Siria, Osservatorio: “Quasi 1.000 civili uccisi nei massacri delle minoranze in corso dal 6 marzo”. L’Onu: “Sterminate intere famiglie”
Almeno 973 civili sono rimasti uccisi nelle decine di massacri commessi a partire dal 6 marzo scorso in quattro province della Siria occidentale ai danni delle minoranze locali, soprattutto quella alawita da cui proviene l’ex dittatore Bashar al-Assad, crimini che secondo le Nazioni Unite hanno visto lo sterminio di “intere famiglie” e per cui l’attuale […]

Almeno 973 civili sono rimasti uccisi nelle decine di massacri commessi a partire dal 6 marzo scorso in quattro province della Siria occidentale ai danni delle minoranze locali, soprattutto quella alawita da cui proviene l’ex dittatore Bashar al-Assad, crimini che secondo le Nazioni Unite hanno visto lo sterminio di “intere famiglie” e per cui l’attuale leader di Damasco Ahmed al-Sharah ha promesso “giustizia”.
La violenza è ripresa giovedì 6 marzo, quando alcuni presunti combattenti fedeli al regime caduto lo scorso 8 dicembre con la fuga di Assad in Russia hanno teso un’imboscata alle forze di sicurezza della nuova amministrazione ad interim siriana a Jableh, nella provincia costiera di Latakia, scatenando un’ondata di ritorsioni, anche contro i civili appartenenti alla minoranza alawita. Gli scontri poi sono ricominciati domenica 9 marzo dopo che gli uomini di al-Sharah sono stati attaccati da presunti fedelissimi di Assad in una centrale elettrica a Banias, sempre nella provincia di Latakia.
In totale, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, dal 6 al 9 marzo sono rimaste uccise almeno 1.454 persone, compresi circa “250 uomini armati affiliati al precedente regime” e “231 membri dei servizi di sicurezza e del ministero della Difesa” di Damasco. Il bilancio più grave però riguarda le vittime civili, che ammonterebbero a 973 morti, uccisi in “39 massacri e altre esecuzioni individuali commesse da forze militari e di sicurezza sulla costa siriana e sui monti della provincia di Latakia”.
“Stiamo ricevendo resoconti estremamente inquietanti di intere famiglie, tra cui donne, bambini, e di combattenti ormai inoffensivi che vengono uccisi”, ha commentato da Ginevra l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk, chiedendo di “cessare immediatamente l’uccisione di civili nelle zone costiere della Siria nordoccidentale”. Le violenze, secondo i resoconti citati dal funzionario dell’Onu, sono state commesse sia “da parte dei membri delle forze di sicurezza delle autorità di transizione, nonché da parte di elementi associati al precedente governo”.
Ieri però il leader ad interim di Damasco ha promesso di perseguire i responsabili dello “spargimento di sangue di civili. Durante un discorso tenuto in una moschea della capitale, Ahmed al-Sharah ha invitato tutte le parti a “preservare l’unità nazionale e la pace civile” e ha annunciato la formazione di una “commissione d’inchiesta indipendente” sugli “abusi contro i civili”, al fine di identificare i responsabili e “assicurarli alla giustizia”.
“Chiederemo conto, (…) senza clemenza, a chiunque sia coinvolto nello spargimento di sangue di civili”, ha poi assicurato in un video trasmesso dall’agenzia di stampa ufficiale siriana Sana, annunciando la formazione di un comitato per “proteggere la pace civile”. Oggi ci poniamo come garanti di tutto il popolo siriano e di tutte le fedi e proteggiamo tutti allo stesso modo”, ha assicurato il ministro degli Esteri della nuova amministrazione siriana, Assaad al-Shaibani durante una visita in Giordania.
Intanto, questa mattina, il ministero della Difesa siriano ha annunciato sui social la fine dell’operazione militare contro i fedelissimi del precedente regime. “Le istituzioni pubbliche sono ora in grado di riprendere il loro lavoro e fornire servizi essenziali”, ha dichiarato su X il colonnello Hassan Abdul Ghany, portavoce del ministero di Damasco. “Stiamo aprendo la strada al ritorno alla normalità e al consolidamento della sicurezza e della stabilità. Siamo stati in grado di assorbire gli attacchi dei resti del precedente regime e dei suoi ufficiali. Abbiamo tolto loro l’elemento sorpresa e siamo riusciti a respingerli dai centri vitali, proteggendo la maggior parte delle strade principali”. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani però, malgrado gli annunci di Damasco, la violenza non si è fermata e gli scontri continuano anche oggi nella località di Harisoun, nella campagna vicino a Banias.