Sanità pubblica, fondi fermi e letti tagliati: così il Pnrr non cura nessuno

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Apr 2, 2025 - 19:25
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Sanità pubblica, fondi fermi e letti tagliati: così il Pnrr non cura nessuno

Questo articolo fa parte di un dossier in quattro puntate dedicato alla crisi del Servizio sanitario nazionale (Ssn).

A oltre quattro anni dallo scoppio della pandemia di Covid-19, il sistema sanitario pubblico italiano continua a essere oggetto di tagli, ritardi e scelte politiche che ne minano la tenuta. Attraverso questa serie analizziamo cause, effetti e responsabilità del progressivo smantellamento del Ssn, mettendo in luce le sue gravi conseguenze sociali, economiche e territoriali.

Ecco gli articoli che compongono il dossier:

  1. Sanità pubblica al collasso: il definanziamento del Ssn e il fallimento delle promesse post-Covid
    Una panoramica sullo stato attuale del Ssn e sul definanziamento che lo ha colpito negli ultimi decenni, aggravato dal mancato utilizzo dei fondi del Pnrr.
  2. Sanità pubblica, fondi fermi e letti tagliati: così il Pnrr non cura nessuno
    Un focus sul simbolo della crisi pandemica: la drammatica riduzione dei posti letto. Con una denuncia sull’incapacità (o volontà) della politica di spendere i fondi disponibili.
  3. Sanità pubblica allo stremo: mancano medici, infermieri e strutture di prossimità
    L’emergenza del personale sanitario e il collasso della medicina di prossimità, con particolare attenzione alle diseguaglianze territoriali e alla scomparsa della prevenzione.
  4. La distruzione del Servizio sanitario nazionale favorisce le multinazionali della sanità privata
    L’aumento della spesa sanitaria a carico delle famiglie e lo spostamento verso la sanità privata: un quadro allarmante di come le scelte politiche stiano svuotando il diritto alla salute.

Puoi leggerli nell’ordine che preferisci, oppure partire da qui.


Dopo la pandemia, promesse tradite e fondi sprecati

Negli anni post-pandemia (2019-2024), le risorse pubbliche destinate al Fondo sanitario nazionale (Fsn) sono aumentate rispetto ai pesanti tagli del decennio precedente (2010-2019). Tuttavia, questo incremento si è rivelato insufficiente, perché non tiene conto dell’inflazione, dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento dei bisogni sanitari. Tra i nodi più critici emersi con la pandemia c’è la carenza di posti letto, ovvero la possibilità per ogni cittadino di accedere a una postazione di cura per malattie acute, comprese quelle che richiedono terapia intensiva o subintensiva. Anche su questo fronte, i dati continuano a essere tutt’altro che rassicuranti.

Nonostante il dramma della pandemia, e tutte le promesse che ne sono seguite, negli ultimi cinque anni il totale numero di posti letto assoluti a disposizione dei pazienti in Italia è addirittura diminuito. È aumentato solo quello per le terapie intensive, ma di nuovo in maniera insufficiente. E questa ricerca simbolica sui posti letto ci permette così di evidenziare il secondo grande dramma della gestione della sanità postpandemica: l’incapacità da parte della politica di utilizzare i fondi messi a disposizione del Pnrr. O meglio, a questo punto sarebbe il caso di dire: la precisa volontà di non utilizzare quei fondi. Per distruggere ancora una volta la sanità pubblica, e favorire quella privata. 

Posti letto in crollo: 50mila in meno dopo la pandemia

Sui posti letto già i dati prepandemici erano preoccupanti. Nel 1980 in Italia c’erano quasi mille posti letto per malati acuti ogni 100mila abitanti, un’ottima media. All’alba degli anni Zero, con la riforma della sanità pubblica a tutto vantaggio di quella privata, i posti letto si dimezzano: nel 1998 sono 580 per 100mila abitanti. Le cose continuano a peggiorare. Nel 2007 sono 430, nel 2017 sono 360, a fronte di una media europea che rimane sui 500 circa. Oggi sono addirittura scesi a 314 ogni 100mila abitanti. 

Lo denunciava lo scorso maggio una settantina di società scientifiche riunite nel Fossc (Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri ed Universitari Italiani), raccontando come nei tre anni seguenti all’emergenza Covid-19 il numero dei posti letto totali fosse diminuito. Il tutto a fronte dell’aumento della popolazione e all’invecchiamento della stessa. 

