Tre settimane senza ‘vedere’ Papa Francesco: nessun segnale di unità dentro la Chiesa a 20 anni dall’esempio dato con la morte di Wojtyla

Venti anni fa, la Curia romana si ritrovò compatta sotto la guida mite e ferma del cardinale decano Joseph Ratzinger: dimostrazione eloquente di unità e solidità L'articolo Tre settimane senza ‘vedere’ Papa Francesco: nessun segnale di unità dentro la Chiesa a 20 anni dall’esempio dato con la morte di Wojtyla proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mar 6, 2025 - 08:22
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Tre settimane senza ‘vedere’ Papa Francesco: nessun segnale di unità dentro la Chiesa a 20 anni dall’esempio dato con la morte di Wojtyla

Il gregge è disperso. Sono trascorsi venti giorni dall’inizio del ricovero, il 14 febbraio, di Papa Francesco al Policlinico Gemelli per una polmonite bilaterale. La Curia romana è visibilmente confusa e disinformata, tra bollettini medici che riportano, come è naturale in questi casi, notizie altalenanti sull’augusto infermo, seppur con una prognosi rimasta sempre riservata, quindi con un chiaro pericolo di vita, e voci allarmanti che si intensificano di giorno in giorno. Dal 24 febbraio, ogni sera, alle 21, per iniziativa della Segreteria di Stato, i cardinali residenti a Roma si ritrovano in piazza San Pietro, insieme con migliaia di fedeli, per la recita del rosario per la salute del Papa. È un’occasione utilissima per porporati e vescovi per vedersi, una volta al giorno, e scambiarsi uno sguardo preoccupato e confuso e una parola su ciò che a poca distanza dal Vaticano, al decimo piano del Gemelli, sta avvenendo.

Da venti giorni non esiste né un’immagine, né un audio del Pontefice più mediatico della storia della Chiesa di Roma. C’è perfino chi lo ha dato per morto già da tempo, convinto che il Vaticano stia aspettando, non si sa bene cosa, per annunciarlo ufficialmente. Come se il vicario di Cristo in terra fosse paragonabile al re d’Inghilterra o a una celebrità pop di Hollywood. Desacralizzazione di un papato che ha semplicemente voluto incarnare la quotidianità, la più grande riforma bergogliana. Difficilmente replicabile perché intimamente connessa all’uomo divenuto Papa nel 2013. È questione di stile.

Ma l’accentramento di Francesco ha portato ora un prolungato tempo di smarrimento da parte di chi, in assenza del Pontefice, dovrebbe prendere in mano con sicurezza le redini della Curia romana e guidare i fratelli dispersi. Un po’ quello che avvenne dopo l’arresto e la morte di Gesù, quando san Pietro, il primo Papa, rinnegò per tre volte il Maestro e il gregge degli altri dieci discepoli (Giuda Iscariota si era impiccato dopo aver tradito Gesù) fu disperso. La paura aveva distrutto improvvisamente l’unità di quel gruppo di fedelissimi che sembrava compatto.

Venti anni fa, il 2 aprile 2005, la Chiesa di Roma ha vissuto una pagina dolorosa: la morte di san Giovanni Paolo II, un padre più che un Papa. Ventisette anni di pontificato, dal 16 ottobre 1978, in un mondo profondamente cambiato sotto il suo regno. Allora, però, la Curia romana si ritrovò compatta sotto la guida mite e ferma del cardinale decano Joseph Ratzinger, divenuto, il 19 aprile 2005, Benedetto XVI, ovvero il successore di Wojtyla. La Chiesa diede al mondo una dimostrazione eloquente e credibile di unità e solidità: la più bella testimonianza dell’eredità del Papa polacco. Non divisioni in correnti, non polemiche sulla gestione economica della Santa Sede, non recriminazioni sulla spartizione dei posti di potere, non lotte per subentrare nella cabina di regia, ma maturità per affrontare una prova difficilissima: dare al mondo il successore di san Giovanni Paolo II.

Nel 2025, invece, la domanda sorge spontanea: chi prende le decisioni mentre il Papa è al Gemelli? Il governo della Chiesa, come è ben noto, rimane saldamente nelle mani di Francesco, ma è abbastanza evidente che Bergoglio non può decidere chi deve comunicare le sue condizioni di salute, cosa si deve comunicare e chi deve governare almeno l’ordinaria amministrazione della Curia romana. La sensazione è che si vada avanti per inerzia, finché la spinta propulsiva lo consentirà e le decisioni prese, per essere attuate, non avranno bisogno della conferma della suprema autorità, espressione curiale per indicare il vertice massimo del governo ecclesiale.

All’interno della Curia romana c’è chi continua ad animare il dibattito sulle dimissioni, chi sostiene fermamente che si è vescovo di Roma fino alla fine della vita, ma anche chi ormai è sfiduciato e attende tristemente che qualcuno, nella sacrestia di San Pietro, prema il tasto M12 sul quadro che attiva il suono delle campane. Un codice eloquente perché a ogni tasto corrisponde una diversa modalità di suono: a distesa, per i giorni di festa, e a martello, per i giorni di lutto. Ma pochissimi sanno quale suono corrisponda a M12. È l’annuncio del funerale papale. Un tasto che nessuno, nemmeno i nemici di Bergoglio, vogliono che sia premuto.

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