Ogm, Science: “Negli Usa il mais transgenico ha rafforzato il parassita che avrebbe dovuto combattere”
Secondo uno studio firmato da una docente della Renmin University of China, il parassita - la diabrotica - ha sviluppato resistenza compromettendo l’efficacia della tecnologia L'articolo Ogm, Science: “Negli Usa il mais transgenico ha rafforzato il parassita che avrebbe dovuto combattere” proviene da Il Fatto Quotidiano.

L’uso indiscriminato di mais “Bt” negli Usa ha rafforzato anziché indebolire il coleottero che avrebbe dovuto combattere: è la conclusione di uno studio molto ampio pubblicato il 27 febbraio su Science. Secondo gli scienziati la tecnologia transgenica potrebbe rivelarsi ben presto obsoleta. Fino a una decina di anni fa gli studiosi non avevano dubbi: l’estensione di campi coltivati a mais Bt negli Usa portava non solo a un aumento della resa delle colture, ma anche a una netta riduzione della necessità di usare pesticidi – perfino nei terreni vicini adibiti ad altre colture – con un evidente risparmio di risorse. Ma il nuovo studio, firmato da 20 scienziati di 18 istituzioni mondiali, sembra frenare un po’ l’entusiasmo. Guidati da Ziwei Ye, docente della Renmin University of China, gli studiosi hanno esaminato i dati di 12 anni di prove sul campo in 10 stati del Midwest della così detta Corn Belt (“cintura del mais”). Dalla loro ricerca emerge che gli agricoltori utilizzano troppe sementi di mais Bt (ingegnerizzate con sostanze insetticide ottenute dal Bacillus thuringiensis per proteggere le piante dagli attacchi dei parassiti), con il risultato che il coleottero da combattere, la diabrotica del mais (Diabrotica virgifera virgifera) ha sviluppato resistenza, compromettendo l’efficacia della tecnologia transgenica.
Uso massiccio e irriflessivo. “La resistenza ai parassiti è tra le principali caratteristiche introdotte nelle colture geneticamente modificate. Queste colture possono ridurre la necessità di pesticidi chimici”, scrivono i ricercatori. Purtroppo, la cosa non pare funzionare con il progressivo aumentare delle estensioni di coltivazioni Ogm, perché allora “la loro efficacia diminuisce e il rapporto costo-beneficio cambia man mano che i parassiti sviluppano una resistenza”. Lo studio individua vari punti deboli nella gestione delle coltivazioni di mais Ogm negli Usa.
Tra questi la scelta degli agricoltori della Corn Belt i quali, poco consapevoli delle implicazioni ecologiche e delle conseguenze a lungo termine, guardano solo al proprio interesse immediato. Analizzando i dati, gli scienziati hanno osservato come nel periodo di riferimento (2014-2016) gli agricoltori abbiano seminato troppo rispetto ai livelli ideali, soprattutto in zone con una bassa presenza di insetti nocivi, con un vantaggio minimo per quanto concerne l’eliminazione dei parassiti e con costi più elevati per l’acquisto di sementi. “Questo era particolarmente vero negli Stati orientali, dove la rotazione delle colture era più diffusa e i danni delle diabrotiche del mais erano più scarsi nei test sul terreno”, scrivono gli scienziati, secondo cui c’è una scorretta percezione del rapporto costo-beneficio. Il resto lo fanno gli interessi commerciali delle aziende produttrici di semi, che sono ovviamente interessate a vendere. Così gli agricoltori sono spesso poco informati sulle implicazioni a lungo termine dell’uso di ibridi di questo tipo.
OGM obsoleti? Le conseguenze sono prima di tutto economiche. I ricercatori stimano che nel periodo 2014-2016 gli agricoltori abbiano perso la bellezza di 1,6 miliardi all’anno – e forse anche di più – quale risultato diretto delle pratiche errate di semina e della conseguente perdita di efficacia della capacità pesticida. Come se non bastasse, l’uso errato delle sementi Ogm comprometterebbe anche la catena alimentare globale, con effetti quindi che vanno al di là dell’area geografica del Midwest. In gioco ci sarebbe poi l’esistenza stessa della tecnologia Ogm: “Se le attuali e future innovazioni vengono gestite come è avvenuto per il mais Bt, rischiamo di entrare in un ciclo di obsolescenza rapida della tecnologia transgenica”, avvertono gli studiosi, sottolineando la necessità di trovare un equilibrio tra le necessità degli agricoltori e le sfide agricole a lungo termine.
In ogni caso secondo l’Epa, l’Agenzia statunitense per l’ambiente, la rotazione delle colture potrebbe rimediare. Ne parla per esempio lo studio “Crop rotation mitigates impacts of corn rootworm resistance to transgenic Bt corn” (PNAS 2020). “La frequenza di campi di mais con gravi danni da diabrotica venne ridotta alternando il mais con altre colture e non piantando lo stesso tipo di mais anno dopo anno nello stesso campo”. Ma rimangono comunque altri problemi.
Pesticidi ed erbicidi. La questione della resistenza dei parassiti allarma gli esperti fin dal 2009. Secondo un documento di Greenpeace, l’uso di pesticidi è cresciuto di 1.832.513 tonnellate dal 1996, quando fu introdotta la tecnologia. “Negli ultimi decenni, l’aumento di colture geneticamente ingegnerizzate è uno dei principali fattori di crescita dell’uso di pesticidi e sostanze chimiche in agricoltura”. Di fatto lo stesso problema emerge con gli erbicidi, come osserva per esempio lo studio canadese “Genetically engineered crops have increased herbicide use” (CBAN 2024).
Scrivono gli autori che tutte le colture canadesi – mais ma anche canola, soia e barbabietola da zucchero – sono resistenti agli erbicidi e lo stesso vale, nel mondo, per l’88% delle colture OGM. “L’uso di colture OGM resistenti agli erbicidi è chiaramente associata con l’aumento dell’uso di erbicidi”. In Canada l’utilizzo è aumentato del 244% tra il 1994 e il 2021, a livello globale di 15 volte da quando sono stati adottati gli Ogm. In particolare viene utilizzato più glifosato, portando allo sviluppo di erbacce resistentissime. Non a caso, secondo l’ISPRA “il rilascio di Ofm nell’ambiente comporta sempre degli impatti sugli ecosistemi, con livelli di rischi più o meno elevati in dipendenza di numerosi fattori”.
La salute umana. Alla domanda che ci assilla dal 1996 – fa male mangiare gli OGM? – la scienza risponde in modo rassicurante. In un’intervista rilasciata nel 2024 alla rivista Time, Fred Gould, docente di agronomia alla North Carolina State University, ha dichiarato: “Mangiando questi cibi, l’americano medio è parte da decenni di una sorta di esperimento naturale”. Basterebbe quindi il confronto fra consumatori americani ed europei, che non mangiano alimenti Ogm, per dimostrare l’assenza di rischio per la salute umana. La questione appare però ben più complessa. E poi c’è comunque l’impatto dell’uso di sostanze chimiche, come evidenzia Greenpeace: “Le colture geneticamente modificate promuovono direttamente un modello di agricoltura industriale con uso intensivo di prodotti chimici nocivo alle persone, all’ambiente e alla vita animale”.
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