Quell’unicum nel venture capital italiano
Marco Gay, presidente esecutivo di Zest, racconta l’ambizioso piano industriale 2025-2029 e la strategia per consolidare il ruolo di leader nell’ecosistema dell’Open Innovation e dell’intelligenza artificiale L'articolo Quell’unicum nel venture capital italiano proviene da Economy Magazine.

Tempi strani, i nostri. Se cavalchi l’“hype” del momento, puoi anche sembrare Superman, salvo veder crollare i tuoi business appena lo Stato stacca la spina. Se sei serio, costante, coerente, consequenziale… puoi anche avere un portafoglio di asset stracarichi di potenzialità, e per il 25% incardinato nel cuore dell’intelligenza artificiale, ma restare nell’ombra, non considerato a dovere dal mercato. Tempi strani, ma tempi positivamente sfidanti per Zest, come si chiama il più grande operatore italiano del venture capital “early stage”, dell’accelerazione delle startup, del supporto allo scale-up e dei programmi di Open Innovation. «Nasciamo dall’integrazione tra LVenture Group, e Digital Magics», ricorda Marco Gay, presidente esecutivo della società e già presidente esecutivo di Digital Magics. «E siamo sicuri di avere la giusta strategia che coniughi la crescita profittevole del business e della nostra capitalizzazione. Perché siamo un unicum». Effettivamente: un unicum italiano, ma non solo italiano. «E il piano industriale 2025-2029 approvato il 3 marzo segna la strada».
Ci racconta quest’itinerario che intendete coprire?
Cerchiamo di sintetizzare. Nel prossimo quinquennio abbiamo in programma di fare oltre 22 milioni di exit. Al netto delle exit, puntiamo a rafforzare la nostra capacità di investimento attraverso nuovi fondi e joint venture, portando il valore del portafoglio delle nostre partecipazioni a 82 milioni di euro. Nel frattempo, puntiamo ad aumentare il fatturato di oltre il 58% grazie alla nostra metodologia e know-how sull’Open Innovation che, anche attraverso una nuova strategia di consulenza verso l’estero, è un obiettivo che possiamo realizzare.
In che modo, presidente? È un obiettivo ambizioso…
Investendo circa 15 milioni di euro nell’arco del piano, creando dei fondi di investimento dedicati a verticali tecnologici specifici e, soprattutto, andando a rivendicare, ed esercitare sempre più decisamente, il ruolo veramente unico che ha Zest nell’ecosistema dell’innovazione italiana, dalle startup all’Open Innovation e al trasferimento tecnologico fino alla valorizzazione degli asset di mercato, le nostre partecipazioni in startup ad elevato potenziale tecnologico che, come Zest, facciamo crescere nel nostro “vivaio” grazie a un approccio serio di sviluppo industriale.
Come sono andate le cose l’anno scorso?
Mi viene in mente un dato, per cominciare a risponderle: nel 2024 abbiamo investito nelle nostre startup 2,2 milioni di euro. E lo sa a fronte di questo nostro impegno quanti altri ne hanno raccolti le varie società? Altri 48 milioni! Una leva di 22. Non mi sembra male.
Non lo è, infatti, ma com’è andata la fusione tra LVenture Group e Digital Magics?
Senz’altro molto bene, ma è stata anche molto impegnativa. Il 2024 è stato un anno impegnativo, come gli obiettivi che ci eravamo prefissi di raggiungere. Intendevamo, innanzitutto, consolidare e riaffermare il concetto che la nostra attività fosse a tutti gli effetti di portata nazionale e che il nostro posizionamento fosse quello tipico dell’unico operatore italiano dalle dimensioni europee.
E poi?
