Perché non avremo una papessa (ma ne avremmo bisogno)

A pochi giorni dall'elezione del nuovo papa, l'ipotesi di una donna al comando della Chiesa rimane una leggenda. The post Perché non avremo una papessa (ma ne avremmo bisogno) appeared first on The Wom.

Mag 8, 2025 - 11:25
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Perché non avremo una papessa (ma ne avremmo bisogno)
Ci siamo. Da mercoledì 7 maggio il Conclave si riunisce per eleggere il nuovo Papa: ben 133 cardinali sceglieranno ed eleggeranno la nuova guida della Chiesa cattolica. E, anche questa volta, la fumata bianca non riguarderà una papessa. Ecco perché e quanto, invece, ne avremmo bisogno

La parità di genere è nelle agende politiche internazionali (a volte come obiettivo concreto, altre come mero pinkwashing), lo sguardo comune comincia a vedere le distorsioni di panel tutti al maschile (manels), le principali istituzioni italiane ed europee sono guidate da donne. Eppure, la Chiesa resta blindata. Le donne, con il loro lavoro (di cura e non solo), mandano avanti istituzioni ecclesiastiche, parrocchie, oratori, realtà associative cattoliche che definiscono l’ossatura della Chiesa nel mondo. Ma, quando si parla di potere, restano ai margini.

«Quando comandano le donne le cose vanno», ma la Chiesa non riconosce il loro potere

«Quando comandano le donne le cose vanno»: in una delle sue ultime dichiarazioni, salutando il personale del Policlinico Gemelli che lo ha avuto in cura e rivolgendosi in particolare alla rettrice dell’Università Cattolica, Papa Francesco aveva sottolineato la capacità delle donne di stare al comando e far procedere “le cose”.

Tuttavia, i vertici della Chiesa continuano a non prevedere la presenza femminile. Un tema di discussione che ha caratterizzato lo stesso pontificato di Papa Francesco

Dopo un’iniziale apertura sull’attribuzione di una maggiore responsabilità delle donne nella Chiesa, la seconda assemblea sinodale della Chiesa italiana ha respinto il testo del documento finale predisposto dalla presidenza – che doveva essere la sintesi del confronto e delle proposte maturate nei quattro anni di lavoro del “Cammino sinodale” – e ha invece approvato a larghissima maggioranza una mozione che impegna la stessa presidenza a riscrivere da capo il documento, anestetizzando di fatto le proposte più avanzate: un maggiore riconoscimento per il ruolo delle donne, valutando anche l’accesso a nuovi ministeri e una reale apertura alle persone omosessuali e LGBQTIA+ (acronimo non utilizzato nel documento, ma ampiamente utilizzato nel dibattito e nelle proposte).

Con papa Francesco più donne ai vertici, ma non basta

Pur nominando diverse donne in posizione di potere all’interno del Vaticano, la maggiore apertura di Papa Francesco non ha cambiato le cose. Nell’estate del 2022 papa Francesco aveva nominato tre donne – Raffaella Petrini, Yvonne Reungoat e Maria Lia Zervino – nel dicastero per i vescovi: si tratta dell’organo della Chiesa a cui spetta il compito di scegliere i nuovi vescovi nel mondo. Ancora oggi solo gli uomini possono diventare vescovi e, prima dell’incarico attribuito da Papa Francesco, erano stati nominati soltanto uomini anche nel compito di selezione. Più recentemente è stata attribuita a suor Simona Brambilla la nomina di prefetto di dicastero, l’equivalente vaticano della carica di un ministro. Non era mai successo prima.

Per ragionare sull’ampliamento del potere delle donne durante il pontificato di papa Francesco sono state promosse due commissioni interne, con l’obiettivo di valutare la possibilità per le donne di diventare diacone

Nessuna delle due commissioni è mai riuscita a raggiungere un punto di compromesso sulla questione. Intervistato da Norah O’ Donnel di CBS News, al pontefice è bastato pronunciare solo due lettere per chiudere la porta al diaconato femminile. «Una bambina cattolica potrà mai sperare di diventare diacono da grande?» è stato chiesto a Papa Francesco. «Se si tratta di diaconi con l’Ordine Sacro, no» ha risposto il pontefice, chiarendo:

Le donne hanno sempre avuto, direi, la funzione di diaconesse senza essere diaconi, giusto? Le donne sono di grande servizio come donne, non come ministri all’interno dell’Ordine Sacro. Fare spazio alle donne nella Chiesa non significa dare loro un ministero

Lo sciopero delle donne cattoliche

Non sono dello stesso parere le donne cattoliche che, per tutto il periodo quaresimale, hanno scioperato per chiedere maggiore spazio e rappresentazione nella Chiesta cattolica. «La Chiesa cattolica ha perso un tesoro incalcolabile nelle donne che, chiamate al ministero ordinato, hanno visto negarsi la loro vocazione – ha spiegato in un’intervista Kate McElwee, direttrice esecutiva della Women’s Ordination Conference – Abbiamo perso generazioni di donne che sono morte con il dolore di non essere in grado di vivere pienamente la chiamata di Dio e che hanno sperimentato la costante umiliazione di dover provare la loro umanità e il loro pari valore a un’istituzione che continuamente le sminuisce».

