Trump contro Apple: “Basta iPhone made in India, voglio fabbriche in Usa”
Fedele alla sua dottrina protezionistica, il presidente chiede al colosso di Cupertino di abbandonare i piani di espansione in India per riportare la produzione negli Stati Uniti. Ma gli analisti frenano: troppo complesso e costoso. Buffett rinnova la fiducia a Tim Cook.

Nuova stoccata di Donald Trump contro Apple e il suo Ceo, Tim Cook, colpevole di cercare in India un’alternativa meno costosa e più sicura alla produzione di iPhone in Cina.
Giovedì 15 maggio, durante la visita in Qatar, il presidente degli Stati Uniti, fedele alla sua linea protezionistica, ha dichiarato di aver chiesto personalmente a Cook di interrompere i piani di espansione in India e concentrare invece gli investimenti negli Stati Uniti.
“Ho avuto un piccolo problema con Tim Cook ieri”, ha detto Trump. “Sta costruendo dappertutto in India. Gli ho detto: non voglio che tu costruisca in India. Voglio che tu costruisca qui, in America.”
La presa di posizione di Trump rappresenta una sfida diretta alla strategia di Apple, che ha accelerato il trasferimento della produzione fuori dalla Cina a causa delle tensioni geopolitiche e delle misure restrittive introdotte durante la pandemia. In India, Apple ha trovato terreno fertile: costi di produzione più bassi, incentivi governativi e un mercato in forte crescita. Attualmente, circa l’80% della produzione globale di iPhone avviene in Cina e il restante 20% India, con l’obiettivo di raggiungere il 25% nei prossimi anni.
La richiesta del presidente Usa si scontra con una realtà industriale complessa. Spostare la produzione di iPhone negli Stati Uniti comporterebbe costi esorbitanti, che porterebbero il prezzo di vendita degli iPhone in Usa a un livello compreso tra 1.500 e 3.500 dollari. Inoltre, la mancanza di una filiera industriale locale e di manodopera qualificata rende l’ipotesi impraticabile nel breve periodo.
“Questo è un classico approccio di Trump: spingere le aziende a localizzare la produzione negli Stati Uniti, anche se la realtà economica lo rende quasi impossibile”, ha commentato Tarun Pathak, direttore di ricerca presso la società di analisi Counterpoint. “Disfare o spostare completamente la catena di approvvigionamento costruita in anni da Apple sarebbe estremamente difficile.”
Nonostante le pressioni di Trump, Apple sembra determinata a proseguire con i suoi piani in India, dove la produzione è affidata principalmente al partner storico Foxconn e a Tata Group, che stanno investendo in nuove fabbriche e ampliando le capacità produttive. Solo nell’ultimo anno, Apple ha assemblato iPhone per un valore di 22 miliardi di dollari in India, con un incremento del 60% rispetto all’anno precedente.
Mentre Apple guarda con crescente interesse al mercato indiano, dove la classe media in espansione rappresenta un enorme bacino di potenziali clienti, Trump ha fatto capire di accettare che Apple produca i suoi dispositivi in India solo per il mercato locale, ma non per l’esportazione verso gli Stati Uniti.
Intanto Apple rimane l’investimento principale e preferito di Warren Buffett, come risulta dalle comunicazioni ufficiali inviate alla Sec da Berkshire Hathaway, la società di investimento del 94enne Buffett. Nel primo trimestre 2025 (gennaio-marzo) Berkshire ha continuato a ridurre l’esposizione all’azionario, con vendite di azioni pari a 4,7 miliardi di dollari a fronte di acquisti per 3,2 miliardi. La società mantiene la liquidità a un livello record, pari a 333 miliardi di dollari.
Buffett ha venduto soprattutto banche, riducendo le partecipazioni in Bank of America e Capital One Financial e azzerando la quota in Citigroup. Nel trimestre è rimasta invariata la partecipazione in Apple, che al 31 marzo risultava la più consistente nel portafoglio di Berkshire Hathaway con un valore di mercato di 66,6 miliardi di dollari.
Lo scorso 2 maggio, all’assemblea degli azionisti di Berkshire, Buffett ha elogiato con convinzione l’operato di Tim Cook.
Al prezzo di ieri di 211,4 dollari, le azioni Apple sono in calo del 15% dall’inizio dell’anno. Il consensus degli analisti stima che l’attuale esercizio chiuderà a settembre con ricavi in crescita del 4% a 407 miliardi di dollari e un utile di 107 miliardi (+14%). Attualmente il titolo è scambiato a un P/E 2025 di 29 volte. Il consensus degli analisti indica un target price di 230 dollari (+8,5% sulla quotazione attuale).