Ucraina: pace giusta o capitolazione?
Le prime mosse di Trump su Russia e Ucraina. Gli effetti, i tempi e gli scenari. L'intervento di Francesco D’Arrigo, direttore dell'Istituto Italiano di Studi Strategici "Niccolò Machiavelli"

Le prime mosse di Trump su Russia e Ucraina. Gli effetti, i tempi e gli scenari. L’intervento di Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”
“Ho appena avuto una lunga e molto produttiva telefonata con il presidente russo Vladimir Putin. Abbiamo discusso dell’Ucraina, del Medio Oriente, di energia, dell’intelligenza artificiale, del potere del dollaro e di vari altri argomenti. Entrambi abbiamo riflettuto sulla grande storia delle nostre nazioni e sul fatto che abbiamo combattuto insieme con tanto successo nella Seconda Guerra Mondiale, ricordando che la Russia ha perso decine di milioni di persone e anche noi ne abbiamo perse tante! Ognuno di noi ha parlato dei punti di forza delle rispettive nazioni e del grande beneficio che un giorno trarremo dalla nostra collaborazione. Ma prima, come entrambi abbiamo concordato, vogliamo porre fine ai milioni di morti causati dalla guerra tra la Russia e l’Ucraina. Il presidente Putin ha persino usato il mio motto molto forte della campagna: “BUON SENSO”. Entrambi ci crediamo molto. Abbiamo concordato di lavorare insieme, in stretta collaborazione, anche visitando le rispettive nazioni”.
“Abbiamo anche concordato che i nostri rispettivi team avvieranno immediatamente i negoziati e inizieremo chiamando il presidente ucraino Zelenskyy per informarlo della conversazione. Ho chiesto al Segretario di Stato Marco Rubio, al Direttore della CIA J. Ratcliffe, al Consigliere per la Sicurezza Nazionale Michael Waltz e all’Ambasciatore e Inviato Speciale S. Witkoff di condurre i negoziati, che sono fiducioso saranno fruttuosi. Milioni di persone sono morte in una guerra che non sarebbe esistita se fossi stato presidente. È avvenuto, quindi deve finire. Non si dovrebbero più perdere vite! Voglio ringraziare il Presidente Putin per il suo tempo e il suo impegno in questa telefonata, così come per il rilascio ieri di Marc Fogel, un uomo meraviglioso che ho salutato personalmente ieri sera alla Casa Bianca. Credo che questo sforzo porterà a una felice conclusione, presto, spero!”
Sembra una telefonata tra due vecchi amici, che ha implicitamente rilegittimato il presidente russo come interlocutore affidabile degli Stati Uniti, con il quale collaborare e ridisegnare i nuovi assetti dell’ordine mondiale.
IL DISCORSO DI HEGSETH
A questa telefonata ha fatto seguito il discorso del Segretario della Difesa degli Stati Uniti d’America, Pete Hegseth, al Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, che possiamo riassumere con questi brevi ma dirompenti concetti, peraltro tutti esplicitati durante la campagna elettorale presidenziale dello scorso novembre:
- “Per l’Amministrazione Trump, il ritorno ai confini precedenti al 2014 è un obiettivo irrealistico”.
- “Gli Stati Uniti non sosterranno l’adesione dell’Ucraina alla Nato come parte di una pace negoziata”.
- “La nostra alleanza transatlantica è durata per decenni e ci aspettiamo che si mantenga per le generazioni a venire. Ma questo non accadrà automaticamente. Richiederà che gli alleati europei entrino nell’arena e si assumano la responsabilità della sicurezza convenzionale sul continente”.
- “Gli Stati Uniti rimangono impegnati nell’alleanza Nato e nella partnership di difesa con l’Europa. Tuttavia, gli Stati Uniti non tollereranno più un rapporto squilibrato che incoraggi la dipendenza. Al contrario, la nostra relazione darà priorità al rafforzamento dell’Europa affinché si assuma la responsabilità della propria sicurezza”. (che tradotto vuol dire 5% del pil in investimenti nella Difesa).
LE VERE MIRE DI PUTIN
Fin dall’inizio, il presidente russo Vladimir Putin ha creduto di poter vincere, facilmente ed in pochissimi giorni, la sua “Operazione Militare Speciale”, che abbiamo visto essere una brutale guerra di invasione contro l’Ucraina. Il presidente Putin pensava che i suoi militari sarebbero arrivati a Kiev in tre giorni, festosamente accolti dal popolo ucraino che da sempre desiderava riavere il passaporto russo. Sono passati tre anni, non tre giorni, ma il presidente Putin ora pensa di poter rivendicare una vittoria, politica, che nella dottrina militare russa ha più valore di quella militare. Questa convinzione influenzerà fortemente qualsiasi negoziato: perché le ambizioni del Cremlino non si fermeranno finché penserà che conquistare territori con la forza lo avvantaggi, ed il presidente Putin avrà pochi incentivi a fare un accordo di pace giusta e soprattutto a rispettarlo.
