Trump smantella politica estera e apparato militare: la sua è una totale incoerenza strategica
Dal pianeta Trump non c’è un attimo di tregua. E tutti dobbiamo farci i conti. Del resto lui ha quasi 79 anni, 20 mesi alle prossime elezioni di Midterm, e due tentativi di assassinio nell’ultimo anno. Per cui si sbriga più che può. Trump ha deciso di tagliare gli aiuti militari all’Ucraina e di fatto […] L'articolo Trump smantella politica estera e apparato militare: la sua è una totale incoerenza strategica proviene da Il Fatto Quotidiano.

Dal pianeta Trump non c’è un attimo di tregua. E tutti dobbiamo farci i conti. Del resto lui ha quasi 79 anni, 20 mesi alle prossime elezioni di Midterm, e due tentativi di assassinio nell’ultimo anno. Per cui si sbriga più che può.
Trump ha deciso di tagliare gli aiuti militari all’Ucraina e di fatto regalare a Putin una vittoria politica senza nemmeno il fastidio di doversela guadagnare. Non pago di questa mano tesa al Cremlino, il presidente “pacifista” sta studiando come allentare le sanzioni contro la Russia, ha ordinato di sospendere le operazioni cyber-offensive contro Mosca e ha perfino proposto un cambio di regime a Kiev. Zelensky va fatto fuori a tutti i costi, il caso Burisma-Hunter Biden e l’onta dell’impeachment contro di lui al primo mandato saranno vendicati platealmente. Se Putin avesse scritto lui stesso la strategia americana, non avrebbe potuto fare di meglio.
Ma Trump, si sa, è un genio della diplomazia. Così ha pensato bene di rispondere alle accuse dicendo che “vuole fare accordi con tutti”. Già, con tutti. Peccato che gli accordi che propone vadano a senso unico: concessioni alla Russia, umiliazioni all’Ucraina e un’America che si slega dai suoi alleati storici per flirtare con regimi autoritari. Basta vedere con chi hanno votato gli Stati Uniti l’ultima risoluzione delle Nazioni Unite: Corea del Nord, Bielorussia e simili. Washington ha costretto l’Ucraina a ritirare una mozione Onu contro la Russia e a sostituirla con una versione così annacquata che persino il Cremlino stenta a credere a tanta generosità. Qualcuno direbbe che tali azioni non sono altro che ‘tradimento degli interessi nazionali’ (e in effetti tra i repubblicani neocon al Congresso crescono i germogli della rivolta), ma in tempi di trumpismo dilagante per ora è diventato “buonsenso“.
E l’Europa? Orfana di quell’America affidabile di cui è stata (e continua a essere) vassalla per 80 lunghi anni, annaspa tra dichiarazioni indignate, totale impotenza e il ‘voglio-ma-non-posso’ di chi è costretto ad armarsi, ma trovando i soldi con tagli al welfare, unica cosa buona europea. “L’Europa non ha la pistola” è il titolo di un editoriale del conservatore Le Figaro. Macron e Scholz cercano spazio nel caotico lancio di un Recovery per la Difesa, ma sono ambedue al capolinea. Emmanuel sarà soppiantato da Marine Le Pen che rispetto alla Alice di AfD sembra Thatcher, al tedesco subentrerà il nuovo Cancelliere Friedrich Merz, auto candidato capo degli anti Trump del Vecchio Continente. Francia e Germania non hanno né le risorse né il coraggio per assumere una leadership strategica credibile – se non fosse per le 290 bombe atomiche parigine che sarà dura però far traslocare sotto la bandiera Ue.
Intanto, il britannico Starmer è diventato il più europeo di tutti pur non essendo membro del club, e Meloni gioca la parte del Giano bifronte: a Bruxelles e Washington si mostra fedele alla causa atlantista, cerca di farsi benvolere dal ‘Don’ Donald (è The Economist a parlare di ‘stile mafioso’ del presidente Usa), in casa strizza l’occhio ai trumpiani nostrani distinguendosi però dall’hooligan da daspo Salvini. Giorgia prova a tenere un piede in due scarpe, ben consapevole che il vento potrebbe girare, impresa ardua e che fa sicuramente perdere voti.
In questo quadro, mentre smantella la politica estera, Trump si dedica con entusiasmo anche alla demolizione del potente apparato militare degli Stati Uniti, budget da 850 miliardi di dollari l’anno. La sua ultima mossa? Cacciare il generale C. Q. Brown, un comandante con un curriculum di ferro (nota bene: afroamericano), per sostituirlo con Dan Caine, un riservista con il pedigree perfetto, per questa amministrazione: zero esperienza nei comandi strategici e una fedeltà assoluta al capo supremo. Perché competenza e indipendenza, nel mondo trumpiano, sono difetti imperdonabili.
Il segretario alla Difesa Pete Hegseth, ex conduttore di Fox Tv, ha eseguito l’ordine con uno zelo degno di nota, silurando Brown di venerdì sera, senza uno straccio di spiegazione. E guarda caso, tra i rimossi ai massimi vertici del Pentagono c’è anche una donna. Coincidenze? Certo, come tutto quello che succede nell’universo MAGA, dove le purghe non sono mai ideologiche, gli interessi personali non contano mai e le scelte si fanno sempre per il bene dell’America.
Ma il vero capolavoro dell’amministrazione Trump è la sua totale incoerenza strategica: mentre finge di trattare con Mosca per “la pace”, il governo federale viene ‘sventrato’ con oltre 50.000 licenziamenti tra i dipendenti pubblici, lasciando vuoti pericolosi in settori chiave della sicurezza nazionale. Però attenti alle oscillazioni del pendolo: Elon Musk, il tagliatore con motosega e cappello Doge, è contrastato da molte sentenze contrarie dei giudici federali, e lo spietato vicepresidente J.D. Vance, cane d’attacco di Trump contro Zelensky nell’Oval Office, giorni fa è dovuto scappato in fretta e furia, con la scorta dei Servizi Segreti, dalla località di montagna in Maine dove era andato in vacanza: “Vattene a sciare in Russia”, gli urlava la gente tra le proteste e i fischi.
In politica estera, con la ricerca di una pace in Ucraina comprata a suon di centinaia di miliardi (geologia più efficace della geopolitica), il bilancio provvisorio è chiaro: Putin incassa tutto senza dare nulla in cambio, mentre Trump e la sua cerchia si illudono di passare alla storia. Ma come? Come statisti illuminati? Come pacifisti? Come miliardari esperti in terre rare? Come distruttori dell’Unione Europea? O tutte queste definizioni insieme? In realtà, il trumpmuskismo, se non è un suicidio geopolitico assistito della superpotenza americana, trova oggi la sua essenza di fondo in una breve citazione virgolettata: “La nuova amministrazione Usa sta cambiando rapidamente tutte le configurazioni della politica estera. Ciò è in gran parte in linea con la nostra visione”. Firmato: Dmitry Peskov, portavoce di Vladimir Putin.
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