“Pnrr, il problema non sono gli alberi ma le grandi opere: Italia, prima in Europa per morti premature da ondate di calore e polveri sottili”
Intervista a Marco Marchetti, professore di Selvicoltura, Ecologia e Pianificazione Forestale: "Non si contano le procedure di infrazione per la purificazione dell’aria in tanti comuni italiani" L'articolo “Pnrr, il problema non sono gli alberi ma le grandi opere: Italia, prima in Europa per morti premature da ondate di calore e polveri sottili” proviene da Il Fatto Quotidiano.

“Il piano del Pnrr rispetto agli alberi è valido e sta dando i suoi frutti. Chi lo mette insieme al tema degli abbattimenti nelle città e alla cattiva manutenzione del verde urbano fa solo disinformazione e speculazione”. Marco Marchetti, professore ordinario di Selvicoltura, Ecologia e Pianificazione Forestale presso la Sapienza Università di Roma e Presidente della Fondazione Alberitalia, difende quella parte del piano di resilienza che prevede la messa a dimora di 6 milioni di alberi entro il 2026. Ed evidenzia invece la grande distanza da quelle “opere del Pnrr con grandi impatti ambientali, ma prive di mitigazione e di compensazione e che stanno causando e causeranno un forte consumo di suolo, e non mi riferisco solo al Ponte sullo Stretto”.
Nelle scorse settimane alcuni quotidiani hanno attaccato il Pnrr proprio rispetto alla questione degli alberi. Secondo lei, invece, è ancora valido?
Assolutamente sì, non possiamo superficialmente buttare a mare il progetto Pnrr relativo agli alberi, erano decenni che non vedevamo qualche euro investito in alberi e foreste. È il seguito del Decreto Clima del 2019. Non si contano le procedure di infrazione per la purificazione dell’aria in tanti comuni italiani, a partire dalle aree metropolitane e il nostro paese continua ad essere primo in Europa per morti premature da esposizione alle ondate di calore e alle polveri sottili.
Neanche nella messa in pratica del piano riscontra qualche problema?
Certo che con il senno di poi alcune cose si sarebbe potute fare meglio, ma il problema vero, come dicevo, è che sono stati impegnati tanti fondi per grandi opere senza compensazioni efficaci. Opere infrastrutturali, autostradali e ferroviarie che aggirano di fatto lo stesso principio del DNSH (“Do No Significant Harm”, per non recare danno all’ambiente) e sono in evidente contrasto con il rinnovato art.9 della costituzione che pone la tutela di biodiversità ed ecosistemi tra le esigenze e gli obiettivi primari della nazione per il futuro delle prossime generazioni.
C’è chi ha polemizzato, però, sul fatto che le piantine da mettere a dimora non ci fossero e che siano stati conteggiati solo semi.
L’errore non è stato nel merito, ma nel metodo. Sarebbe stata utile un po’ più di competenza e più collaborazione istituzionale, soprattutto tra i ministeri e con le regioni, visto che la materia forestale, nella legislazione italiana è contemporaneamente sottoposta alla competenza di numerose, troppe, differenti amministrazioni. Allora si sarebbe capito prima, e correttamente comunicato, che avremmo potuto e dovuto utilizzare i semi: anche al Ministero dell’ambiente era noto che il nostro sistema vivaistico pubblico è stato smantellato negli ultimi cinquant’anni (a parte alcune eccellenze, come Veneto, Lombardia, Sardegna, le Province autonome). Tuttavia, ripeto, il grosso delle piantine è stato o sarà messo a dimora e si riuscirà a realizzare il programma. Chi si scandalizza dimentica inoltre un’altra cosa.
Quale?
Oltre a quello vivaistico, avevamo smantellato anche l’amministrazione centrale del nostro sistema forestale, che è stata rimessa in piedi con grande e condiviso successo soltanto dal 2018, e che in poco tempo ha prodotto una Strategia Nazionale Forestale con visione ventennale in cui ci sono dentro proposte e azioni precise anche sulle foreste urbane e sui nuovi rimboschimenti. Il vero problema, però, è e sarà un altro. Non tanto la questione delle piantine, quanto reperire i terreni giusti e disponibili. È un tema difficile in un paese come il nostro, dove esiste, accanto agli immensi patrimoni storici ed ambientali, una complessa stratificazione di competenze, e l’ultima parola è difficile, spetta magari alle sovrintendenze, che hanno ben poche capacità in materia ecologica. Per questo, come Fondazione Alberitalia abbiamo messo in piedi una Banca della Terra, perché sappiamo che ci sono tanti terreni più o meno abbandonati magari piccoli e frammentati, che potrebbero essere utilizzati per i rimboschimenti, e si devono impiegare per la rigenerazione e per contrastare crisi climatica e declino della biodiversità, anche nelle grandi città .
