Scoppia la guerra del vino. Pronti dazi del 200 per cento
Trump minaccia l’Ue, nel mirino anche lo champagne. A rischio quasi 5 miliardi

C’è già chi l’ha ribattezzata la guerra dello champagne & del whisky o anche la guerra delle bollicine. Fatto sta che uno dei terreni di scontro della grande partita dei dazi è quello dei vini e degli alcolici. Tanto che Donald Trump minaccia l’Unione europea con dazi del 200% su questi prodotti, alimentando i timori di una guerra commerciale a tutto campo sulle due sponde dell’Atlantico. Con accuse durissime nei confronti del Vecchio Continente, definito "ostile" e "molto cattivo", il presidente americano ha annunciato sul suo social Truth che procederà con le tariffe indicate se l’Ue "non rimuoverà immediatamente" i dazi sul whisky americano, annunciati da Bruxelles in risposta a quelli sull’acciaio e l’alluminio varati dalla Casa Bianca.
Non basta. Incontrando il segretario generale della Nato Mark Rutte, ha rincarato la dose precisando di non essere intenzionato a piegarsi sulle tariffe sui metalli né tantomeno su quelle reciproche che dovrebbero scattare il 2 aprile. "Siamo stati derubati per anni, e non lo saremo più", ha incalzato mostrando la sua forte determinazione a procedere nonostante le tensioni sui mercati finanziari: con Wall Street di nuovo in profondo rosso. Dietro le quinte, del resto, la frustrazione dei Ceo delle grandi aziende americane monta con il passare dei giorni. Il timore è quello di una recessione ma, soprattutto, di una stagflazione dalla quale emergere avrebbe un costo molto alto.
La mancanza di certezze su come Trump intende procedere è l’aspetto che più innervosisce i leader delle big americane che – secondo indiscrezioni – stanno guardando con estrema preoccupazione al pugno duro del presidente contro il Canada.
L’Ue invece sembra intenzionata a procedere sulla via del dialogo. "Non ci piacciono i dazi perché pensiamo che siano delle tasse e che siano negativi per le imprese e per i consumatori. Abbiamo sempre detto che difenderemo i nostri interessi. Lo abbiamo detto e dimostrato. Ma allo stesso tempo voglio anche sottolineare che siamo aperti ai negoziati", ha spiegato la presidente della commissione EU, Ursula von der Leyen, sottolineando che il commissario al Commercio è in contatto con la sua controparte negli Stati Uniti e oggi parleranno su questo tema.
La novità di ieri è la guerra sugli alcolici. Durante il suo primo mandato, Trump aveva imposto tariffe sul settore senza mai però spingersi al 200%. All’epoca minacciò anche dazi sullo champagne ma, alla fine, non diede seguito alle sue parole. Oggi, però, la situazione e il clima sono differenti. L’ipotesi di una stretta tariffaria gela i colossi del settore, la cui intensa lobby a Washington degli ultimi mesi non sembra aver dato frutti. In borsa i titoli di Lvmh, produttore dello champagne Moet & Chandon, hanno chiuso in calo dell’1,1%, mentre quelli di Remy Cointreau del 4,7%. Pernod Ricard è calata del 4%, Campari del 4,3% e Heineken dell’1,5%. Bernard Arnault, uno degli uomini più ricchi al mondo grazie al suo Lvhm, è un amico di lunga data di Trump e ha partecipato anche al suo giuramento. Non è chiaro però se l’amicizia che li lega possa spingere Arnault a cercare di convincere il presidente a ripensarci e, soprattutto, se Trump sia disposto ad ascoltarlo.
La perdita dell’economia europea non sarebbe da poco: circa 4,9 miliardi di euro di export, il totale delle esportazioni dirette Oltreoceano, secondo una stima dell’Uiv. È quindi "grandissima" la preoccupazione "per una escalation tariffaria che avrebbe effetti dirompenti su entrambi i lati dell’Atlantico", fanno sapere da Federvini. Con danni ingenti e "probabilmente irreparabili, coinvolgendo filiere produttive, decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di lavoratori, sia negli Stati Uniti sia in Europa". Il solo export italiano di vino verso gli Usa vale quasi 2 miliardi di euro ed è in crescita. "Con tariffe di queste (s)proporzioni, i nostri produttori di vino perderebbero il partner commerciale numero uno al mondo", sottolinea Massimiliano Giansanti, Presidente Confagricoltura.