Travel retail in crescita, ma pesano dazi e inflazione
Crescita con il freno a mano, ma pur sempre in evoluzione. Nonostante i dazi, la ripresa dell’inflazione e l’incertezza geopolitica, il travel retail continuerà a marciare con il segno + grazie a un sostenuto volume di viaggi internazionali. E’ quanto emerso al forum dell‘Atri, l’Associazione travel retail Italia, svoltosi nei giorni scorsi a Caserta, con la partecipazione di 80 player in rappresentanza di oltre 70 aziende associate, tutte attive nel commercio e nei servizi operanti negli spazi aeroportuali, ferroviari, portuali. Continue reading Travel retail in crescita, ma pesano dazi e inflazione at L'Agenzia di Viaggi Magazine.


Crescita con il freno a mano, ma pur sempre in evoluzione. Nonostante i dazi, la ripresa dell’inflazione e l’incertezza geopolitica, il travel retail continuerà a marciare con il segno + grazie a un sostenuto volume di viaggi internazionali. E’ quanto emerso al forum dell‘Atri, l’Associazione travel retail Italia, svoltosi nei giorni scorsi a Caserta, con la partecipazione di 80 player in rappresentanza di oltre 70 aziende associate, tutte attive nel commercio e nei servizi operanti negli spazi aeroportuali, ferroviari, portuali.
Tra gli ospiti istituzionali Marco Nocivelli, vicepresidente di Confindustria con delega alle Politiche industriali e made in Italy, che ha evidenziato: «Il travel retail e il turismo hanno in comune un elemento positivo: registrano entrambi una crescita economica, ponendosi in controtendenza rispetto a uno scenario in contrazione (-3,5% della produzione nel 2024 rispetto al 2023). La forte interdipendenza tra il travel retail e il made in Italy rende dunque questo settore strategico per promuovere le nostre eccellenze a livello globale, sfruttando le enormi potenzialità ancora inespresse».
«Il progetto di una campagna nazionale di marketing e comunicazione sul made in Italy, con un coordinamento centrale – ha osservato Nocivelli – potrebbe contribuire a sviluppare nuovi mercati estremamente promettenti come l’Asia, dove le nostre vendite rappresentano poco più del 10% dell’export complessivo e come il Mediterraneo, il Medio Oriente, l’America Latina e l’Africa, che nel prossimo futuro avranno un impatto decisivo su scala globale in termini demografici ed economici».
«In questo contesto – ha concluso – è inoltre determinante investire molto nella lotta alla contraffazione, un fenomeno sempre più globale e pervasivo che mina il made in Italy e l’economia italiana: negli ultimi 16 anni sono stati sequestrati prodotti per un valor medio di oltre 16,1 miliardi di euro. Occorre rispondere con azioni di ampio respiro che responsabilizzino tutti gli attori coinvolti, anche in un sistema di reciproco controllo, promuovendo la trasparenza nello scambio delle informazioni con le autorità di enforcement».
Nel suo intervento intitolato “Il travel retail fra crescita e nuove opportunità di business” il presidente di Atri, Stefano Gardini, ha sottolineato l’andamento positivo dell’intero settore in Italia e in Europa, che cresce a un ritmo due/tre volte superiore al retail tradizionale. Uno scenario, di luci ed ombre, comunque influenzato principalmente dall’inflazione, dai conflitti internazionali, dalla capacità ricettiva degli aeroporti, dalla problematica dei dazi.
Il protezionismo della politica “America First”, voluto dalla presidenza Trump, coinvolge indirettamente anche l’economia del travel retail, con ripercussioni ancora difficili da stimare, anche in base alle reazioni, altrettanto protezionistiche, nei confronti degli Usa, che potrebbe mettere in atto l’Europa. Secondo Gardini emerge la necessità, in sede comunitaria, di ridefinire la strategia e il ruolo dell’Europa a livello globale, con la consapevolezza che non si possono affrontare queste sfide senza precedenti con le procedure di ieri. L’imposizione di dazi, infatti, potrebbe pesare per le aziende italiane per un valore tra i 4 ed i 7 miliardi di euro (dati Prometeia).