Ci sono altri errori di metodo?
Sì, ad esempio dare i fondi soltanto alle 14 aree metropolitane, mentre noi abbiamo bisogno di fare connessione e ripristino ecosistemico in tutte le aree urbane d’Italia. Perché escludere le altre gigantesche conurbazioni che caratterizzano coste, fondivalle e pianure, consumando peraltro tutti i nostri migliori terreni per le produzioni primarie?
I cittadini, però, sono molto insoddisfatti della cura del verde urbano.
Criticare la gestione del verde di molti comuni, ad esempio Roma, è facilissimo. Ma spesso si dimentica che aver smantellato in passato il Servizio Giardini è stata una “iattura” e quindi la manutenzione è crollata, anche se difficilmente per questo si possono attaccare le ultime amministrazioni. Ora, peraltro, si vedono segnali incoraggianti.
Ma perché fare piccoli boschi invece che mettere più alberi sulle strade?
Se dobbiamo essere intellettualmente onesti e scientificamente corretti, è giusto e utile che ci siano idee e progetti per le foreste urbane e peri-urbane. I boschi in città sono l’importante obiettivo del Pnrr: servono per riportare natura, biodiversità, aiutare il benessere e il buon vivere, oltre che mitigare l’isola di calore, che è il problema più grosso che abbiamo assieme alla difesa del ciclo idrologico e alla purificazione dell’aria. Ecco perché abbiamo bisogno di popolamenti arborei e forestali che abbiano capacità di azione forte: sequestrare carbonio, bloccare le polveri, tenere bassa la temperatura, aumentare l’evostraspirazione, tutte cose, ripeto, che si ottengono meglio con i boschi, rispetto ai singoli alberi. E i fondi del Pnrr vogliono farlo.
Manca, però, un coinvolgimento della cittadinanza sul tema del verde.
Sono d’accordo, il processo partecipativo è fondamentale, soprattutto in area urbana. Prendiamo sempre l’esempio di Roma: sostituire i pini è doveroso e tardivo, oggi anche i comitati chiedono il loro abbattimento, esiste purtroppo l’attacco della cocciniglia tartaruga, esasperato dalla crisi climatica, ma nessuno ha raccontato ai cittadini che gli stessi trattamenti non basteranno, che cambierà il paesaggio di Roma e dei suoi dintorni. La cura delle alberature urbane, diffuse e stradali, in una città che ha avuto uno sviluppo urbano enorme e disordinato e in cui il verde è stato poco curato dal pubblico, e ancora meno dai privati negli ultimi 30 anni va fatta più rapidamente possibile. Bisogna rimettere in piedi le competenze.
In conclusione, voi con Alberitalia cosa fate?
Come fondazione ETS (Ente del Terzo Settore), abbiamo tante iniziative dal basso, di piantagione e di cura, con cittadini e amministrazioni e abbiamo messo su una Banca della Terra cercando i terreni disponibili in giro per il paese. Cerchiamo di identificare aree in cui il ruolo dei boschi, delle piantagioni, degli alberi urbani possa fungere da connettore ecologico, possa essere qualcosa in grado di contrastare il cambio climatico, ma anche il declino della biodiversità. Lo facciamo con un processo che vuole partire dalla società civile, coinvolgendo i piccoli proprietari che ci danno i terreni, i quartieri, la cittadinanza dei piccoli comuni, le aziende che vogliono finanziare piantagione di alberi e poi raccontando ciò che facciamo, e facendo il più possibile attenzione al rischio di greenwashing, grazie anche al nostro comitato etico. Non solo: facciamo anche cultura, cosa che è mancata da tempo in un mondo sempre più urbanizzato culturalmente e mentalmente e che è ben distante dai cicli della natura, della terra, del cielo. E soprattutto degli alberi, rispettandoli, perchè troppo spesso sono solo idealizzati oppure trattati antropomorficamente.
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