Tutte le mosse difensive di Taiwan
Da tempo ormai a Taiwan si dibatte molto su quali siano le migliori opzioni in termini di difesa dalla Cina. L'approfondimento di Giovanni Martinelli

Da tempo ormai a Taiwan si dibatte molto su quali siano le migliori opzioni in termini di difesa dalla Cina. L’approfondimento di Giovanni Martinelli
Taiwan sta compiendo dei passi sempre più importanti nell’ambito di quel processo che, nel giro di un paio di anni, renderà questa isola una sorta di ‘porcospino’. È infatti imminente la consegna delle prime batterie missilistiche costiere “Harpoon Coastal Defense System” (HCDS) ordinate negli Usa e destinate a contribuire proprio al concetto appena espresso di isola (quasi) inespugnabile grazie alle proprie difese.
Ma prima di entrare nei dettagli più tecnico-operativi, una visione d’insieme. Che non può non partire con la considerazione che quella in atto per Taiwan è una vera e propria corsa contro il tempo. Molti analisti, soprattutto negli Usa, ritengono infatti che nel 2027 la Cina potrebbe essere pronta per l’invasione; anzi, secondo la stessa intelligence americana questo anno sarebbe stato direttamente indicato dal Presidente Xi-Jinping, perché dal forte valore simbolico per Pechino, in virtù del fatto che vi ricorre il centenario della fondazione delle PLA (“People’s Liberation Army”, ovvero le Forze Armate cinesi).
Ma oltre agli aspetti simbolici ve ne sono altri; ben più concreti. Lo strumento militare cinese è praticamente dall’inizio del millennio che ha intrapreso un percorso contrassegnato da una trasformazione profonda e, soprattutto, da un enorme potenziamento di tutte le sue componenti. È in questo quadro che si ipotizza come sempre nel 2027, gli assetti operativi a disposizione di Pechino potrebbero essere tali da consentire una simile operazione militare su vasta scala.
Ecco dunque che per Taiwan diventa esiziale acquisire nuovi sistemi d’arma/nuove capacità operative nella maniera più rapida possibile, dando priorità a ciò che garantisce maggiori potenzialità sopratutto in ambito difensivo; anche, se non soprattutto, in funzione di dissuasione nei confronti del potenziale nemico. Ciò nell’ambito di uno schema che, teoricamente parlando, dovrebbe comunque vedere Taipei cercare di resistere alle ondate iniziali in attesa che intervengano a sua difesa Paesi alleati; primo fra tutti, gli Stati Uniti.
E uno dei punti cardine di questa resistenza sarà rappresentato dalla implementazione di una strategia nota come “Anti-Access/Area Denial” (A2/AD). In maniera molto schematica, si tratta di mettere in atto tutta una serie di misure (anche di natura asimmetrica) volte a impedire o limitare l’accesso, la libertà di movimento e le capacità operative delle forze avversarie in un’area specifica. Che nel caso in oggetto, sarebbe principalmente lo Stretto di Taiwan (il sottile lembo di mare che separa i 2 “nemici”) ma anche gli altri specchi d’acqua che circondano l’isola; oltre alle sue stesse coste.
È dunque in questo quadro che si inseriscono una serie di iniziative intraprese dalla ROC Navy (“Republic of China Navy”, la Marina di Taipei); iniziative sia di tipo organizzativo che di carattere tecnico-operativo.
UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE, LA NASCITA DEL “LITTORAL COMBAT COMMAND”
Ancora pochi mesi e la ROC Navy darà vita a una sua nuova formazione: il “Littoral Combat Command”. Questa nuova struttura metterà insieme una serie di unità/ reparti già esistenti sotto un unico Comando, la cui responsabilità sarà quella di assicurare la difesa di Taiwan proprio in ambito costiero.
Il “Littoral Combat Command “fonderà così al proprio interno il “Fast Attack Boat Combat Group” (dotato di 31 piccole motomissilistiche della classe Kuang Hua VI), il “Naval Maritime Surveillance and Reconnaissance Command” (gli ‘occhi’ di questo reparto, dotato di radar fissi e mobili) e, infine, il “Hai Feng Group”.
E proprio questo ultimo reparto ad attirare le maggiori attenzioni; tale ‘gruppo’ riceverà e avrà infatti il compiti di far operare non solo i sistemi HCDS in arrivo ma anche diversi altri missili antinave ancora, questa volta di produzione locale. Per dare un’idea di cosa la Marina di Taiwan intende fare proprio con lo “Hai Feng Group” e di quale importanza esso avrà, solo un numero: 1.000.
