Quelle tecnologie escluse dal nuovo Conto Termico 3.0
Qualche mese fa ha fatto notizia tra gli addetti ai lavori il dibattito attorno alla finanziaria che ha portato all’eliminazione dei sussidi per la sostituzione di caldaie con altre caldaie a gas o gasolio a condensazione. Per chi è stato adulto dagli anni ’80 in poi, con il ricordo vivido dello slogan pubblicitario “il metano […] The post Quelle tecnologie escluse dal nuovo Conto Termico 3.0 first appeared on QualEnergia.it.

Qualche mese fa ha fatto notizia tra gli addetti ai lavori il dibattito attorno alla finanziaria che ha portato all’eliminazione dei sussidi per la sostituzione di caldaie con altre caldaie a gas o gasolio a condensazione.
Per chi è stato adulto dagli anni ’80 in poi, con il ricordo vivido dello slogan pubblicitario “il metano ti dà una mano”, avere uno sconto sulla caldaia tramite lo sgravio fiscale era da sempre qualcosa di normale. E non lo è più, per fortuna, perché sono nel frattempo intervenute una serie di normative europee che lo rendono di fatto illegale.
Ma non c’è solo l’ecobonus a finanziare l’efficientamento degli impianti di riscaldamento e raffrescamento, così essenziale per un paese come il nostro privo di risorse energetiche che non siano rinnovabili: il Mase dalla primavera scorsa ha messo in consultazione la revisione del Conto Termico (su queste pagine è stata pubblicata una bozza del provvedimento, che nel frattempo è stato inviato alla Conferenza Unificata, si veda anche questa analisi, ndr).
Il Conto Termico, ora arrivato alla sua versione 3.0, è un sistema di incentivazione che si avvia a compiere il decennio e che storicamente ha goduto di minore visibilità rispetto ai bonus, ma che merita invece attenzione. Ma questa revisione, come si pone nei confronti dei nuovi dettati normativi europei?
Ad una prima analisi, anche solo limitandoci all’intento di efficientare e decarbonizzare i sistemi di riscaldamento e raffrescamento, il testo presentato dal governo contiene molte positive novità.
In primo luogo, scompare ovviamente la possibilità di finanziare le caldaie a condensazione, in coerenza con gli altri strumenti incentivanti nazionali.
In secondo luogo, viene promossa la logica di accorpare le tecnologie tra loro sinergiche, come fotovoltaico e pompa di calore, oppure fotovoltaico e accumulo energetico, con il lodevole fine di ottimizzarne l’efficienza e quindi il risparmio energetico.
Le tecnologie trascurate dall’incentivo
Dal punto di vista della decarbonizzazione degli edifici, il documento presenta le pompe di calore (PdC) come la principale tecnologia da promuovere, ma alcune importanti tecnologie sono state escluse dal testo, per cui, ad esempio, le PdC sono da installare “sia in corrispondenza di riqualificazioni profonde degli edifici che a integrazione dei sistemi di distribuzione del calore vigenti”, che potrebbe tradursi con: “solo quando fate quei cantieri che durano mesi oppure in affiancamento alla caldaia”.
Sembra quasi che le tante innovazioni nel settore che consentono di raggiungere temperature comparabili alle caldaie a gas, pur mantenendo efficienze più che dignitose in tutte le stagioni dell’anno, non siano state registrate: l’idea che un condominio possa cambiare la caldaia per una PdC ad alta temperatura senza dover necessariamente sottoporsi ad una ristrutturazione completa che preveda di sloggiare tutte le famiglie per installare il riscaldamento a pavimento, non è qui contemplata.
Eppure proprio le aziende italiane sono leader in questo segmento di mercato, che vede condominii felicemente passati dal gas, o dal gasolio alla pompa di calore senza che neanche i condòmini se ne accorgessero, come accaduto a Milano, Torino, Brescia e in molte altre città italiane.
E visti i tempi di decisione e di realizzazione delle ristrutturazioni profonde dei condominii (se n’è parlato a profusione a proposito del superbonus) , è realistico pensare che siano soprattutto le PdC che potrebbero allargare massicciamente il mercato nei prossimi anni.
Una seconda tecnologia assente dal testo è quella dell’ibrido fotovoltaico-termico (FVT), particolarmente utile in contesti di integrazione con la pompa di calore. Questa tecnologia solare, che consente di produrre sia energia termica che elettrica nello stesso spazio, rendendosi preziosa sui tetti dove lo spazio è poco o deve essere condiviso, è utilizzabile in diversi modi in combinazione con le pompe di calore.
