Soffre di sclerosi multipla da 20 anni. Il tribunale: niente suicidio assistito
La 50enne aveva chiesto l’applicazione della sentenza della Corte costituzionale "Come faccio a vivere così?".

La sua vita non dipende dal sostegno vitale. Per questo i giudici di Trieste rigettano la richiesta di suicidio assistito di Martina Oppelli, architetta 50enne affetta da oltre venti anni da sclerosi multipla. Il tribunale, secondo la donna, avrebbe dovuto ordinare all’Asl di applicare la sentenza della Corte costituzionale. Riconoscendo così il suo diritto alla morte assistita. Ma i giudici, dopo aver ordinato una valutazione effettuata da medici specializzati, hanno deciso che Oppelli "non dipende da trattamenti di sostegno vitale quindi non ha diritto ad accedere al suicidio assistito in Italia", a quanto riferisce l’associazione Luca Coscioni che ha assistito la malata. "Come faccio io, totalmente immobile, a bere, a mangiare, ad assumere farmaci nelle 24 ore, poiché necessito di antiepilettici anche la notte? Chi mi schiaccia la pancia fino a frullarla per riuscire ad espletare i bisogni fisiologici? Chi mi lava? Chi mi cambia i presidi per l’incontinenza? Chi si spezza la schiena per riuscire a piegarmi anche solo una gamba? Chi mi accende il computer per poter accendere i comandi vocali indispensabili per lavorare?", dice la 50enne malata di sclerosi multipla secondaria progressiva. "Evidentemente io sono qui a pettinare le bambole, citando Bersani", aggiunge sarcastica. "Avendo un’invalidità certificata del 100 per cento con gravità riconosciuta ai sensi della legge 104, mi chiedo dunque se le commissioni esaminatrici non si siano sbagliate", prosegue in una nota diffusa dall’associazione Coscioni.
Alessandro D’Amato