Per questo motivo il Catholic women strike – lo sciopero globale delle donne cattoliche – ha invitato le donne a scioperare, sottraendo tempo, lavoro e risorse finanziarie alla Chiesa

Più spazio, potere e responsabilità. Accesso al diaconato e al papato incluso. Come riporta lo studio globale “International Survey of Catholic Women”, l’84% delle donne sostiene la volontà di riforme nella Chiesa. Due terzi delle donne cattoliche vuole riforme radicali e quasi tre su dieci ritiene che senza di queste non vi sarebbe posto per loro nella Chiesa.

La papessa, tra leggenda e gerarchie maschili

«Come può un’istituzione così radicata nel tempo e nello spazio, quale è la Chiesa cattolica, come può una voce così autorevole e influente per milioni di persone, quale è quella del papa, prescindere dalla visione femminile del mondo, della fede, della dottrina?» scrive la scrittrice Viola Ardone su La Stampa.

Una papessa rimane un’utopia. Anzi, una leggenda: lo è la storia della Papessa Giovanna, con poche prove storiche a sostegno della sua esistenza

Di origine inglese, Giovanna era una giovane vissuta circa 400 anni prima in epoca carolingia. Innamorata di un coetaneo dedito agli studi, si travestì da uomo per seguire il suo amore. Entrata in un mondo esclusivamente maschile, Giovanna si trovò a suo agio e divenne una studiosa di successo. Da Atene i due si trasferirono a Roma dove Giovanna venne accolta nella curia romana. Ancora qualche anno e la donna venne eletta papa con il nome di Giovanni l’inglese. Il suo pontificato sarebbe durato solo due anni, dall’853 all’855: incinta, durante una processione da san Pietro al Laterano, la leggenda racconta che fece deviare il corteo verso san Clemente per poter partorire. I fedeli, tuttavia, si accorsero della manovra e inferociti uccisero la donna.

La leggenda, nella quale confluiscono elementi tipici di una società rigidamente maschilista, venne fatta circolare con intento polemico verso il papato. Un altro domenicano, Martino di Polonia, la riprese verso il 1280 e le diede una forma più articolata. Nel secolo successivo furono, invece, i Francescani spirituali a diffondere la storia della papessa.

La storia di una reale papessa non è mai esistita e, sino a che i valori su cui le religioni si basano avranno le loro radici nella tradizione e nella staticità, non esisterà mai. Se la Chiesa cristallizza la sua forza nel tempo in strutture rigidamente gerarchiche, serve cambiare tempi e gerarchie insieme.

Perché una papessa femminista

Che cosa penserebbe una papessa di diritto all’aborto, autodeterminazione dei corpi, matrimoni egualitari, famiglie, sessualità, desiderio? Per ampliare l’orizzonte della Chiesa sui diritti non basta una papessa. Serve una papessa femminista. Un binomio, quello di religione e femminismo, più in dialogo che in contraddizione. Lo aveva già esplorato Michela Murgia in Nel pamphlet “God Save the Queer – Catechismo femminista”.

«Vorrei capire, da femminista, se la fede cristiana sia davvero in contraddizione con il nostro desiderio di un mondo inclusivo e non patriarcale, o se invece non si possa mostrare addirittura un’alleata – scrive Murgia – Da cristiana confido nel fatto che anche la fede abbia bisogno della prospettiva femminista e queer, perché la rivelazione non sarà compiuta fino a quando a ogni singola persona non sarà offerta la possibilità di sentirsi addosso lo sguardo generativo di Dio mentre dichiara che quello che vede è cosa buona».

Un bisogno reciproco di riconoscimento che dia il diritto a tutte le esistenze di esistere nelle loro contraddizioni: immaginare il papato di una donna – una papessa femminista – significa disegnare un mondo nuovo in cui la Chiesa si fa riferimento concreto, nello spirito e nel corpo. Istituzionale, ma nel suo farsi comunità. Gerarchica, ma in senso orizzontale. Accogliente, in tutte le contraddizioni.

Come sottolinea Murgia, lo stesso Dio dei cristiani è contraddittorio: è divino ma anche umano, è uno ma anche trino, è onnipotente ma è morto in croce.

Nei prossimi giorni i 133 cardinali elettori chiamati a scegliere il 267mo Romano Pontefice, nella Cappella Sistina, avranno tra le mani una scheda di forma rettangolare: sarà piegata in due e custodirà il nome dell’eletto. Non ci sarà il nome di una papessa ma – forse – quello di un nuovo papa capace finalmente di cambiare le gerarchie. D’altronde i tempi sono cambiati. E già da un po’.

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