Poi abbiamo lavorato a consolidare il nostro network industriale e il nostro portafoglio di startup per iniziare un nuovo percorso di crescita, basandoci sui nostri numeri: 250 partecipazioni in portafoglio, oltre 100 player tra aziende grandi, medie e piccole con cui facciamo Open Innovation. Nel frattempo, abbiamo iniziato a lavorare di più con le istituzioni ed in questo senso vanno lette varie mosse: innanzitutto la partnership con Cdp Venture Capital, per noi oggi un partner strategico, e – riteniamo – viceversa. Ma anche la collaborazione con Fondazione Compagnia di San Paolo e AI4Industry. Infine, sempre nel 2024, abbiamo lavorato per costruire il nuovo piano industriale, mettendo in campo una serie di azioni strategiche con obiettivi chiari. Il primo su tutti, com’è giusto che sia, è stato ottimizzare le nostre strutture varando una drastica semplificazione dei processi e una nuova organizzazione funzionale.
Dovessi chiederle di schematizzare le novità configurate dal piano?
Abbiamo i nostri capisaldi sulle attività strategiche industriali: selezionare investimenti legati ai megatrend tecnologici, innanzitutto l’AI. Valorizzare gli investimenti con l’obiettivo di realizzare importanti exit, espandere le nostre attività di consulenza e supporto al trasferimento tecnologico grazie a nuovi programmi di Open Innovation e Corporate Venturing, guidati anche dal potenziale trasformativo dell’Intelligenza Artificiale. Utilizzare al meglio sia il nostro Hub a Roma Termini, sia le strutture della nostra partecipata Talent Garden. Accentuare e qualificare al massimo la consulenza legale e finanziaria alle startup. Senza dimenticare che il portafoglio di partecipazioni va valorizzato fino al 2029 con risultati previsti e attesi per portare il gruppo in ebitda positivo e aumentare il valore del titolo e del portafoglio stesso. Abbiamo in testa e nel piano numeri chiari.
E le alleanze?
Innanzitutto, il network, con i nostri soci di riferimento, l’Università Luiss e Tamburi Investments Partner. Ma sempre la massima attenzione rivolta a valorizzare quel che siamo, pur senza voler essere presuntuosi: ripeto, un unicum sul mercato italiano, questo è ciò che siamo. Con un’azienda che oggi per dimensioni, network e caratteristiche industriali ha le carte in regola per giocare un ruolo anche nelle grandi partite internazionali, e coltiviamo questa nostra visione non solo verso Paesi e i mercati più noti, ma anche verso i quadranti del Medio Oriente e dell’Est Europa.
Sul piano pratico?
Continueremo a prestare massima attenzione all’efficienza, alla solidità finanziaria e patrimoniale: anche se da settembre siamo cresciuti dell’80%, siamo ancora su numeri che non rispecchiano il valore reale della nostra azienda, nemmeno il nostro Nav, che è di 57 milioni. Insomma: con il piano industriale approvato abbiamo ben chiara la valorizzazione che vogliamo raggiungere.
Nell’insieme una bella sfida: è ottimista?
Sì, una bella sfida, ma sostenuta da oltre 60 colleghi veramente straordinari, che hanno talento, competenza, visione e volontà di avere successo. Abbiamo una visione economico-finanziaria solida… se poi sarà necessario, per accelerare il piano, aprire il capitale o fare operazioni straordinarie, chiaramente in nome degli obiettivi di piano, siamo pronti a fare le opportune valutazioni.
E quali altre azioni per la crescita contate di intraprendere?
Innanzitutto, andremo avanti sull’ottimizzazione interna in nome di un’organizzazione funzionale e semplificazione dei processi. Poi sull’obiettivo e la valorizzazione degli asset. Non solo: prevediamo di lanciare nuovi fondi di investimento, di rafforzare le attività di advisory, di sviluppare ulteriormente sia The Hub, che la nostra boutique di consulenza legale e finanziaria. Teniamo conto che il nostro portafoglio, cresciuto già molto, proseguirà questo forte percorso di valorizzazione! Prevediamo una netta crescita, per l’appunto, tramite la creazione di fondi e joint venture, e una generazione di valore in termini di exit. Abbiamo la concreta ambizione di continuare ad essere il più grande operatore italiano dell’innovazione e di lavorare per affermarci a livello europeo, aggregando talenti, investitori e partner. Siamo convinti che il mercato ci darà ragione.
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