OnlyFans vietato alle maestre, scatta il licenziamento: cosa dice la legge
Non esiste una legge precisa che dica se un profilo OnlyFans possa essere motivo di licenziamento, i casi passati però danno un indirizzo preciso sulla questione

Il caso di Elena Maraga, la maestra di Treviso sospesa dall’insegnamento dopo che la sua scuola ha scoperto il suo profilo OnlyFans, ha riaperto il dibattito sulla legittimità di queste attività per i dipendenti di determinate imprese o istituzioni pubbliche. La Federazione delle scuole materne paritarie (Fism) sta elaborando un nuovo codice etico a riguardo.
Non esiste una legge nazionale che chiarisca come le aziende debbano comportarsi o quali siano i diritti dei lavoratori sex worker o content creator per adulti in questi casi. Ogni anno però, i media riportano di vicende simili a quella di Treviso, che mostrano la presenza di un buco normativo.
Quali sono gli obblighi del lavoratore fuori orario
Partendo dalla legislazione più generale, l’Italia riconosce che il rapporto di lavoro dipendente crei un vincolo che va al di là dei doveri contrattuali specifici. L’articolo 2104 e l’articolo 2105 del Codice Civile, normano la diligenza del prestatore di lavoro e l’obbligo di fedeltà.
Fanno riferimento anche a comportamenti esterni all’orario di lavoro, benché si riferiscano soprattutto alla diffusione di informazioni riservate o di concorrenza sleale all’azienda da parte dei dipendenti. Tutte circostanze che difficilmente si applicano all’apertura di un profilo OnlyFans per creare contenuti per adulti.
Si può essere licenziati per atti commessi fuori dal lavoro?
La sentenza numero 8132 del 29 marzo 2017 della Corte di Cassazione fa più chiarezza sui comportamenti esterni al lavoro e sulle conseguenze che possono avere sui dipendenti. La decisione dei giudici ha condannato al licenziamento un operaio trovato con 500 grammi di hashish al di fuori dell’orario d’ufficio.
Si tratta però di un caso in cui è stato commesso un reato. Anche considerando l’apertura di un profilo OnlyFans come prostituzione, definizione ancora contestata, rimane il fatto che questa condotta non è un reato per l’ordinamento italiano. Tuttavia questa sentenza e le sue motivazioni aprono la strada ai licenziamenti dei sex worker dai loro posti di lavoro.
Il concetto dietro a questa decisione, infatti, è legato non tanto al reato commesso dal dipendente, ma alla violazione del rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. Questa può avvenire anche senza che il secondo commetta un reato. È sufficiente, infatti, una condotta che danneggi l’immagine dell’azienda o dell’istituzione per cui lavora.
I licenziamenti per colpa di OnlyFans in Italia
Stando alla legge e ai casi passati, è possibile essere licenziati se si ha un profilo di OnlyFans sul quale si caricano contenuti per adulti. Non è necessario che video e foto siano strettamente pornografici. È sufficiente che si tratti di contenuti erotici. Al contrario, un semplice profilo da utente, senza alcun contenuto caricato, non può costituire motivo di licenziamento.
In Italia il caso più recente, prima di quello dell’insegnante di Treviso, era stato quello di una dipendente di un noto parco divertimenti del Nord Italia, alla quale non era stato rinnovato il contratto dopo la scoperta, da parte dell’azienda, del suo profilo OnlyFans. La dirigenza aveva giustificato la decisione dicendo che il suo comportamento ledeva l’immagine di luogo per famiglie del parco.
Tutela del sex working in Italia, siamo ancora lontani
La legge rimane però molto vaga. Dato che non esiste una norma specifica sul sex work digitale o che regoli la creazione dei contenuti erotici, spesso si fa affidamento ai singoli codici di condotta, come quello che la Federazione delle scuole dell’infanzia paritarie, non-profit, cattoliche o di ispirazione cristiana sta redigendo dopo il caso di Treviso.
Il motivo principale per cui è così difficile capire quali siano le norme o le prassi attorno a OnlyFans è la legge che regola la prostituzione in Italia, la legge 75 del 1958, anche conosciuta come legge Merlin. Famosa per aver abolito le case di tolleranza, questa norma legalizza la prostituzione, ma rende reato quasi ogni aspetto che ruota attorno alla pratica.
Non tutti i creator di contenuti erotici, infine, si reputano sex worker o associano la loro attività alla prostituzione. Proposte come il “censimento” SW di Swipe potrebbero essere il primo passo per la tutela di chi, parallelamente alla propria carriera, porta avanti professioni che hanno a che fare con il mondo degli adulti. In attesa di regole chiare, la decisione spetta dunque al datore di lavoro, che può decidere di tutelare l’immagine dell’azienda a scapito del diritto del lavoratore.