Papa Leone XIV è sociale, non socialista (ma per nulla reazionario)
Neanche il tempo di essere incoronato Papa che Prevost viene già catalogato fra i Papi reazionari. Il motivo? La scelta di un nome per richiamare Leone XIII che nel 1891 scrisse una delle encicliche più celebri nella storia della Chiesa: la Rerum Novarum. L'articolo Papa Leone XIV è sociale, non socialista (ma per nulla reazionario) proviene da Globalist.it.

Neanche il tempo di essere incoronato Papa a San Pietro, che Bob Prevost viene già catalogato fra i Papi reazionari. Il motivo? La scelta di un nome – Leone XIV – in linea di continuità con il Papa (Leone XIII appunto) che nel 1891 scrisse una delle encicliche più celebri nella storia della Chiesa: la Rerum Novarum.
Questo documento fondativo della dottrina sociale della Chiesa viene tacciato di conservatorismo, e talora perfino di aver preconizzato il corporativismo fascista, principalmente perché condanna il socialismo e la lotta di classe. Un giudizio incomprensibile.
La Rerum Novarum indubbiamente avversava il socialismo marxista e la lotta di classe, proponendo la concordia fra le classi sociali: e ci mancherebbe altro, ci sarebbe da aggiungere. Aspettarsi da un Papa di fine ‘800 il sostegno a una dottrina dichiaratamente atea, finalizzata al sovvertimento rivoluzionario dell’ordine socio-economico, e per di più all’epoca realmente dilagante fra le masse lavoratrici europee, è un’impresa spericolata, per non dire antistorica.
D’altra parte, l’enciclica di Leone XIII introduceva per la prima volta nella storia della Chiesa cattolica il tema dei diritti dei lavoratori, come quello a un salario decoroso e a una vita dignitosa. Parlava perfino della responsabilità dello Stato verso le fasce più povere della popolazione: per la fine del XX secolo, era rivoluzionaria.
Il corporativismo fascista, giunto più di 40 anni dopo e solo sulla carta, non ha nulla a che fare con l’apertura del mondo cattolico alla dottrina sociale. Eventuali apprezzamenti che le classi dirigenti fasciste possono aver manifestato per la Rerum Novarum non erano null’altro che propaganda, alla stessa stregua dei richiami all’Impero Romano.
Ogni valutazione di merito che riguardi il passato deve essere inserita nella sua dimensione storica: la fine del ventesimo secolo – età della seconda rivoluzione industriale – era il periodo della conservazione morale dell’età vittoriana, dello sfruttamento delle classi operaie fino alle estreme conseguenze, del lavoro minorile, degli Imperi assoluti e delle derive autoritarie nelle fragili monarchie costituzionali come quella italiana. È del maggio 1898 la sanguinosa repressione con cui il generale Fiorenzo Bava Beccaris pose fine ai tumulti milanesi causati dall’aumento del prezzo del pane e della disoccupazione. Proprio in quel momento storico, il Papa decise di aprire il cattolicesimo alle istanze sociali, di mettere sotto accusa il capitalismo del profitto a tutti i costi (comprese le vite umane), di promuovere una società meno ingiusta e più solidale. Che questa scelta fosse dettata anche dal desiderio di contrastare l’adesione delle masse al marxismo, va da sé. D’altronde, separare il calcolo politico dagli orientamenti della Chiesa sarebbe un’operazione a dir poco priva di realismo e di senso storico.
Purtroppo, molte personalità di cultura democratica e progressista, spesso chiuse nella loro torre eburnea fatta di rarefazione concettuale, guardano la realtà con lenti distorte, condannandola senza appello se non risponde tout-court alle loro aspettative teorico-filosofiche.
Oggi, nei tempi dell’iper-liberismo selvaggio, delle delocalizzazioni senza freni, dei dazi minacciati e dei salari depauperati dall’inflazione, il richiamo di Leone XIV al Papa che scrisse la Rerum Novarum dovrebbe essere accolto favorevolmente, a maggior ragione dagli intellettuali di sinistra.
In Italia poi, il tema del lavoro dovrebbe essere in primo piano nel dibattito pubblico, sia perché è il fondamento della nostra Costituzione, come scritto nell’articolo 1, sia perché l’8 e il 9 Giugno si terranno cinque referendum, quattro dei quali dedicati proprio al tema del lavoro precario, sfruttato, malpagato, e senza diritti.
Insomma, un Pontefice che già nella scelta del nome sembra porre la difesa dei lavoratori fra le sue priorità dovrebbe essere un’ottima notizia. I parametri per valutare le parole e le azioni di Papa Leone XIV non possono essere quelli che si applicano ai leader politici, perché – lo si può accettare o meno – il Papa è innanzitutto un’autorità morale e religiosa: i termini di paragone per giudicare Prevost sono Wojtyla e Ratzinger, e poi Bergoglio, non certo Marx, Gramsci, o Berlinguer.
L'articolo Papa Leone XIV è sociale, non socialista (ma per nulla reazionario) proviene da Globalist.it.