Un primo utilizzo del FVT è quello di fornire energia termica per l’acqua calda sanitaria (ACS), ad integrazione della pompa di calore o di una resistenza, mentre la parte FV fornisce un contributo elettrico per la pompa di calore, idronica; il secondo è relativo all’utilizzo del pannello come sorgente unica termica, in sostituzione quindi della sonda geotermica o dell’unità esterna che scambia con l’aria. In entrambi i casi si tratta di una tecnologia interessante perché massimizza l’integrazione delle PdC nel contesto urbano, che però non viene menzionata dal testo.
Un terzo elemento di criticità è quello relativo alle PdC aria-aria. Se è vero che la maggior parte di queste sono installate a complemento di sistemi idronici o altri sistemi di riscaldamento locale, non è detto che non possano invece diventare una soluzione concreta per centinaia di migliaia di edifici ubicati prevalentemente nel sud Italia, privi di sistemi di condizionamento invernale e dove l’investimento di decine di migliaia di euro per installarne uno non si giustifica economicamente.
Il Conto Termico 3.0, infatti, prevede il solo finanziamento della sostituzione dei sistemi idronici esistenti, mentre non prevede contributi per la nuova installazione o l’installazione di pompe di calore aria-aria in edifici privi di termosifoni o altri sistemi di riscaldamento invernale.
Dunque, nella corta stagione invernale del nostro Mezzogiorno milioni di italiani si scaldano ancora con stufe a Gpl, kerosene o elettriche, caratterizzate da una pessima efficienza energetica. A queste abbinano uno scaldabagno elettrico, a Gpl o a metano, anch’essi di bassissima, o comunque limitata efficienza per la produzione di ACS. Il consumo energetico in questi edifici è soprattutto centrato sul raffrescamento estivo, e quindi spesso sono dotati di condizionatori.
Ebbene, oggi le aziende italiane producono sistemi di riscaldamento e raffrescamento aria-aria che possono fornire anche ACS.
Perché non pensare a decarbonizzare anche quelle unità abitative, che diversamente rimarrebbero senza aiuto? Per evitare abusi e massimizzare i risultati si potrebbe, ad esempio, richiedere che si tratti di abitazioni di residenza principale e non di vacanza, e fornire un supporto solo in regime di “rottamazione 1:1” delle esistenti stufe, stufette e scaldabagni, assicurandosi che l’uso vada a sostituirsi ai sistemi inefficienti e non ad affiancarsi ad essi.
Riscaldamento con la biomassa
Per ultimo, un’altra criticità è quella legata allo spazio concesso alle tecnologie a biomassa.
Se da un lato non si scappa dal fatto che correntemente – e nonostante le voci contrarie in questo senso – le biomasse sono ancora considerate non solo una fonte rinnovabile, ma anche una fonte climate neutral e quindi non esiste nessun impedimento giuridico per la loro promozione, dall’altro è necessario prendere coscienza che in molti casi queste tecnologie competono, per prezzo e impiego, con tecnologie più pulite come possono essere le pompe di calore. Si pensi per esempio all’impiego in piccole reti di teleriscaldamento o in strutture turistiche in contesti montani.
Sappiamo che l’Italia è un grande produttore di queste tecnologie e per una parte importante del nostro territorio, soprattutto dove l’accesso gratuito o quasi alla biomassa è una realtà concreta, resteranno impianti usati per tanto tempo ancora. E va aggiunto che il decreto richiede anche di installare quei prodotti con le minori emissioni tra quelli sul mercato.
Ma essendo la combustione da biomassa il principale fattore inquinante per l’aria e trovandosi il nostro paese in una situazione drammatica in molte aree del suo territorio, in particolare nella pianura padana, è oltremodo strano non vedere un regime di priorità – anche in termini di intensità di supporto – nello strumento conto termico, quasi a considerare che la mano destra (la politica energetica) non sappia quello che fa la mano sinistra (la politica di prevenzione sanitaria e ambientale).
In conclusione, queste osservazioni non mettono in discussione il valore complessivamente positivo della revisione, che per molti versi svecchia una misura altrimenti datata. Al contempo speriamo che possano essere di stimolo per la discussione e per la finalizzazione di una misura che sarà determinante per le economie di milioni di italiani nei prossimi anni.The post Quelle tecnologie escluse dal nuovo Conto Termico 3.0 first appeared on QualEnergia.it.