Lo stesso dato si può osservare anche attraverso i numeri dei posti letto assoluti a disposizione dei cittadini italiani. Nel 2020 in Italia i posti letto totali tra pubblico e privato erano 257.977. Poi si sono ridotti a 225.469 nel 2022. E poi si sono ridotti di nuovo a 215.827 nel 2023. Tutti questi numeri si possono tranquillamente ricavare dall’Annuario del Ssn relativo al 2023 pubblicato dal Ministero della Salute. L’ultimo disponibile. E oggi? Oggi va ancora peggio. Secondo l’Istat, a marzo 2025 i posti letto disponibili nel Paese sarebbero crollati addirittura a 209.568

Una sanità senza spazio: mancano 100mila letti e 12mila terapie intensive

Di fronte al crollo dei posti letto totali disponibili, come abbiamo visto se ne sono persi più di 50mila negli ultimi cinque anni, sono aumentati quelli per la terapia intensiva e subintensiva. Secondo il rapporto Health at a Glance 2023, nel 2023 i posti disponibili in terapia intensiva sarebbero 11,5 ogni 100mila abitanti. In risalita quindi rispetto agli 8,5 del 2019. Secondo una stima del 2024 dell’Istituto Mario Negri: «In Italia ci sono più di 7.500 posti letto di Terapia Intensiva, ripartiti tra unità generali o specializzate nella gestione di particolari tipologie di pazienti». Il che equivale a una media di 12,5 ogni 100mila abitanti. 

Il problema è che questi numeri non contrastano con l’allarme lanciato dal Fossc. O con i numeri del ministero della Salute, o con i dati dell’Istat. Come nel caso delle allocazioni al Fsn, l’aumento relativo di alcuni numeri è valido solo se non si tiene conto di tutta una serie di altri fattori. A partire dal fatto che i posti letto assoluti sono diminuiti di oltre un quarto: 50mila unità dalla fine della pandemia, appunto. Ecco perché, questi dati trionfalistici rivendicati dalle strutture private lasciano il tempo che trovano. Anche qui, come nel caso dell’aumento delle spese governative nel Fondo sanitario nazionale, si tratta di un aumento relativo che, a causa di diversi fattori, non può essere considerato un aumento assoluto. 

Per questo, è corretto dire, come fa una più recente analisi dello stesso Fossc:  «Si stima che, negli ospedali italiani, manchino almeno 100mila posti letto di degenza ordinaria e 12mila di terapia intensiva». La questione della mancanza di posti letto – diventata emblema della distruzione del Snn durante la pandemia – apre alla questione di come siano stati utilizzati i fondi messi a disposizione tramite il Pnrr dopo la pandemia. O meglio, di come non siano stati utilizzati.

Pnrr e sanità: soldi disponibili, ma spesi solo in minima parte

Secondo la precisa analisi operata dalla Fondazione Openpolis, al 30 settembre l’Italia ha speso appena 57,7 miliardi di euro. Ovvero solo il 30% dei fondi disponibili attraverso il Pnrr. E la cosa drammatica è che tra le componenti che hanno ricevuto meno soldi risultano “Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale (M6C2)” e “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale (M6C1)”. Nella sanità infatti, ne sono stati spesi ancora meno. Come spiega Andrea Capocci su il manifesto: «Dei quasi 20 miliardi stanziati per la missione Salute del Pnrr, finora ne risultano spesi meno di 3 e mezzo. Il 18% del totale».

Prendiamo come esempio la ricaduta della mancanza di utilizzo dei fondi del Pnrr proprio sui posti letto della terapia intensiva e subintensiva. Non solo sono insufficienti, ma ne sono stati fatti molti di meno di quelli che si sarebbero potuti fare con i soldi a disposizione. Nella rimodulazione dei fondi della Missione salute del Pnrr, infatti, il numero di posti letto di terapia intensiva e semi intensiva finanziati sono passati rispettivamente da 3.500 a 2.692 e da 4.225 a 3.230». Lo si evince tranquillamente dai dati pubblicati dallo stesso Ministero della Salute

Il problema, come spiega anche un’altra analisi della Fondazione Openpolis, è che non solo si è deciso di diminuire la creazione di posti letto rispetto a quelli che si sarebbero potuti fare. Ma che anche di questi pochi che si è deciso di fare, finora ne sono stati realizzati solo la metà. E la scadenza del Pnrr è nel 2026, praticamente domani. E così la questione dei posti letto, simbolo della pandemia, apre alle due nuove criticità di cui ci occuperemo nella terza e quarta parte di questo dossier. La mancanza di medici, infermieri e strutture di prossimità dedicate alla prevenzione. E l’incredibile sperequazione delle possibilità di cura tra le varie Regioni del Paese, con costi enormi che ricadono sui bilanci delle stesse e, ovviamente, sui cittadini e sulle famiglie.

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