Reti e consulenza, alla ricerca dei rendiconti perduti
All’indomani del lancio della Unione Risparmio e Investimento, promossa dalla Commissione Europea per stimolare gli investimenti dei cittadini e rendere i mercati finanziari più integrati ed efficienti, si riaccende il dibattito sulla trasparenza del rapporto tra investitori e intermediari finanziari . Per incentivare la partecipazione ai mercati dei capitali e mobilitare gli investimenti nell’economia europea, infatti, è fondamentale... Leggi tutto

All’indomani del lancio della Unione Risparmio e Investimento, promossa dalla Commissione Europea per stimolare gli investimenti dei cittadini e rendere i mercati finanziari più integrati ed efficienti, si riaccende il dibattito sulla trasparenza del rapporto tra investitori e intermediari finanziari . Per incentivare la partecipazione ai mercati dei capitali e mobilitare gli investimenti nell’economia europea, infatti, è fondamentale che gli investitori al dettaglio siano tutelati e abbiano accesso a un servizio di qualità a un prezzo chiaro e il più contenuto possibile.
Un ruolo chiave, in questo senso, lo riveste il Rendiconto Costi e Oneri , il documento introdotto dalla direttiva MiFID II del 2018, che gli intermediari finanziari sono tenuti ad inviare agli investitori con cadenza almeno annuale e in cui devono essere esplicitate tutte le voci di costo sostenute dai clienti per i propri investimenti. Uno strumento ancora non adeguatamente conosciuto e compreso dagli italiani , come emerge dall’ultimo sondaggio di Moneyfarm , società di consulenza finanziaria con approccio digitale, che a distanza di un anno torna a fare il punto su un documento essenziale per la gestione delle risorse finanziarie personali e per la valutazione della redditività degli investimenti effettuati.
Dall’analisi di un ampio campione di investitori, emerge come il 36% abbia una conoscenza nulla o limitata dell’esistenza del Rendiconto Costi e Oneri , nonostante la quasi totalità degli intervistati (97%) considera i costi e le commissioni un fattore rilevante nelle decisioni di investimento. L a consapevolezza circa l’esistenza dei “rendiconti ex post” cresce al crescere della propensione al rischio: il profilo più esperto essere uomo (64%), tra i 43 ei 58 anni (70,04%), con propensione al rischio elevata (65%) e un patrimonio investibile mediano sembra intorno agli 80mila euro. Anche tra chi è a conoscenza dell’esistenza del Rendiconto, però, vi è grande incertezza sulle modalità di informazione : quasi il 60% ammette di aver fatto fatica a reperire il documento, di non sapere dove trovarlo o di non averlo mai ricevuto, mentre solo il 40% sa con certezza che deve essere inviato dagli intermediari ogni anno entro il 30 aprile.
I l livello di coinvolgimento sul tema resta minimo: quasi il 74% di coloro che dichiarano di conoscere e hanno ricevuto il documento non ne ha mai discusso con il proprio consulente e più della metà afferma di non aver mai ricevuto una notifica proattiva nell’area riservata del proprio home banking . Rispetto allo scorso anno, aumenta sia il numero di chi ha letto il Rendiconto (+7,2%), che il numero di coloro che sono interessati ad approfondirne il contenuto (+18%), con punte del 71% tra le rispondenti donne, mentre non si segnalano miglioramenti sul livello di comprensione del testo, trovato chiaro ed esaustivo solo dal 38% circa degli intervistati.
Raddoppia , invece, il numero di quanti sono consapevoli dell’esistenza di una versione analitica del documento e hanno effettivamente richiesto di visionarla (dal 3,2% al 6,4% di quanti conoscono il Rendiconto), anche se si tratta pur sempre di una porzione minima sul totale del campione.