COSA DICE LA DOTTRINA MILITARE RUSSA
La dottrina militare della Federazione Russa definisce “vittoria” la conclusione delle ostilità con il raggiungimento di tutti gli obiettivi militari e politici, riconosciuta da un documento firmato tra le Parti.
La dottrina militare russa comprende anche una classificazione di vittoria e di sconfitta, che i sopracitati negoziatori della Casa Bianca dovranno conoscere e tenere bene in mente quando si confronteranno con le controparti del Cremlino:
- Vittoria politica – obiettivi politici ottenuti
- Vittoria militare – obiettivi politici ottenuti, parzialmente ottenuti o non ottenuti
- Sconfitta militare – obiettivi politici ottenuti, parzialmente ottenuti o non ottenuti
- Sconfitta politica – obiettivi politici non ottenuti
Per la Russia, gli obiettivi politici rappresentano l’interesse predominante del conflitto e della vittoria, che possono anche non coincidere con la vittoria militare ma che si raggiunge con essa. L’importanza del raggiungimento degli scopi politici ha la prevalenza su quelli militari, perfino in caso di una sconfitta militare sul campo si possono ottenere tutti gli obiettivi politici e quindi una vittoria.
Di contro, le Forze armate possono anche ottenere una vittoria militare che però non risolva il contendere politico e in questo caso la dottrina russa prevede un futuro ritorno all’uso della forza militare. Esattamente quello che ha fatto il 24 febbraio del 2022, dopo la conquista della Crimea nel 2014, quando gli obiettivi politici non erano stati del tutto raggiunti.
Inoltre, il Generale prussiano Carl Philipp Gottlieb von Clausewitz ci insegna che:
- “La guerra è un atto di forza per costringere il nostro nemico alla nostra volontà”.
- “I risultati della guerra non sono mai definitivi”.
Per la Russia, quindi, la vittoria politica rappresenta il massimo obiettivo e può addirittura mitigare le conseguenze di una sconfitta militare, come quella che ha subito non riuscendo a conquistare Kyiv.
COME SI CONCLUDONO LE GUERRE
Storicamente, le guerre si concludono con una vittoria militare completa, un cessate il fuoco o un accordo di pace negoziato. Secondo un report dell’Hague Centre for Strategic Studies, solo il 16% delle guerre tra il 1946 e il 2005 si è concluso con una soluzione negoziata. Tra questi accordi di pace, il 37% ha portato a un nuovo conflitto, spesso nel giro di soli due anni. I negoziati tendono ad avere più successo quando le parti riescono a stabilire una base di fiducia, ad affrontare le cause del conflitto o a fornire un quadro per una futura risoluzione non violenta. Inoltre, misure come la pubblicizzazione degli aspetti del processo negoziale e il coinvolgimento di mediatori terzi di fiducia possono aumentare la trasparenza e contribuire a isolare il processo di pace da potenziali interruzioni esterne, aumentando la probabilità di raggiungere un accordo.
LE BASI DI UN ACCORDO
Per la risoluzione di qualsiasi tipologia di conflitto, è fondamentale che le parti in causa siano presenti e partecipino direttamente alle negoziazioni. La teoria dei negoziati descrive questo concetto come Best Alternative To a Negotiated Agreement – (BATNA): la migliore alternativa a un accordo negoziato. In altre parole, se le trattative falliscono, cosa succede? Se entrambe le parti ritengono che un ritorno alla lotta danneggi i loro interessi, le probabilità di un accordo negoziale aumentano. Se, invece, almeno una delle parti ritiene che la lotta stia andando a suo favore e crede di poterla sostenere per qualche tempo, la struttura degli incentivi si inverte. Ha più senso (ritornare, continuare a) combattere.
Esattamente ciò che ha fatto la Russia dopo la firma del memorandum sulle garanzie di sicurezza in relazione all’adesione dell’Ucraina al trattato di non proliferazione delle armi nucleari, più comunemente noto come memorandum di Budapest, dal nome della capitale ungherese in cui fu firmato. Un accordo, siglato il 5 dicembre 1994 e registrato il 2 ottobre 2014, tra Russia, Stati Uniti, Regno Unito e Ucraina, con il quale quest’ultima, aderendo al trattato di non proliferazione nucleare, col protocollo di Lisbona del 23 maggio 1992 ufficializzò la consegna delle armi nucleari presenti sul territorio dopo lo scioglimento dell’URSS.