Tra gli aspetti positivi, invece, c’è lo sviluppo del traffico, grazie a una maggiore richiesta di passeggeri, che nel 2024 ha raggiunto un volume mondo pari a 9,5 miliardi, anche se «Aci Europe – ha spiegato Gardini – stima che in Europa le infrastrutture aeroportuali non saranno in grado di soddisfare fino al 12% della domanda nel 2050».
Il calo dei prezzi del greggio ha ridotto i costi operativi delle compagnie aeree, dato che il carburante rappresenta il 30% di quelli totali. Questo, unito alla forte domanda di traffico aereo, ha sostenuto la crescita di profitti. Non va però dimenticato che, nonostante questi benefici, le compagnie dovranno comunque affrontare aumenti salariali, costi operativi in crescita e ritardi nelle consegne degli aeromobili, il che obbliga a mantenere in funzione modelli più vecchi, con impatti negativi sull’efficienza del carburante e potrebbe tradursi in un aumento dei prezzi dei biglietti.
Tra gli aspetti negativi si inseriscono i conflitti in corso, con la conseguente chiusura degli spazi aerei con un impatto enorme, poiché le rotte più trafficate del mondo si sono concentrate su pochi corridoi sovraffollati. «Ad aggravare la situazione – ha notato il presidente di Atri – l’adozione, da parte dell’Ue del nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia lo scorso febbraio, che estende il divieto di volo inserendovi vettori di Paesi terzi che effettuano voli nazionali all’interno della Russia stessa. A queste aerolinee non sarà consentito volare in Europa».
Nonostante questo, il traffico passeggeri in Europa, secondo le stime Aci Europe, dovrebbe comunque crescere del 4% nel 2025, con l’Italia tra i Paesi che stanno avendo le migliori performance (+ 13,3% del 2019 al 2024 secondo Air Service One).
In Italia il traffico aereo crescerà del 3,6% nel 2025 (dato Eurocontrol flight forecast update). «Un trend importante – ha precisato Gardini – se si considera che nel 2024 abbiamo superato i 200 milioni di passeggeri con un traffico internazionale del 66% e una quota di mercato pari al 9% sul traffico totale europeo» .
Si osserva, inoltre, la crescita maggiore degli aeroporti di grandi dimensioni (con più di 15 milioni di passeggeri) che segnano un +15,6%, secondi solo agli scali con un traffico sotto il milione di passeggeri che hanno un tasso di crescita del 16,5%. Va inoltre osservato che l’aeroporto di Fiumicino, da solo, rappresenta circa un quarto del mercato italiano. Si tratta di un settore che ormai rappresenta in Italia un valore di 65 miliardi di euro (dato Luiss Assaeroporti), con 3 milioni di occupati se si considera anche l’indotto.
Nello scenario nazionale il presidente di Atri ha poi preso in considerazione anche il tema della fusione tra Ita Airways e Lufthansa Group: «Una operazione che rappresenta una concreta opportunità per il mercato italiano, soprattutto in ottica di crescita del turismo e della connettività nazionale, oltre alle positive ripercussioni nel travel retail legate a un incremento dei volumi».
In generale il comparto ha una previsione di crescita mondiale al 2032 fino a 200 miliardi di dollari (erano 73 miliardi nel 2023). Protagonisti di questo trend sono e saranno anche in futuro gli scali aeroportuali, che detengono il 60% del mercato, seguiti dal railway, dalle ferries, dai boarder shops, aerei, autostrade. In Europa, Germania e Francia continuano a rappresentare i maggiori mercati europei: la Germania detiene il 25% delle vendite, la Francia il 24,42%, la Spagna il 12% e l’Italia circa il 7%.
«A influire sullo sviluppo del mercato del travel retail saranno anche decisioni normative a livello europeo – ha chiuso Gardini – Molto dipenderà anche dalla battaglia che Atri sta conducendo insieme all’European travel retail confederation (Etrc) per la presenza dei Duty Free anche agli arrivi, che potrebbe far salire di oltre il 20% le vendite di settore».
Le normative sono dunque decisive per gli sviluppi di mercato, basti pensare che l’abbassamento della soglia del Tax free Shopping in Italia ha determinato una crescita del 42% delle transazioni e un +4% sulla spesa tax free, introducendo anche nuovi acquirenti da diversi Paesi, come gli svizzeri che rappresentano il 21% nella fascia di spesa, i sudamericani (14%) e i turchi (7%).