Stipendi, chi ha perso di più
È vero, come dice il Rapporto dell’Oil sui salari, che in Italia, il Paese del G20 dove le retribuzioni reali sono scese di più dal 2008 a oggi (-8,7%, contro un aumento di circa il 5% in Francia e di quasi il 15% in Germania), che nel 2024 la situazione è migliorata, grazie a un […] L'articolo Stipendi, chi ha perso di più proviene da Iusletter.

È vero, come dice il Rapporto dell’Oil sui salari, che in Italia, il Paese del G20 dove le retribuzioni reali sono scese di più dal 2008 a oggi (-8,7%, contro un aumento di circa il 5% in Francia e di quasi il 15% in Germania), che nel 2024 la situazione è migliorata, grazie a un aumento degli stipendi superiore a quello dell’inflazione. Ma questo +2,3% è poca cosa rispetto al potere d’acquisto perso negli ultimi 17 anni. Il rapporto non lo dice, ma questo è accaduto anche per colpa del fiscal drag, un fenomeno di cui si parlava molto negli anni Settanta e Ottanta e che invece ora viene stranamente trascurato.
Come dimostrato da diversi studi (Bruno Anastasia, Marco Leonardi e altri), nonostante i ripetuti tagli del cuneo dal 2020 in poi, le maggiori tasse pagate a causa dell’aumento del reddito nominale spinto dall’inflazione (i prezzi sono saliti di circa il 20% tra il 2019 e oggi), non sono state compensate, determinando un impoverimento del salario reale netto. Al quale ha contribuito anche una dinamica delle retribuzioni contrattuali che, come si legge nel rapporto dell’Oil, nonostante siano aumentate in media del 15% in termini nominali, hanno perso oltre 5 punti rispetto all’inflazione. Questo in generale, ma quali sono le categorie che hanno sofferto di più? Rispondere a questa domanda è necessario perché lo scenario sottostante le medie è estremamente variegato. Si va dai lavoratori anziani col posto fisso ai giovani precari, agli stranieri.
Una fotografia attendibile della situazione è contenuta nell’ultimo Rapporto Inps (settembre 2024) che analizza le retribuzioni lorde di fatto per l’insieme dei dipendenti pubblici e privati (esclusi i lavoratori domestici e agricoli, di cui parleremo dopo). Si tratta, specifica l’Inps, delle «retribuzioni effettivamente erogate» in base al «tempo effettivamente lavorato». E già, perché un conto è lavorare a tempo pieno tutto l’anno, prendendo una retribuzione lorda che nel 2023 è stata in media di 39.176 euro, e un altro è lavorare sempre tutto l’anno ma part time, perché in questo caso la busta paga è più che dimezzata: in media 17.966 euro lordi.
Classifiche
Gli incrementi maggiori nelle banche e nelle costruzioni Male istruzione e rifiuti
Situazione ancora peggiore se si lavora solo una parte dell’anno (contratti a termine e altro). Qui la retribuzione lorda media nel 2023 è stata di 18.129 euro per chi ha lavorato a tempo pieno e di 8.490 euro per chi invece ha lavorato part time.
Se scendiamo nel dettaglio delle categorie, vediamo che, nel periodo 2019-2023, un dipendente privato a tempo indeterminato ha visto aumentare la propria retribuzione del 6,4%, arrivando nel 2023 a una media lorda di 29.417 euro, e un dipendente pubblico dell’8,4%, arrivando a 37.898. Ma se in queste stesse categorie prendiamo un dipendente a termine, l’aumento scende all’1,4% nel settore privato, per una retribuzione lorda media di 10.156 euro, e addirittura scende del 3,2% nel pubblico, fermandosi a 16.990 euro. Ancora più in dettaglio, stando alle tabelle Inps, gli aumenti maggiori, tra il 10 e il 12% nel periodo 2019-23, sono andati ai dipendenti dell’industria alimentare, delle costruzioni, del credito e finanza, dell’intrattenimento e della comunicazione.
Sindacati deboli
Gli aumenti contrattuali non tengono il passo con i prezzi: persi più di 5 punti in 10 anni
In fondo alla classifica, con incrementi del 3-4%, i lavoratori dell’istruzione e del settore acqua e rifiuti.
Ci sono infine le disparità di genere. Nel 2023 la retribuzione media lorda dei dipendenti è stata di 28.766 euro per gli uomini e di 22.162 per le donne, 6.604 euro in meno. Ma conta anche l’età. Quelli che in media guadagnano meno sono i giovani fino a 29 anni: 14.271 euro lordi nel 2023, che salgono a 27.208 euro tra 30 e 54 anni e a 31.797 euro oltre. Infine, pesa la cittadinanza. Sempre nel 2023, la retribuzione media lorda è stata di 27.162 euro per i lavoratori italiani e di 16.358 per gli extraUe. C’è poi un mondo a parte, quello dei lavoratori domestici e degli operai dell’agricoltura. L’Inps censisce solo quelli regolari, una parte del tutto. Nel 2023 risultavano 834mila domestici con una paga media settimanale di 185 euro lordi e 991mila operai agricoli con una retribuzione media annua di 11.100 euro lordi.
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