Savoia sconfitti in tribunale: i gioielli della Corona restano allo Stato italiano

I gioielli della corona non sono della famiglia Savoia, ma appartengono al Popolo italiano. Parliamo di brillanti, diademi, tiare per un valore di 300 milioni. Sono nostri, appunto, degli italiani. Lo ha scritto a chiare lettere il Tribunale Civile di Roma: “Gli attori non possono vantare alcun titolo di proprietà sui beni rivendicati che non […] L'articolo Savoia sconfitti in tribunale: i gioielli della Corona restano allo Stato italiano proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 16, 2025 - 04:20
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Savoia sconfitti in tribunale: i gioielli della Corona restano allo Stato italiano

I gioielli della corona non sono della famiglia Savoia, ma appartengono al Popolo italiano. Parliamo di brillanti, diademi, tiare per un valore di 300 milioni. Sono nostri, appunto, degli italiani. Lo ha scritto a chiare lettere il Tribunale Civile di Roma: “Gli attori non possono vantare alcun titolo di proprietà sui beni rivendicati che non sono del resto mai appartenuti a Re Umberto II per essere di proprietà dello Stato fin dal tempo dello Statuto Albertino e rimasti tali nel passaggio alla Costituzione Repubblicana”. Caso chiuso.

Tutto era cominciato nel 2021 quando gli eredi dell’ex famiglia reale avevano battuto cassa. Vittorio Emanuele (poi deceduto), Maria Beatrice, Maria Pia e Maria Gabriella avevano convenuto in giudizio la Banca d’Italia che per quasi ottant’anni aveva custodito il tesoro nel profondo dei suoi caveau. “I gioielli sono nostri”, sostenevano i figli di Umberto II, l’ultimo re d’Italia, “e se pure non lo fossero stati in precedenza, ormai ne abbiamo acquisito la proprietà”.

Già, la base giuridica della richiesta era la cosiddetta “usucapione”. In termini tecnici: “La modalità di acquisto di un bene che si compie mediante il possesso continuo, pacifico, ininterrotto e manifesto”. In parole povere: se tu hai il possesso pacifico – cioè non contestato – di un bene per un determinato periodo di tempo, ecco che ne acquisti la proprietà. Da qui, da questo istituto giuridico risalente al diritto romano, erano partiti i Savoia per mettere a punto la strategia nel contenzioso civile in corso con lo Stato italiano. Una causa avviata nel tentativo di riappropriarsi dei gioielli della Corona, per il valore di 300 milioni di euro, depositati nella Banca d’Italia da un funzionario della Real Casa il 5 giugno 1946. Il pezzo più pregiato è la tiara della regina Margherita e della regina Elena, un grande diadema a 11 volute di brillanti, attraversato da un filo di perle orientali, per un totale di 11 perle a goccia di grani 720, 64 perle tonde del peso di grani 975, 1.040 brillanti del peso di grani 1.167.

La ricostruzione dell’avvocato Sergio Orlando, che assiste i Savoia, puntava anche su questo punto: “Re Umberto II e la Banca d’Italia – si legge negli atti – il 5 giugno 1946 hanno stipulato un contratto di deposito, affinché la Banca custodisse i gioielli per suo conto e li consegnasse a chi di diritto”. Sempre Orlando per avvalorare la pretesa dei Savoia aveva citato un passaggio dei diari di Luigi Einaudi – dalla pagina 656 alla 659 – che all’epoca era governatore della Banca d’Italia e poi sarebbe diventato il primo presidente della Repubblica italiana. Scrisse Einaudi: “Il Re mi riceve come al solito e forse un po’ più serio, e mi comunica che in conseguenza degli avvenimenti egli desidera che le gioie così dette della corona non vadano immediatamente in mano ad un commissario (…) Egli desidera che esse siano depositate presso la Banca d’Italia per essere consegnate poi a chi di diritto”.

Ma il tentativo dei Savoia di recupare il tesoro indossato soprattutto da regine e principesse del Regno è stato rigettato dal magistrato: “Che possa trattarsi di beni personali è documentalmente escluso come si è detto dal verbale del deposito nel quale è esplicito l’avvenuto affidamento dei gioielli alla Banca d’Italia in quanto beni di dotazione della Corona“. Ecco, appunto, della Corona come istituzione e non dei sovrani come persone fisiche. Non basta: la Costituzione afferma che “i beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato”. I gioielli sono ufficialmente degli italiani. Lo dice la sentenza con tanto di intestazione: “Repubblica Italiana, in nome del Popolo Italiano”.

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