Opera Aperta: Il Padiglione della Santa Sede alla Biennale Architettura 2025 tra Cura, Comunità e Futuro
Un progetto internazionale che unisce architettura, artigianato e comunità per una nuova idea di spazio condiviso

La 19ma Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia 2025 vedrà, per la prima volta, il Padiglione della Santa Sede ospitato nella Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice a Castello. Questo spazio, concesso dal Comune di Venezia fino al 2028 per attività culturali della Santa Sede, diventerà il cuore pulsante di un progetto visionario: Opera Aperta, un laboratorio di sperimentazione collettiva e di rigenerazione, in dialogo costante con la città, i suoi abitanti e il patrimonio culturale.
Un progetto corale: architettura come atto di cura
Il Padiglione nasce dalla collaborazione tra il Dicastero per la Cultura e l’Educazione, le curatrici Marina Otero e Giovanna Zabotti, e due studi internazionali di architettura: Tatiana Bilbao ESTUDIO di Città del Messico e MAIO di Barcellona. La loro visione congiunta trasforma la chiesa in uno spazio in continuo divenire, dove la riparazione non è solo restauro materiale, ma diventa pratica creativa e radicale, capace di nutrire comunità, ecosistemi e i fragili legami tra di essi.
“Rivitalizzando una struttura esistente, valorizziamo le sue crepe e perdite non come difetti da nascondere, ma come aperture verso nuove possibilità. Queste soglie ci invitano a reimmaginare la relazione tra passato e futuro, crescita e decadimento, rottura e rigenerazione,” spiega la curatrice Marina Otero.
Riparazione, giustizia sociale e trasmissione dei saperi
Opera Aperta si propone come risposta concreta alle fratture del nostro tempo, promuovendo la riparazione come atto di giustizia sociale. Il progetto coinvolge associazioni e realtà veneziane, artigiani e giovani apprendisti, in un processo di restauro visibile al pubblico. Le attività, coordinate da Lares – Lavori di Restauro e dall’UIA – Università Internazionale dell’Arte, garantiranno la trasmissione delle tecniche tradizionali alle nuove generazioni, rafforzando il legame tra patrimonio materiale e comunità.
“Ogni ‘riparazione’ è un atto di giustizia sociale, perché ridà valore a ciò che è stato trascurato, offrendo una seconda possibilità non solo agli edifici, ma anche alle persone che li abitano,” sottolinea la co-curatrice Giovanna Zabotti.
Architettura come laboratorio di convivenza e innovazione
Il Padiglione sarà animato da molteplici attività: workshop, laboratori, momenti di silenzio e ascolto, ma anche convivialità attraverso pasti condivisi e musica. La cucina comunitaria, gestita dalla cooperativa NONSOLOVERDE, accoglierà visitatori e residenti, mentre il Conservatorio “Benedetto Marcello” offrirà spazi e strumenti ai musicisti locali, favorendo l’incontro tra culture e generazioni diverse.
“Il nostro lavoro esplora sistemi spaziali progettati per evolversi nel tempo, promuovendo cura, collaborazione e interdipendenza tra individui e comunità diverse. Opera Aperta porta questa visione alla sua massima espressione, fungendo da laboratorio sperimentale dove prendono forma nuovi modi di abitare e relazionarsi con l’architettura,” affermano gli architetti di MAIO2.
Un’eredità per il futuro: la Chiesa come ecosistema vivo
L’approccio di Opera Aperta rifiuta la concezione dell’edificio come entità statica: la Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice diventa un ecosistema in evoluzione, modellato dalle eredità sociali e materiali, dalle storie stratificate e dalle nuove pratiche di comunità. In questo senso, il Padiglione non sarà mai un’opera finita, ma uno spazio aperto, dinamico, profondamente radicato nel tessuto veneziano.
Un ponte tra Laudato Si’ e la città
A dieci anni dall’Enciclica Laudato Si’, il Padiglione della Santa Sede rilancia il messaggio di cura della casa comune, facendo dell’architettura un ponte per la speranza e la riconciliazione. L’iniziativa si inserisce in una visione più ampia, sostenuta da partner come Intesa Sanpaolo e DST Group, che vedono nell’arte e nella cultura strumenti fondamentali per affrontare le sfide sociali e ambientali contemporanee.
“L'architettura può aiutare a curare le ferite delle città,” ricorda José Texeira, Presidente di DST Group2.