro avvenire, la certezza nella vittoria del socialismo in tutto il mondo. Stalin non è più tra noi: il suo cuore generoso ha cessato di battere, ha cessato di pensare la sua mente geniale. Ma noi sappiamo che mai come oggi ha sventolato alta ed invitta la bandiera che egli ha portato così avanti; noi sappiamo che ci resta la grande opera sua; noi sappiamo che vivo è oggi e immortale resterà l’insegnamento che egli ci ha lasciato con tutta la sua vita, con tutto il suo pensiero, con tutte le sue opere. […]

 

Stalin ci ha insegnato ad amare il popolo, ad amare sopra ogni altra cosa al mondo la causa dell’elevazione e della felicità degli oppressi, degli sfruttati, degli umili, degli offesi, dei diseredati, la causa di un avvenire radioso della gioventù. Egli ha amato e servito il suo popolo con tutto il suo grande cuore generoso. Egli ha servito la causa della gioventù e dei popoli di tutto il mondo che ha amato come il suo stesso popolo.

Stalin ci ha insegnato ad amare e difendere con tutte le nostre forze la causa della pace e della fratellanza dei popoli, a non risparmiare nessuno sforzo, nessun sacrificio nel difendere questo bene supremo dell’umanità, questo bene da cui dipende la vita e l’avvenire della gioventù. Difendendo la pace, egli ha difeso l’esistenza, la vita di milioni di giovani dal massacro barbaro della guerra, ha garantito il loro avvenire.

Stalin ci ha additato il cammino del vero patriottismo. Egli è stato davvero il più grande patriota dei nostri tempi: egli che ha saputo guidare un popolo di 180 milioni di uomini e di donne a liberarsi dalle catene della schiavitù, da sofferenze, miserie e piaghe secolari, a costruirsi una vita felice; egli che ha fatto della Russia il paese più potente [e] più progredito, più civile e più amato tra tutti i paesi del mondo; Stalin ci ha insegnato che spetta ai comunisti raccogliere e levare in alto la bandiera della libertà, dell’indipendenza, dell’onore, della patria.

  […]

 

Egli ci ha additato la via dello sforzo e della tenacia: dello sforzo e della tenacia nel lavoro e nella lotta, dello sforzo e della tenacia nello studio per migliorare noi stessi, per arricchire la nostra intelligenza e il nostro pensiero, per rendere più certa la nostra speranza con lo studio delle opere che ci hanno lasciato i grandi maestri di quella dottrina marxista-leninista che ha illuminato negli ultimi 100 anni ogni battaglia, ogni conquista, ogni vittoria dei lavoratori di tutto il mondo.

Noi giovani comunisti italiani prendiamo oggi impegno sacro e solenne di essere fedeli fino all’ultimo agli insegnamenti che il caro e grande Stalin ci ha lasciato. Noi giuriamo di dedicare ogni scintilla della nostra energia alla grande causa per cui Stalin ha vissuto, ha combattuto, ha vinto. Niente è più bello e più nobile che essere dei combattenti della causa immortale di Stalin, della causa del riscatto, della libertà e della felicità dei lavoratori.

Noi prendiamo l’impegno solenne di coltivare ed educare in noi quelle doti di coraggio, di spirito di sacrificio, di solidarietà proletaria che Stalin possedeva in grado così alto. Noi ci impegniamo ad amare ed a seguire il Partito comunista, il solo Partito che guida la gioventù alla conquista di un luminoso e felice avvenire.

Gloria eterna al grande e caro Stalin!

 

(“Pattuglia. Settimanale della gioventù”, a. VIII, n. 12, 22 marzo 1953)