Rallye Sanremo 1966: Munari voleva (già) smettere

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Mag 1, 2025 - 17:42
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Rallye Sanremo 1966: Munari voleva (già) smettere

Cosa sarebbe stato il rally senza Sandro Munari?

Domanda difficile, come sempre del resto quando si tratta di ipotizzare un percorso storico diverso da quello verificatosi in realtà, e ancor più difficile ovviamente è la risposta. Sarebbe mancato un protagonista indiscusso della specialità, questo è fuori discussione. Forse la Lancia non sarebbe mai arrivata ad essere La Lancia, con lo storico successo al Monte-Carlo del ’72 che mai sarebbe stato possibile senza il Drago, come del resto anche altri successi importantissimi per il marchio, vedi Tour de Corse 1967. La Stratos? Forse sarebbe nata lo stesso, ma magari non avrebbe avuto quello sviluppo vincente di cui Munari è stato uno dei protagonisti indiscussi. Il movimento rallystico italiano ne avrebbe probabilmente risentito, con generazioni di appassionati e piloti che si sono attaccati alla specialità per merito del campionissimo di Cavarzere, e che quindi senza di lui si sarebbero probabilmente interessati ad altro.

Come sarebbero andate le cose non lo sapremo mai, ma sta di fatto comunque che Munari abbiamo rischiato di perdercelo veramente.

Un inizio incredibile

Nel 1966 il rally è ancora agli albori, con la specialità che si sta modellando proprio in questo periodo, trasmormandosi da gare di regolarità in vere e proprie competizioni di velocità, anche se la componente “endurance” è ancora presentissima, e gioca ancora un ruolo fondamentale nella determinazione delle classifiche. Giusto per intendersi, le gare si potevano (ancora) vincere e perdere anche nei lunghi e massacranti trasferimenti, con controlli orari spesso impossibili da rispettare.

Proprio come la specialità stessa, anche il nostro Sandro è appena agli inizi: dopo i primi passi nelle competizioni sul sedile di destra al fianco di Cavallari, e la prima incredibile uscita da pilota al Mille Laghi (!) con la Flavia ufficiale, Sandro, che aveva impressionato subito Fiorio, aveva avuto la possibilità di farsi vedere al Monte-Carlo.

E anche al Monte, non un palcoscenico semplice, Munari aveva brillato al volante della ingombrante coupè di casa Lancia, concludendo all’ottavo posto il percorso comune a poco più di un minuto da Toivonen, che avrebbe poi vinto grazie anche alla squalifica delle Mini. Nonostante il ritiro, a causa della rottura del rubinetto di sfogo del radiatore con conseguenta perdita di tutto il liquidi refrigerante, Sandro aveva ancora una volta impressionato. Tutto questo poi, solamente alla sua seconda partecipazione ufficiale ad un rally.

Fiorio, che fin da subito, concluso il Mille Laghi l’anno prima, aveva tenuto i contatti con Munari proponendogli la partecipazione al Monte-Carlo, era pronto a piazzare il suo nuovo gioiello alla guida della Fulvia Coupè per il rally di Sanremo, che all’epoca si chiamava ancora Rallye dei Fiori, e che era il terzo appuntamento del campionato europeo, a fine Febbraio.

Munari dice basta

Sanremo, come raccontato dallo stesso Munari nel suo libro “Una vita di traverso”, era a quel tempo un rally durissimo. Come molti altri in quel periodo, certamente, ma Sanremo lo era forse addirittura di più. Le strade, ovviamente non asfaltate per la maggior parte, erano praticamente impraticabili, utilizzate esclusivamente da carri trainati e come mulattiere. Il fatto poi che fossero molto strette e ripidissime, faceva si che fossero molto più insidiose di quelle dell’Acropolis ad esempio, sempre secondo Sandro.

Spesso non si riusciva a trovare dove mettere le ruote per evitare il peggio, tanto erano accidentate, e se ci si metteva pure il meteo a dare una mano, tanti saluti e arrivederci. Oltre a questo al Sanremo c’erano anche dei controlli orari e prove speciali “particolari”, che vennero in seguito aboliti, ma che in questa edizione colsero alla sprovvista proprio il giovane Sandro.

Sulla speciale del colle Langan la prova in questione era all’interno di un controllo orario, con la particolarità che i commissari prendevano il tempo di inizio prova “al volo”, senza che gli equipaggi dovesero fermarsi e attendere il classico conto alla rovescia. Munari, durante le ricognizioni, aveva notato che dopo il lungo rettilineo, subito dopo il punto in cui i commissari avrebbero fatto partire il tempo, c’era una stretta curva a sinistra molto insidiosa, ma Sandro si era anche reso conto che allargando leggermente la traiettoria in entrata ed impostando quindi la curva in un certo modo, il punto non avrebbe presentato problemi o difficoltà.

La sorpresa saltò fuori però in gara, quando Sandro, lanciato a gran velocità, si rese conto che i commissari avevano piazzato il loro banchetto proprio dove lui aveva ipotizzato di transitare con le ruote esterne. Munari si rese conto troppo tardi che a quella velocità e con quella nuova traiettoria obbligata non sarebbe riuscito a restare in strada, ma ormai era troppo tardi. La macchina scivolò giù oltre il ciglio della carreggiata, e Sandro fu costretto al ritiro.

Fu un colpo durissimo. Sandro non riusciva ad accettare di aver commesso un errore, ai suoi occhi, così “stupido”, e il tutto fu aggravato anche dal fatto che fino a quel punto la gara stava andando benissimo. Furioso con se stesso, decise che quanto successo era semplicemente troppo grave, e che fare il pilota non facesso appunto per lui. 

Comunicò a Pesenti, proprietario Lancia, e a Cesare Fiorio, dopo averli ringraziati per l’opportunità, che avrebbe smesso. Basta, non faceva per lui, e rientrò a Cavarzere.

Fiorio “salva” il Drago

A “salvare” il futuro Drago ci pensera poi Cesare Fiorio, che su Munari l’aveva vista lunga, come sempre del resto. Diversi giorni dopo l’accaduto, a Cavarzere mentre era a casa in attesa della cena, Sandro sentì suonare il campanello. Era Fiorio, che si trovava per caso a “passare di là”, come disse lui, e voleva solo salutare.

Dopo la cena, vista l’ora, Fiorio si fermò a dormire, ospitato in casa, e il giorno dopo, durante una passeggiata in paese, partì all’attacco, provando a convincere Sandro a tornare sui suoi passi. 

Sembra che dopo un lungo e tira e molla Fiorio riuscì nell’intento, con Munari che rientrò effettivamente in squadra, e da lì, non si guardò più indietro. 

 

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