Chi conosce il Rendiconto sceglie gli ETF
La stragrande maggioranza (72,5%) di chi conosce il Rendiconto e mostra quindi una maggiore consapevolezza dell’impatto dei costi sulla performance degli investimenti, ritiene gli ETF il prodotto con il miglior rapporto costi/benefici , in netta controtendenza con gli strumenti effettivamente custodi dai risparmiatori italiani, che scelgono gli ETF solo nel 15% dei casi, contro il primato dei fondi comuni di investimento, al 39% . Tra chi ha una chiara comprensione dei costi sostenuti, la scelta degli ETF raggiunge il 79,5%. L’attenzione ai costi e la conoscenza dei mezzi informativi a tutela degli investitori vanno di pari passo con il giudizio positivo espresso da parte dei clienti più informati nei confronti del servizio di consulenza ricevuto : più della metà di quanti conoscono con esattezza il Rendiconto reputa il costo della consulenza adeguata rispetto al valore del servizio ricevuto. Numeri che evidenziano come una maggiore trasparenza non solo aiuti gli investitori a prendere decisioni più informate, ma migliori anche la percezione del valore del servizio erogato. Percezione correlata positivamente anche alla propensione al rischio, con il 42% degli investitori con profilo di rischio elevato che ritengono il costo pagato adeguato al servizio ricevuto, contro il 26% degli investitori con profilo di rischio basso.
Giovani disinformati ma interessati ad approfondire
Nonostante sia stato effettuato su un campione con un livello medio di istruzione elevato (in cui ad avere una laurea è il 61% dei rispondenti, il 13% dei quali in discipline economico-finanziarie), il sondaggio evidenzia una minore familiarità con il Rendiconto tra le nuove generazioni: i giovani fino a 27 anni hanno conoscenze meno precise sulle spese sostenute per gli investimenti, con il 66,7% che ne ha un’idea solo di costi approssimativa e soltanto uno su tre al corrente dell’influenza dei sulla performance delle soluzioni . Tra gli intervistati GenZ si registra la percentuale più alta (17,54%) di chi non ha mai sentito parlare di “Rendiconto Costi e Oneri”, una percentuale quasi doppia rispetto a Boomers e GenX, e di chi, pur avendone sentito parlare, non conosce la scadenza entro cui il documento deve essere recapitato ogni anno (33%). In controtendenza il dato secondo cui le generazioni più giovani sarebbero le più consapevoli della possibilità di richiedere il dettaglio analitico del documento (36,1% per la GenZ e 35,4% per i Millennials, contro il 33% dei Boomers), oltre che le più interessate ad approfondirne il contenuto (59,2% per la GenZ e 64,53% per i Millennials, contro il 55,8% dei Boomers).
« Anche quest’anno, il quadro che emerge dal nostro sondaggio restituisce un’immagine leggermente meno preoccupante rispetto ad altre ricerche, come ad esempio il Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, secondo cui il 66% degli intervistati non comprende – o comprende in modo errato – i costi legati ai servizi di investimento.
Come Moneyfarm, da anni portiamo avanti un impegno concreto sul fronte dell’educazione finanziaria, con l’obiettivo di trasmettere un messaggio semplice ma fondamentale: i costi sono l’unica variabile certa negli investimenti, ed è essenziale comprenderli fino in fondo.
I risultati del nostro sondaggio dimostrano che una maggiore trasparenza non solo consente agli investitori di prendere decisioni più consapevoli, ma contribuisce anche a migliorare la percezione del servizio ricevuto. Trasparenza e consapevolezza sono un binomio vincente per rafforzare la fiducia degli investitori retail e rappresentano pilastri essenziali per favorire una partecipazione dei cittadini più ampia e informata ai mercati dei capitali. In questo senso, guardiamo con favore alla Saving Investment Union promossa dalla Commissione Europea, che mira proprio ad assicurare un elevato livello di tutela per gli investitori e un buon rapporto qualità-prezzo per i prodotti e servizi finanziari » ha commentato Andrea Rocchetti, Global Head of Investment Advisory di Moneyfarm.
« Ad oggi in Europa, circa 11 trilioni di euro di risparmi sono detenuti sotto forma di depositi bancari, soluzioni che, per quanto sicure e facilmente accessibili, generano un rendimento relativamente basso rispetto agli investimenti in strumenti del mercato dei capitali. La trasparenza dei costi e l’alfabetizzazione finanziaria rappresentano leve fondamentali per incoraggiare i risparmiatori ed incentivarli a detenere una quota maggiore dei loro fondi in soluzioni che possono garantire loro rendimenti più elevati e contribuire direttamente alla creazione di posti di lavoro e alla crescita economica. La partecipazione proattiva del pubblico retail è essenziale affinché il mercato dei capitali dell’Unione acquisisca una scala e una profondità tali da offrire la necessaria gamma di opportunità di finanziamento a tutte le imprese dell’UE, comprese le più innovative» ha aggiunto Massimo Scolari, Presidente di Ascofind, che ha collaborato all’indagine di Moneyfarm.