Con tale memorandum l’Ucraina ottenne assicurazioni formali da parte della Russia e degli altri firmatari circa la propria sicurezza, indipendenza e integrità territoriale.
LE TECNICHE DI PUTIN
È noto che il presidente Putin adotta tecniche di negoziazione aggressive, coercitive, minacciose e ingannevoli, metodo noto come negoziazione di tipo “adversarial approach”, e considerando le opportunità che gli si stanno presentando con il ritorno alla Casa Bianca del presidente Trump, non ha torto. La Russia ha giocato d’anticipo nell’attaccare più volte l’Ucraina. Proprio come nei conflitti passati, dalla Seconda Guerra Mondiale alla Guerra d’Inverno, Mosca è stata disposta a sacrificare quantità di uomini e risorse economiche inaccettabili per qualsiasi Stato democratico. In Ucraina, ha mandato allo sbaraglio centinaia di migliaia di soldati, milioni di giovani russi sono espatriati per evitare la costrizione militare, per ottenere minuscoli guadagni territoriali o per mantenere posizioni strategicamente inutili.
LE AZIONI DI USA E UE
Nel frattempo, i governi statunitensi ed europei hanno lentamente fornito risorse all’Ucraina, sufficienti solo ad impedire alla Russia di vincere, ma non a spostare in modo decisivo l’equilibrio del conflitto in modo tale da convincere il presidente Putin a fermarsi. Anzi, il Cremlino, grazie alle preziose forniture di uomini e materiali di alto livello che gli assicurano i suoi alleati (Cina, Iran e Corea del Nord) che le conferiscono una duratura resistenza alla guerra, ha messo in campo una campagna di propaganda e guerra psicologica contro i cittadini e le istituzioni europee. Il presidente Putin è anche riuscito a convincere Washington che deve essere temuto e che è così determinato a conquistare l’Ucraina da arrivare a lanciare armi nucleari e trascinare la NATO in guerra. Gli alleati hanno lasciato che la paura di un’escalation prevalesse su una strategia militare vincente.
PERCHE’ ORA PUTIN E’ PRONTO AL NEGOZIATO
Supponendo che gli alleati continuino a sostenere l’Ucraina con questo lento stillicidio (l’Amministrazione Trump ha già detto che non vuole più sostenerla militarmente) come mai il presidente Putin ha immediatamente accettato di sedersi per i colloqui di pace proposti dal tycoon? Probabilmente ha valutato che la generosità degli Stati Uniti e dell’Europa nei confronti dell’Ucraina si sta esaurendo, ha compreso che il tempo è dalla sua parte e che il presidente Trump, desideroso di vedere realizzata la sua promessa elettorale di pace immediata, vuole raggiungere un successo personale entro i primi 100 giorni dal suo insediamento. Se Putin tirasse la trattativa per le lunghe, facendo vaghe dichiarazioni di “segnali di buona fede”, Trump potrebbe persino ridurre gli aiuti statunitensi all’Ucraina per costringerla a sedersi al tavolo, indebolendo ulteriormente la leadership del presidente ucraino Zelensky.
L’ISOLAMENTO DI ZELENSKY
L’Ucraina non può sopravvivere ai negoziati in queste condizioni e con l’esclusione dell’Unione europea. Putin chiederà – ed ha già praticamente ricevuto le concessioni territoriali che reclama. La Crimea e il Donbas sono vittime garantite. Anche se Zelenskyy gioca brillantemente una mano debole, non può ignorare che la sua nazione sta combattendo sempre più isolato, contro un avversario che è disposto a perdere ancora migliaia di uomini (non importa se russi, coreani o di altre nazionalità) e a prosciugare le risorse nazionali per vincere. In questo scenario, il capo del Cremlino ha più opzioni sul tavolo: può combattere fino a quando non avrà ottenuto i territori che desidera ed al contempo tirare avanti le trattative per anni. Mentre la BATNA di Zelenskyy è la perdita progressiva di alleati e una sconfitta militare strisciante, quella del presidente Putin è continuare la guerra di logoramento che è altamente probabile che vinca. Inoltre, per continuare a mantenere il potere ed evitare che un periodo di pace possa portare ad una resa dei conti in seno al Cremlino, il presidente Putin potrebbe non voler dare al suo popolo il sollievo della pace. Per questo, chiederà che l’Occidente sospenda immediatamente le sanzioni economiche, in quanto con la pace l’attuale leadership russa dovrà temere gli oligarchi ed i propri cittadini.