Questa è infatti la quantità di missili antinave basati a terra che saranno in organico a questo stesso nuovo Comando; il quale, nelle intenzioni di Taiwan e una volta integrato con le Kuang Hua VI e con la rete di radar costieri di scoperta, dovrebbe arrivare a garantire una “kill probability” del 70% nei confronti di una ipotetica flotta Cinese di invasione.
Nel frattempo, lo stesso “Hai Feng Group” sta già evolvendo sensibilmente, strutturandosi in 4 “Strike Groups” (Nord, Sud, Est e Ovest; per coprire tutte le acque antistanti Taiwan) dislocati su svariate basi principali (e più altre secondarie). Tali ‘gruppi di fuoco’ saranno poi a loro volta suddivisi in squadroni; con una parte di essi dotati di sistemi missilistici fissi mentre altri di sistemi mobili da disperdere con facilità sul territorio. A essi si aggiungono poi le tradizionali componenti dedicate al Commando e Controllo, oltre che per il supporto.
I “FERRI DEL MESTIERE” DELLO “HAI FENG GROUP”
Si è già parlato dell‘arrivo dell’HCDS, frutto di un accordo siglato nel 2020 con gli Stati Uniti, del valore di oltre 2,2 miliardi di dollari; nel dettaglio, esso prevede la fornitura di 100 “Launcher Transporter Units” (e cioè i mezzi che trasportano fisicamente i contenitori-lanciatori dei missili), di 25 radar autocarrati e di 400 missili antinave RGM-84L-4 Harpoon Block II.
Questi ultimi sono la versione più recente del noto missile Americano, dotata di un sistema di guida sofisticato, di una testa di guerra da 227 kg e accreditata di un raggio d’azione di 124 Km; almeno ufficialmente, perché in realtà è probabile che il dato reale sia più elevato. Qui c’è da dire che l’Harpoon, per quanto aggiornato, non è certo l’arma più moderna nella categoria. Tuttavia, la peculiare situazione politica di Taiwan che impedisce di rivolgersi a fornitori diversi dagli USA, fa sì che questa scelta sia stata obbligata.
Comunque, a completare la dotazione di questa unità per la difesa costiera provvedono anche altri 2 sistemi missilistici; questa volta di produzione locale. Nel dettaglio, si tratta dello Hisung Feng II (HF-2) e dello Hsiung Feng III (HF-3). Il primo è un missile da crociera (o “cruise”) subsonico con caratteristiche complessive paragonabili a quelle dell’Harpoon stesso; in particolare per la testa da guerra da 180 kg e per un raggio d’azione stimato in circa 100/120 km (anche se secondo alcune fonti questi valori sarebbero sottostimati), Ma l’evoluzione non si ferma, tanto che ora sta entrando in servizio la versione HF-II Block 2 che incorpora diversi miglioramenti nel sistema di guida, nella resistenza alle contromisure elettroniche e, sopratutto, una gittata aumentata fino a 250 km.
Il secondo missile, l’HF-3, presenta invece caratteristiche diverse; nel senso che si tratta sì ancora di un “cruise” ma con una velocità supersonica; per quanto non ufficialmente dichiarata, alcune fonti ipotizzano possa essere addirittura intorno a Mach 3,5. Anche la testa di guerra e il raggio d‘azione presentano caratteristiche/valori simili a quelli dell’HF-2; tuttavia, si parla anche dello sviluppo di una versione “extended-range” che porterebbe il raggio d’azione di questo missile a (ben) 400 km.
IL “PORCOSPINO”
Da tempo ormai a Taiwan si dibatte molto su quali siano le migliori opzioni in termini di difesa dalla Cina. Ebbene, il percorso abbracciato ormai da Taipei è chiaro, esplicitato da tutti gli ultimi documenti strategici elaborati; tra i punti centrali, la grande importanza attribuita a quello scenario “littoral” più volte evocato.
La strategia delineata è dunque quella già tratteggiata in precedenza: ovvero, interdire il più possibile al nemico la libertà di azione in questa specifica area di operazioni in caso di assalto anfibio delle forze Cinesi, imponendogli al tempo stesso un rateo di perdite più elevato possibile.
E per farlo, occorre trasformare Taiwan in un ‘porcospino’ dotato di tanti ‘aculei’, pronti a essere usati contro l’invasore. Laddove questi ultimi comunque non saranno solo i 1.000 missili antinave prossimi a essere schierati; in fase di acquisizione da parte delle Forze di Taipei ci sono numerosi sistemi lanciarazzi, così come migliaia di ‘droni kamikaze’ di vario tipo e anche artiglieria semovente. Tutti sistemi cioè destinati a essere integrati in una vera e propria “kill chain”, sempre ovviamente in chiave anti-invasione di Pechino.