I TEMPI DI TRUMP
La tentazione di ottenere la pace ad ogni costo è seducente. Trump ha pochi anni per consolidare la sua eredità; Putin ha probabilmente un decennio o più di mandato. Può permettersi di temporeggiare. Di fronte a questa intransigenza, Trump potrebbe voler chiudere la faccenda, dare a Putin ciò che vuole e costringere Zelenskyy a una pace debole e trasformare l’Ucraina in un nuovo Stato vassallo della Russia ai margini dell’Europa.
I PENSIERI DI PUTIN
Sarebbe un errore. In primo luogo, mentre Trump dice di voler porre fine alle guerre, una pace assicurata dalla consegna dell’Ucraina alla Russia renderebbe solo più probabili altre guerre. Cosa spingerebbe l’ambizione zarista del presidente Putin a fermarsi all’Ucraina, una volta che ha assaggiato la possibilità di ricostituire un moderno impero di stile sovietico? La Romania, la Moldavia, la Georgia e i Paesi baltici potrebbero essere le prossime vittime. In secondo luogo, il presidente Trump ha dichiarato che il suo obiettivo principale è aumentare la pressione sulla Cina, ma cedere al suo migliore alleato russo non farebbe altro che rafforzare le ambizioni territoriali ed economiche di Pechino, soprattutto nei confronti di Taiwan. Una Russia recuperata e vittoriosa può iniziare a rivolgere le proprie energie verso la restituzione del debito che ha nei confronti della Cina, dell’Iran e della Corea del Nord per il loro continuo e generoso sostegno. Infine, perdere un negoziato come questo con il presidente Putin sarebbe imbarazzante per “la nazione più forte che il mondo abbia mai visto” ed il suo movimento MAGA.
Solo perché il presidente Putin pensa di poter vincere non significa che possa farlo. Si è sbagliato all’inizio della sua “operazione militare speciale” e potrebbe sbagliarsi anche adesso. Ma l’Occidente, con o senza il supporto dell’attuale inquilino della Casa Bianca, deve essere abbastanza forte da dimostrare che si sbaglia.
LO SCENARIO PER L’EUROPA
Sull’altare del tentativo di separare la Russia dalla Cina, unico “concorrente alla pari” degli USA, noi europei potremmo improvvisamente ritrovarci soli, senza l’ombrello militare degli Stati Uniti, che con l’Amministrazione Trump si stanno trasformando da alleati di riferimento nella Nato e partner, in avversari commerciali inaffidabili che sanzionano le nostre aziende con dazi e sanzioni.
Se questo scenario dovesse realizzarsi, trasformando 500 milioni di europei e gli ucraini da alleati in competitor ai quali vendere prodotti statunitensi in cambio di protezione da un Paese con il quale valori ed interessi divergono completamente, saremmo di fronte ad un paradosso.
I PARADOSSI DELLA STRATEGIA TRUMPIANA
Il paradosso di questa strategia degli Stati Uniti è che essa dipende, in ultima analisi, da un accordo con la Russia del presidente Putin, ritenuto più affidabile della Ue. Di conseguenza, le scelte strategiche realisticamente possibili per l’Amministrazione Trump sono solo due: fare la pace con la Russia a spese dell’Ucraina, nella speranza di chiudere un capitolo, separarla dalla Cina e scaricare sull’Europa, invece che sulla Nato, il contrasto alla minaccia di una Russia rinvigorita dalla vittoria politica. Ed è chiaro che allora non si tratterà di una pace giusta e duratura ma di una capitolazione. Oppure fare la pace con la Russia, coinvolgendo l’Ue e gli altri alleati Nato solo quando l’Ucraina sarà stata difesa con successo e resa sicura, inviando così un chiaro messaggio al mondo sulla determinazione collettiva dell’Occidente a resistere all’attuale e ad eventuali future aggressioni.
LE PROSPETTIVE DELLA SICUREZZA EUROPEA
La nuova dottrina di politica estera degli Stati Uniti, seppur scioccante, può rappresentare la causa scatenante per accelerare il processo di autonomia strategica e la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). Il percorso è impegnativo ma l’attuale contesto geostrategico richiede una leadership europea in grado di comprendere rischi, minacce e opportunità, affrontare insieme i conflitti e le crisi, proteggere l’Unione e i suoi cittadini e rafforzare la pace e la sicurezza internazionali.